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E se il problema di Twitter fossero i cuoricini?
Ci sono sicuramente problemi più importanti nel mondo di quello che, a mio parere, Twitter sta avendo con i cuoricini; ciononostante, sono in parecchi a essere preoccupati dal rischio di implosione che sta attraversando il social network che più di ogni altro ha contribuito a rimodellare il mondo dell’informazione.
Le ragioni dietro la crisi di Twitter sono state esplorate in tutti i modi (io ho messo i miei due centesimi, parlando di una “sindrome del Marchese del Grillo”), così come sono state esplorate le possibili strade per una rinascita e anche la possibilità che il social network si accontenti di una sua personale decrescita felice, approfittando delle conquiste ottenute fin qui e lasciando perdere i miraggi di una crescita senza sosta à la Facebook.
Un problema che però tutti hanno preso in considerazione – compreso lo stesso CEO Jack Dorsey – è quello della frustrazione che Twitter genera nell’utente comune, nell’utente non-vip, che fatica come un dannato a diffondere i suoi post e conquistare followers (che, in fondo, è l’obiettivo che tutti hanno su Twitter).
La sfida, su Twitter, è difficile; spesso talmente difficile che molti si arrendono e abbandonano il social network: da qui l’annosa questione del mancato aumento degli utenti attivi, che, dopo essere calati dell’ultimo trimestre 2015, hanno fatto registrare una leggera e deludente risalita a quota 310 milioni. La difficoltà a far crescere la base utenti, in ogni caso, è il problema che sta alla base di tutte le difficoltà di Twitter.
Qualche mese fa – in quello che forse è stato il primo tentativo di Twitter di trovare la strada per la risalita – il tasto della stellina che stava a indicare i favoriti si è trasformato nel cuoricino. La scelta, come hanno spiegato dai piani alti di Twitter, è stata fatta perché la stella “confondeva molti nuovi utenti, mentre il cuore era un simbolo molto più riconoscibile a livello globale”.
Il cambiamento, però, non è stato solo a livello di simbolo, ma anche a livello di significato: dove prima la stella veniva usata principalmente come “segnalibro”, per salvarsi qualcosa da andare a riguardare più tardi; il tasto del cuoricino è diventato molto più simile al like di Facebook, qualcosa che si clicca per mostrare il proprio apprezzamento. Un apprezzamento che, comunque, non arriva fino al punto da indurre al retweet.
Ecco, ho l’impressione che questo sia stato un grosso errore da parte di Twitter. Su Facebook il “like” funziona alla perfezione, perché un numero consistente di “mi piace” contribuisce a far capire all’algoritmo che quel post sta avendo successo e quindi a renderlo più visibile, instaurando un circolo virtuoso tra like e ampiezza della platea raggiunta.
E su Twitter? Beh, è molto probabile che la funzione algoritmica da poco introdotta tenga in considerazione il numero di cuoricini cliccati sul singolo post; il problema è che la funzione algoritmica, che su Facebook è tutto, su Twitter è invece molto ridotta: si limita a una manciata di post che appaiono quando apriamo il sito o l’applicazione e che scompaiono al primo refresh. Poca roba, insomma.
Stando così le cose, qual è la funzione dei cuoricini? In che modo aiuta l’utente a diffondere il suo post? Essendo Twitter ancora oggi organizzato in maniera prevalentemente cronologica, la risposta è: quasi in nessun modo.
Ed ecco che la mossa studiata da Twitter per rendere l’ex stellina di più facile intuizione per i nuovi utenti si rivela controproducente, inducendo a cliccare di più il cuoricino e quindi andando, presumibilmente, a scapito di quello che è l’unico comando che davvero può rendere popolare un post: il retweet.
Purtroppo non ho trovato dati in merito: non ho modo di sapere quale sia la ratio tra cuoricini e retweet e quale fosse la ratio tra favoriti e retweet; così come non sono riuscito a trovare il numero totale di uno o dell’altro e il loro andamento nel tempo. Peccato, perché in questo modo c’è un solo dato a disposizione: l’aumento del 6% nell’utilizzo del cuore rispetto all’utilizzo della stellina registrato da Twitter nella prima settimana, nel novembre 2015.
Ma visto che la base utenti non cresce, è probabile che l’aumento nell’utilizzo dei cuoricini vada a scapito del retweet. La logica sottostante sarebbe questa: prima, retweettavo ciò che mi piaceva e “favorivo” (perdonatemi tutti questi termini orribili) ciò che volevo salvare per le più svariate ragioni; oggi invece metto il cuoricino per mostrare apprezzamento e retweetto per mostrare un grande apprezzamento. Il problema è che chi ha scritto un tweet, al fine della diffusione del suo post, agogna i retweet e non se ne fa quasi nulla del cuoricino.
Tutto ciò per dire una cosa sola: se Twitter vuole essere più friendly nei confronti dei nuovi utenti deve in ogni modo favorire il retweet, l’unico strumento che garantisce che un post non si perda immediatamente nella marea, ma che continui invece a cavalcare l’onda, e che quindi può aiutare un utente a raggiungere una platea più ampia di followers. Oggi come oggi, invece, Twitter sta andando nella direzione contraria: più persone decidono di mettere il cuoricino invece di retweettare, più velocemente quel post si perde.
Le strade sono due: o si implementa davvero la funzione algoritmica, dando un’utilità al cuoricino, oppure si può scegliere una strada drastica: togliere il cuoricino e lasciare il solo retweet. In questo modo, molte più persone sarebbero portate al retweet e per gli utenti sarebbe più facile diffondere i loro post e quindi conquistare followers, andando davvero a creare un circolo virtuoso ed eliminando quella frustrazione che tanta parte sta avendo nella crisi di Twitter.
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