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Cronache dal vecchio web: Splinder secondo Rossella Rasulo

17 Giugno 2018

Dopo una prima puntata dedicata alla memoria splideriana corale di alcune fra le più seguite blogger degli anni duemila e un secondo appuntamento sul web 2.0 attraverso la lente di ingrandimento di William Nessuno, torno a parlare di Splinder e dell’epoca d’oro dei blog con Rossella Rasulo (Ninna agli albori). Caporedattrice e scrittrice, Rossella racconta il suo incontro con la rete delle “relazioni” e quello che è stato il suo percorso on line e off line da allora.

Partiamo da una riflessione generale, ai “tempi di Splinder” la rete era un luogo molto diverso da adesso dal punto di vista “sociale”. Esistevano chat e fuorum tematici ma, almeno per il contesto italiano, la rete veniva utilizzata nella maggior parte dei casi per il semplice reperimento d’informazioni. Poi è arrivato il blog e con il blog una piattaforma che permetteva di condividere contenuti originali, di entrare in relazione con altri users, di chattare con messaggistica privata. La prima domanda è proprio…come sei arrivata a Splinder? Dove hai scoperto della sua esistenza?

Era un giorno qualsiasi del 2003 e, tra i risultati di una ricerca di cui non ricordo minimamente l’oggetto, vidi comparire un sito dallo strano nome. Non sapevo nulla dei blog e della loro esistenza. Davvero nulla. Iniziai a leggere e fu un colpo di fulmine. Lo stile di quello sconosciuto mi colpì al punto da farmi tornare tutti i giorni sulla sua pagina. Fu quell’incontro casuale a farmi affezionare prima al suo blog e, in seguito, a molti altri. Dopo qualche mese di letture, di commenti e messaggi Splinder si era trasformato in un rifugio accogliente.

Come mai hai deciso di aprire un blog?

All’epoca della scoperta di Splinder scrivevo quasi tutti i giorni per sfogarmi. Dopo un’adolescenza passata a detestare la scrittura mi era stato consigliato di tenere un diario per rileggermi e imparare a osservarmi. Continuando a seguire assiduamente quei cinque-sei blog mi venne voglia di trasferire lì i miei sfoghi. E così, nel pieno anonimato che la rete a quel tempo offriva, ho iniziato a farlo. Mi fu molto utile.

Di cosa parlava il tuo blog e com’era il tuo rapporto con il pubblico?

Parlava di me, della mia rabbia, della mia vita. Era un diario aperto.
Col senno di poi potrei definirlo un mio insensato delirio di onnipotenza (quanti atteggiamenti sbagliati si notano crescendo, signora mia).
Il mio pubblico? Mai una via di mezzo. Chi si è “invaghito” del mio blog fa ancora parte della mia vita in un modo (come amico) o nell’altro (come contatto su Facebook). Mi hanno vista crescere, cambiare, imparare, cadere, rialzarmi. I miei deliri erano inspiegabilmente seguiti, commentati, analizzati, giudicati. Il blog, con alcuni, era diventato un punto di ritrovo. Chi mi ha detestata, invece, lo ha fatto in un modo che oggi verrebbe deriso e condannato (anche penalmente) allo stesso tempo. Le ho provate tutte per contrastare quel costante tentativo di umiliarmi, di svilirmi, di farmi sentire sbagliata: alzare la voce, cercare di ignorare, rispondere a tono, fingere ironia, denunciare. La cosa che mi consola è che oggi le angherie che mi sono state inflitte non resterebbero impunite come un tempo. La rete non è più una zona franca. Se minacci, se calunni, se diffami perdi la faccia, se non il lavoro, e ne paghi le conseguenze.

Sono sopravvissuta a quella crudeltà surreale, che non è poco.

Rossella in una foto profilo dei “tempi splideriani”

 

Frequentavi i “raduni” di blogger? Se si hai avuto modo di tessere relazioni che dal virtuale sono passate al reale e, in caso positivo, che fine hanno fatto dopo la chiusura di Splinder?

Sono andata a dei raduni, sì. E ci sono stati rapporti che si sono trasformati passando dal reale al virtuale. Alcuni buoni davvero. Altri che se potessi tornare indietro eviterei.
Comunque la chiusura di Splinder non è stata rilevante. Ci siamo tutti spostati dai blog ai social. È stato un processo strano e spontaneo allo stesso tempo che non ha cambiato le dinamiche preesistenti.

In che modo Splinder ha “formato” il tuo approccio al web?

Mi ha essenzialmente insegnato a distaccarmi, a filtrare. Cosa che non ero in grado di fare. Ho imparato a gestire la mia impulsività, a non rispondere con la prima cosa che mi viene in mente. Ho imparato a dire la mia senza urlare, senza attaccare, senza cercare di dimostrare di essere chissà chi (ho convissuto a lungo con un ego smodato e non è stata cosa semplice ridimensionarlo). 95 volte su 100 incredibilmente ci riesco. Ci sono quasi.

Pensi che l’essere passato da questa esperienza abbia in qualche modo costruito una consapevolezza diversa, delle “basi” – ad esempio – per l’approccio ai social network?

Di sicuro. La “prima blogosfera” (non è il termine corretto, lo so, ma la chiamo così da tanto) è stata la più grande palestra del web. Aver sbagliato mille volte su Splinder mi ha permesso di correggermi, di accumulare esperienza, di considerare più punti di vista e di prendere in considerazione sensibilità diverse dalla mia. Insomma, vale il classico “sbagliando s’impara”.

Ora cosa rimane, nel tuo mondo di oggi, dell’esperienza di blogger su Splinder?

Resta lo scrivere, che ha preso forme sempre nuove e inaspettate. Ai due romanzi nati per merito (o colpa) del blog sto provando ad aggiungerne un terzo che mi fa tremare le mani da anni (non credo di essere pronta ad affrontare serenamente l’argomento che ho scelto). Gli articoli scritti per altri blog o per altre piattaforme si sono trasformati in collaborazioni e le collaborazioni, a loro volta, nel mio attuale lavoro (sono il caporedattore della rivista di Sky).
Restano gli amici, quelli che posso/mi possono chiamare a qualsiasi ora del giorno e della notte (sempre siano lodati).
Ma prima di ogni altra cosa resta la famiglia che io e mio marito, incontrato al mio primo aperitivo tra blogger quattordici anni fa (argh, siamo vecchi), costruiamo giorno dopo giorno con l’aiuto di nostra figlia.

Grazie, Splinder. Mi hai portato fortuna.

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