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Cos’è il il copyright ausiliario e perché danneggia il giornalismo di qualità
L’ancillary copyright per gli editori (copyright ausiliario) è una legge del 2013 voluta dalla maggioranza al Parlamento tedesco e che estende i diritti delle case editrici anche a quelle poche righe riassuntive presentate dai motori di ricerca nella pagina dei risultati (abstracts).
In pratica, la legge obbliga Google, Yahoo! e co. a pagare o ad accordarsi con i quotidiani per poter utilizzare le anteprime degli articoli che rimandano agli originali.
Alcuni editori definiscono il provvedimento “un diritto essenziale nell’era digitale”, mentre altri più scettici ritengono invece l’ancillary copyright controproducente per il proprio business. Secondo questi ultimi, il provvedimento inciderebbe pesantemente sul traffico proveniente proprio dai motori di ricerca, penalizzando in primis quei portali che basano la loro offerta sui contenuti di qualità.
Per alcuni siti, specialmente per i blog e i quotidiani più piccoli, Google e co. sono infatti il canale principale con il quale vengono raggiunti i lettori, poiché permettono di competere con i brand dei giornali storici e con la loro fanbase sui social network. In poche parole, i motori di ricerca consentirebbero di bypassare i canali di informazione principali monopolizzati dai big, garantendo quindi il pluralismo delle notizie.
Non a caso, dal 2013 ad oggi al fronte anti ancillary copyright si sono aggiunte diverse associazioni editoriali di tutta Europa. Queste, in diverse occasioni hanno visto accogliere le loro richieste in sede ufficiale.
Proprio qualche giorno fa il tribunale regionale di Berlino ha infatti rigettato la denuncia legale contro Google presentata dagli editori per l’utilizzo senza permesso degli abstract. In Germania 11 editori in rappresentanza di 41 giornali sono riuniti nell’agenzia VG Media. Questi, dopo aver rinunciato a ricevere il canone, hanno comunque continuato a definire il comportamento di Google un “abuso di posizione dominante”.
In altri casi, invece, sono stati gli stessi editori inizialmente favorevoli al provvedimento a fare dietrofront. È successo in Spagna, dove dopo l’adozione del canone per il copyright e la conseguente decisione di Google di spegnere il servizio ricerca news spagnolo, l’AEDE (Associazione degli autori ed editori spagnoli) ha ritrattato, appellandosi al governo e all’Unione Europea. Dopo aver registrato un drastico calo del numero degli accessi, gli editori spagnoli hanno chiesto di evitare a tutti i costi la chiusura di Google Noticias e di eliminare la “Google tasa”. A loro si è unita anche la Federazione della stampa spagnola, la FAPE, che include fra gli altri anche lo storico quotidiano El Pais.
Del provvedimento si è discusso anche in sede europea. Lo scorso dicembre 83 membri del Parlamento europeo provenienti da sei paesi hanno inviato una lettera al Presidente della Commissione ed ai Commissari Ansip e Oettinger. Nel testo si critica duramente il copyright accessorio, poiché mette a rischio il progetto di un mercato unico digitale europeo. La lettera è stata inviata poco la pubblicazione della comunicazione ufficiale sul copyright della Commissione, ovvero il masterplan per la riforma del copyright in Europa.
A questo si aggiungono infine le recenti dichiarazioni dell’europarlamentare del Partito Pirata, Julia Reda, che ha ricordato alla Commissione Europea come costringere i motori a pagare per il diritto d’autore accessorio violi la concorrenza e come “il rapporto tra aggregatori e gli editori sia fondamentalmente simbiotico”.
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