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A.I.
Vance al summit europeo sull’Ai richiama il Far West: emerge il conflitto USA-UE e rischi di favori alla Cina
Il Vice President USA Vance nell’incomprensibilmente duro contributo di disapprovazione dell’impianto normativo AI al summit di Parigi ai suoi sviluppi dedicata innesca un attacco alla legislazione UE costringendo ad un “affrettato” ritiro (appoggiato purtroppo dal Commissario Henna Virkkunen responsabile della politica digitale dell’Unione) della direttiva sulla responsabilità per l’AI “Liability Directive“. E a Monaco stessa traiettoria tagliente.
In questo caso, un dispositivo che diceva semplicemente di “tutelare l’interesse dei cittadini” in una foresta di giganti con poteri enormi intervenendo a “copertura” di eventuali danni provocati ex post. Differentemente dall’AI Act, che agisce con un quadro normativo ex ante, la direttiva ora ritirata era un servo-meccanismo giuridico di paletti sulla “responsabilità ex post“ che entrava in gioco solo quando l’AI avesse causato effettivamente un danno. Dunque perché temerla?
Ma per Vance serviva mettere subito in chiaro cosa vuole l’Amministrazione Trump. E cosa vuole e’ ben noto ormai: punta al ritorno al Far West che ovviamente favorisce le sue Big Tech Corp che non vogliono né limiti né regole, ma scorrazzare in lungo e in largo nei mercati sia mangiandosi i concorrenti emergenti ricoprendoli di oro luccicante e sia frizzando lo “status quo ante”, dunque dividendo l’Europa e sanzionando quelle cinesi che rappresentano i veri concorrenti e dai quali difendersi. Dunque un cambio di rotta UE improvviso, inconsueto, improprio che si spera sia di semplice “fine tuning” o di “aggiustamento” per proseguire spediti sulla strada tracciata che è di crescita e non di freno alla tecnologia. Una “lezioncina” quella di Vance frettolosa e incongrua dimostrando di non saper né voler ascoltare perché non basta pronunciarsi a favore della “libertà da pregiudizi ideologici” e poi lasciare campo aperto al “free speech” a corrente alternata o asimmetrico togliendo tutti i filtri dei contenuti e “favorendone” alcuni selettivamente come si è premurato di spiegare Zuckerberg per i suoi social con una virata a 360° rispetto all’amministrazione Biden.
L’accusa di Vance sulla direzione UE a moderare i contenuti va dunque respinta con forza se vogliamo rimanere entro un perimetro di diritti inviolabili di libertà entro i confini di un costituzionalismo robusto soprattutto nell’area delicata dell’accesso e trattamento delle informazioni e delle comunicazioni. Dove la libertà – senza dover ricorrere a Platone – e’ definita da regole (Digital Service Act) e non dalla loro assenza innanzitutto a difesa dei più deboli, a contenimento delle fake news con fact checking (cancellato ora dalla valanga Trump nell’illusione del free speech a corrente alternata) e a contrasto dell’abuso di posizione dominante, come sostengono anche alcuni componenti della Commissione Giuridica UE (JURI). Perché e’ del tutto evidente che senza questa norma anche in questa area lasciamo campo libero all’arlecchino dei 27UE ai conflitti tra paesi per disallineamento favorendo asimmetrie informative nei mercati e tendenzialmente a favore delle Big Tech che di protezione della privacy non vogliono nemmeno sentire parlare e contro le start up innovative che invece vanno protette se vogliamo innovazione e la sua diffusione attivandone gli zampilli dei potenziali.
Secondo la Commissione Giuridica UE i danni ci sono e si stanno diffondendo e sarebbe grave non avere uno “scudo” appropriato per cittadini, imprese e istituzioni visto il ritardo delle legislazioni nazionali e dunque integrando correttamente il regime di responsabilità giuridica che era mancante. La bolla Internet del 2000 dovrebbe avere insegnato qualcosa, così come la crisi dei sub-prime Lehman Brothers del 2008 come la stessa crisi Covid 2019. Certamente dobbiamo confidare che questo “ritiro” frettoloso della Liability Directive non significhi “apertura incondizionata” alle Big Tech USA che come noto tendono ad evadere regole e fisco (viste le multe milionarie comminate negli ultimi 20 anni dalle Authority Antitrust UE) oltre che “spegnere” gli innovatori comprandoseli. Confidando inoltre non si tratti di una concessione agli oppositori all’ AI Act e che vorrebbero ammorbidirla. Che sarebbe traiettoria in contrasto con i messaggi sia di Macron che della VdL annunciando al Summit AI grandi piani di investimento per un’AI europea forte, sicura e ambiziosa, pronta a sfidare Stati Uniti e Cina se necessario anche dal lato dimensionale, ossia con 200 mil.di di euro che è scala – per ora – ragionevole.
Si spera che in questo intervallo si prenda consapevolezza dell’esigenza giuridica di uno “scudo di responsabilità civile” (a partire dalla “presunzione di causalità del danno” e dell”onere della prova” per imprese e istituzioni) anche in quei paesi (Francia) che l’avevano in parte avversata nonostante un Parlamento UE invece orientato ad un suo rafforzamento. Mentre certamente sarebbe opportuno uno sviluppo semplificato e capace di non appesantire gli oneri burocratici per le imprese e che faciliti l’uso e l’accesso ai servizi di AI in modo snello e rapido. Non dimenticando mai che (A) siamo il continente delle libertà nelle regole e nelle leggi (e non libertà dalle regole e dalle leggi) se le vogliamo uguali per tutti e difese dalle Costituzioni in uno Stato di Diritto e, inoltre, (B) che i mercati sono cresciuti proprio attraverso le regole e non “senza regole” come la lunga storia americana ed europea (ma potremmo dire della intera storia umana dalla domesticazione in avanti) insegnano rispetto a tutte le oligarchie e democrature passate e future o solo emergenti.
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