Teatro

Roberto Castello, l’Africa, la danza e l’ignoranza (italiana)

5 Novembre 2019

Abbiamo finito ballando e applaudendo, tutti insieme, al ritmo delle percussioni, felici e contenti come a una festa.

Perché l’intelligente lavoro Mbira, della compagnia Aldes di Roberto Castello ha avuto la capacità di guidare il pubblico dalla percezione “frontale” d’abitudine a un “rompete le righe” ricco di energia e allegria. Da tempo Castello si occupa di cultura – anzi di culture – d’Africa, ben sapendo, tanto per fare un esempio, che la sola Nigeria, 200milioni d’abitanti, ha una produzione culturale, teatrale, letteraria, musicale, cinematografica sterminata. Allora proprio dalla mancanza di conoscenza, dal necessario superamento del “sentito dire”, del luogo comune ha preso le mosse il coreografo, per imbastire questo spettacolo-concerto italoafricano. E certo c’è tanto da fare, per sconfiggere (semmai ci riusciremo) il razzismo, il pregiudizio, l’ignoranza tutta italiana. Basti pensare al recente, ennesimo caso Balotelli, per rendersi conto di quanto sia retrograda, ottusa, violenta, la prospettiva italiana. Non di tutti, questo è vero, ma nemmeno di pochi. Il popolo italiano è sempre stato “fieramente razzista” – questa la definizione delle bieche leggi razziali fasciste – e pare proprio lo sia ancora.

Così, con il garbo e l’ironia che lo contraddistinguono, Roberto Castello si è preso la briga di ricostruire la storia di Mbira: strumento musicale tradizionale, anche genere musicale popolare, originario dello Zimbabwe, che fu oggetto di una strana operazione. Un compositore trascrisse la musica adattandola a due clavicembali, per fare una aguzza provocazione al sistema musicale europeo: ne venne fuori una questione di accuse di razzismo, di diritti d’autore, di economie. E tutto sopra le teste dei reali protagonisti, i musicisti africani. Si tratta, allora, suggerisce Castello, di riposizionarsi rispetto alle culture africane, saper ascoltare, vedere, provare a capire, studiare. Pensando, ad esempio, quanto la musica del mondo sia stata influenzata dalla musica nera, frutto della diaspora. Blues, jazz, rock, raggae, rap, trap, fino alla “classica”, tutto e cambiato sotto i nostri occhi (o orecchie) e non possiamo far finta di nulla.

 

Giselda Ranieri in Mbira, foto di Piero Tauro

 

Così lo spettacolo si apre con un raffinatissimo assolo della bravissima Giselda Ranieri, incantevolmente suadente, che interpreta il brano Mbira per clavicembalo: le strutture formali di musica e movimento si mescolano, l’esito è entusiasmante. Poi, accompagnate dalla vivissima presenza ritmica di Marco Zanotti alle percussioni e Zam Moustapha Dembélé alla kora, balafon e alla voce, lo spettacolo prende il volo. Entra un’altra danzatrice, la trascinante Susanna Hieme, Castello si ricava il ruolo di sornione narratore di questa storia di apertura, di incontri, mescolamenti. Cresce il clima della festa, cresce il ritmo: le danzatrici – in una sorprendente danza sul posto – incantano la platea, le percussioni agguantano gli animi, e nel gran finale si aggiunge anche l’attore e drammaturgo Andrea Cosentino in un apprezzabilissimo assolo alla tromba.

Ma c’è spazio per riflettere su chi o cosa vogliamo essere, sul dove pensiamo sia il centro del mondo (semmai un centro esista), sull’eurocentrismo, sulla spocchia di tutti noi, che siamo al più condiscendenti verso “quelle” arti che vengono dal continente africano.

C’è molto da fare da queste parti, oltre a stigmatizzare i cori da stadio. Aldes ci prova, abbatte qualche muro, crea qualche ponte, sostiene (laicamente) il lavoro dei Comboniani di Nigrizia. Il resto sta al pubblico, sta alla gente, sta a noi, insomma, all’impegno quotidiano che ciascuno può e deve mettere per ricordare, sommessamente, che se pure i colori sono tanti, la razza è una.

Un’ultima cosa da sottolineare: la compagnia lucchese ha deciso di promuovere, assieme al Romaeuropa Festival e Municipio RomaIII, una sorta di tournée capitolina del tutto alternativa. Viene da pensare, come precedente illustre, a quando Dario Fo decise di portare i suoi spettacoli nelle case del popolo o nei circoli Arci. E dunque Castello e il gruppo, oltre al battagliero Teatro Biblioteca Quarticciolo (dove ho visto lo spettacolo e ho pure ballato) è passato al Nuovo cinema Palazzo, nel quartiere San Lorenzo; poi al Circo Rosso/238 hangar delle arti per chiudere in bellezza, il prossimo 9 novembre, nel vivacissimo Spin Time Labs, ossia nel palazzone Inpdap occupato al quartiere Esquilino. Una bella idea, non solo per incontrare pubblici nuovi e diversi ma per mettere in rete esperienze di militanza e azione da sempre attive contro il (neo)razzismo italiano.

 

(Nella foto di copertina di Piero Tauro, da sin: Hieme, Castello, Ranieri)

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