Storia
Natale, il giorno giusto per guardare il mondo del nostro morente privilegio
I giorni di Natale sono forse gli unici, sul calendario, che unificano l’Occidente egemonico, nostalgico e tramontante. Resta vero ancora oggi, per generazioni che stanno metabolizzando la fine ultima di un tempo che si è raccontato come glorioso, e si sapeva ottimista. Quello del mito americano fatto di lavoro e successo, o del modello europeo costruito sulla fine di secoli di guerre e decine di milioni di morti, e in nome di “mai più orrori”. Natale è la festa della famiglia tradizionale, quella che simbolicamente costituisce la “cellula base” delle società europee e nordamericane, abituate a pensarsi al centro del mappamondo e del tempo, della Storia e della Geografia. Non è certo un caso, dopo tutto: il giorno di Natale simbolicamente ricorda, a credenti e non, la nascita di un uomo in nome del quale si sono pensate, difese, propagandate e propagate molte delle comunità nazionale e delle corone che prima hanno fatto l’Europa, e poi hanno conquistato per rivoli sparsi e disordinati il mondo. Quel mondo, appunto, che l’Europa cristiana ha plasmato a sua immagine e somiglianza, ha raccontato come terra “civilizzata” dal proprio essere migliore, per poi scoprirsi – è la nostra storia, quella di questi decenni – fortezza sempre più assediata dai desideri di dignità, benessere o anche solo sussistenza di chi ha avuto la sola colpa di nascere altrove; ma del tutto incapace di propagare fuori dai propri confini un modello di convivenza tra nazioni fondato sulla pace, il rispetto della differenza, l’irrilevanza di ciò che allontana rispetto a ciò che dovrebbe unire. Questo, meritoriamente, le classi dirigenti europee, dopo la Seconda Guerra Mondiale e l’abominio della Shoah, sono riuscite a pensarlo e poi a farlo, e non è colpa loro se il processo di contagio virtuoso a un certo punto ha smesso di funzionare, e a propagarsi oltre le differenze linguistiche e culturali sono stati altri virus, di natura maligna.
È infatti doveroso, per quanto doloroso, guardare dall’alto la nostra mensa natalizia, il nostro tempo di festa fondativa dell’Occidente democratico, allargando il quadro a ciò che succede vicino a noi eppure fuori dai nostri perimetri convenzionali, da un lato, e ingrandendo il dettaglio di quel che si muove nelle viscere delle nostre società, dall’altro. Un esercizio di sguardo dal satellite e, insieme, al microscopio.
La prima serie di fotografie panoramiche ci restituisce i confini esterni del nostro Occidente democratico sempre più piccolo e fragile, sempre meno convincente. La nostra Europa, fortezza di diritti avanzati rispetto al resto del mondo, che però non riesce a influenzare con l’esempio l’evoluzione democratica neppure dei vicini, e tantomeno dei lontani. Gli Stati Uniti d’America, storica per quanto controversa guida dell’Occidente democratico, che sempre meno regge un ruolo tramontato definitivamente con la vittoria sul comunismo, ormai oltre trent’anni fa.
Ma ben di più e oltre, rispetto a quel che “siamo” rispetto al fuori, fa impressione quel che siamo ormai diventati abitualmente “dentro”. È nella pancia delle nostre società e dei nostri sistemi politici, infatti, che si agita il mostro peggiore, il nemico più forte. È l’indifferenza all’irrilevanza della politica e dei sistemi parlamentari. È la lontananza e il disinteresse rispetto ai destini del mondo. È la tranquillità con cui affrontiamo i pranzi di Natale parlando delle piccolezze di Chiara Ferragni, mentre a nessuno sembra importare il destino dell’Europa, dei morti a migliaia a Gaza, dell’islamismo totalitario ed espansivo di Hamas, del progressivo marginalizzarsi del modello di governo democratico in realtà sociali che sembravano destinate ad abbracciarlo definitivamente appena pochi anni fa, e di molte altre questioni, non esattamente marginali.
I pranzi festivi di questi giorni, così, ricordano da vicino i banchetti di fine impero di cui abbiamo letto sui libri. Come sempre, mentre si aspettano e commentano i dettagli inutili, non si coglie la traiettoria finale della scena, e quanto stona con quello che succede nella stanza o nel continente accanto. Il microscopio e il telescopio servono appunto a questo. A faerci vedere che da lontano niente è in ordine, e da vicino nulla è al suo posto. Se sembrano due pessime notizie possiamo consolarci con la terza: non saperlo sarebbe sicuramente peggio.
Buon Natale, dunque, a tutti noi.
Buon Natale a chi resiste, e non vuole chiudere gli occhi davanti al troppo vicino e al molto lontano. Con gli auguri alla stampa libera e a GSG, perché ci aiuno a mantenere uno sguardo attento e partecipe.
Nemmeno un trattato di teologia saprebbe mettere insieme un’accozzaglia di concetti per glorificare il Natale cristiano; complimenti.
La realtà è un zinzino diversa, con i nazionalisti suprematisti bianchi che usano la superstizione religiosa come veicolo e fonte del loro conservatorismo, latore di maschilismo, omofobia ed intolleranza verso i non credenti. Da poco ho appreso dell’esistenza della di religione alla scuola materna, dove bimbi di 3 anni vengono indottrinati con favolette sulla bontà di dio et cetera. Questo è il metodo pacifico odierno di propagazione dell’incivile cristianesimo, la propaganda di stato (laico!) poiché non è più possibile uccidere o fare violenza fisica al non credente. Roghi di libri e scienziati, streghe e non credenti, la nascita e pratica dell’antisemitismo, l’incivile campagna contro il preservativo di papà Wojtyla, l’inserimento degli obiettori di coscienza negli ospedali pubblici, la truffa 8×1000, la pedofilia impunita, la sottrazione dei figli alle famiglie indigene canadesi, degli indiani d’America e degli aborigeni australiani per dar loro la “verrà” cultura.
Questo è il cristianesimo, che ha rimarchiato ogni festività di successo per farsi pubblicità, come il Natalis Solis Invicti, la festività originale, prima che fosse rimarchiata dai cristiani per sfruttarne il successo di pubblico, che era legata al mondo contadino che festeggiava con scambio di doni la fine del periodo più buio dell’anno.
Tu magnifichi il Natale perché sei stato indottrinato fin dalla culla con lo scorretto battesimo e, se fossi nato in Iran, indoreresti la pillola di qualche altra festività islamica, pubblicità a quella superstizione religiosa, incivile maschilista omofoba ed intollerante verso i non credenti come quella cristiana, ma meno organizzata
Credo che forse occorrerebbe rendersi conto, prima di stigmatizzare, che Cristianesimo e Cattolicesimo sono due cose ben diverse… Se non riusciamo a cogliere nemmeno questo stiamo freschi! Allora giudichiamo l’ebraismo con la pratica politica del Likud, islamismo sulla base delle prodezze dell’ISIS, la filosofia illuminista a partire dalla pratica politica che nacque dalla rivoluzione francese e via di seguito. L’intolleranza che trovo nel suo commento è la stessa che denuncia e apparentemente contrasta con un fondamentalismo di segno opposto, ma pur sempre con un fondamentalismo. E non lo dico da uomo di fede, ma da agnostico …
Felice anno nuovo, Jacopo! Adesso non ricordo il nome dello storico, siciliano, ma Sellerio ha pubblicato un bellissimo saggio dal titolo Gli europei e il mondo. Andrebbe adottato nelle scuole secondarie come libro di testo, così gli allievi avrebbero una visione globale della storia del mondo e non di quella parte dell’Occidente che consideriamo il suo centro – sbagliando. Pensa solo che non si studia, almeno in Italia, l’Impero Bizantino, che sarebbe più corretto chiamare Romano, o di quello Ottomano o della Russia prima del XIX secolo, quando cioè diventa nostra competitrice e da gran signora (vorrei capire che cosa sarebbe stato del romanzo moderno senza il romanzo russo o della nuova musica senza la musica russa). Visione strabica del mondo. Che non è sempre stata però quella delle civiltà mediterranee di cui ci vantiamo immeritatamente eredi: basti pensare all’apertura di un Erodoto. Senza contare che Eschilo per celebrare la vittoria di Salamina porta sulla scena non i vincitori greci ma i Persiani vinti, Ecco, abbiamo perduto quello sguardo. Da quando? A mio avviso dal violento impossessarsi del potere da parte della piccola borghesia europea e statunitense. Che ancora domina il mondo. Ahimè anche nell’altra parte che non è Occidente. E il futuro non ci promette niente di buono. Vivi felice, se puoi. Al solito, la consapevolezza non ci rende migliori, ma solo più infelici.
Non credo che manchi la voglia di parlare di Europa, dei suoi destini, del futuro del mondo del lavoro, del cambiamento climatico. A mancare sono i contesti. Quei contesti in cui una persona possa esprimersi vedendo raccolta e custodita la propria opinione, e non subissata di contro-argomenti la cui forza è spesso l’evidenza più grande di quel privilegio che anche su piccola scala, micro-interazionista, viene esercitato costantemente da chi ce l’ha. Di Vannacci, di persone poco istruite e soprattutto poco educate che si stanno costruendo spazi in cui sentirsi ascoltate la società attuale è piena. Io credo Jacopo che un elemento di rottura degli equilibri e delle prassi consolidate del nostro ceto possa essere iniziare a riaprire dialoghi, i canali di ascolto anche per quella che Berlusconi chiamava “la gente” (magari cominciando con il rispondere ai commenti qui sotto, per esempio).