Storia
Il memoriale di Dachau sta per compiere 50 anni, 72 anni fa il lager fu liberato
Celebrato oggi il 72nnale della liberazione del lager nazista di Dachau; il primo ad entrare in funzione nel 1933 ed il più a lungo attivo. Dal campo di concentramento, che servì da prototipo per quelli a venire, sono passati almeno 204.000 prigionieri e 41.000 di loro vi hanno perso la vita. I primi internati stranieri vi giunsero a partire dal 1938 e tra il 1943 ed il 1945 il lager divenne sempre più un campo di lavoro forzato per l’industria bellica. Fu liberato dagli americani il 29 aprile 1945. A Dachau e nei campi satelliti c’erano ancora 67.000 prigionieri stremati.
Alle celebrazioni hanno preso parte circa 500 persone. Oltre ad un manipolo di sopravvissuti che si sono accollati lo strapazzo di un viaggio, molti rappresentanti del mondo politico e diplomatico, ma anche visitatori occasionali. Nei loro discorsi commemorativi sia il Presidente dell’Unione delle comunità ebraiche tedesche Josef Schuster che la Presidentessa della Comunità ebraica di Monaco di Baviera hanno insistito nello stigmatizzare l’avanzata dei movimenti di destra e xenofobi in Germania ed in Europa. Entrambi hanno perorato che ancora nella legislazione corrente venga istituito un responsabile permanente presso il Cancellierato come partner per trattare il problema dell’antisemitismo crescente. Nelle parole dei due rappresentanti toni di monito avverso i tentativi della AfD di catturare consensi anche nel mondo ebraico presentandosi come filo israeliana. Schuster ha poi riproposto l’auspicio che all’interno dei corsi di formazione per i nuovi immigrati di Paesi arabi siano introdotti anche lo studio della shoà e la visita di un ex campo di concentramento. Un augurio in direzione diametralmente opposto a quello della rappresentanza della AfD al parlamento regionale del Baden Württemberg che qualche tempo fa aveva invece proposto che addirittura i fondi per le visite scolastiche agli ex lager fossero cancellati. Per Charlotte Knobloch, ella stessa sopravvissuta nascosta per tutta la guerra in Germania, il termine populismo per Pegida, Movimento identitario, Reichsbürger ed AfD, così come per il Front National francese, è troppo debole. Sono forze che seminano odio e razzismo e vogliono distruggere l’Unione Europea -che è il progetto di pace del secolo- nazionalismo resta nazionalismo, antisemitismo resta antisemitismo ed il razzismo resta razzismo, ha detto.
In una successiva parte della cerimonia innanzi all’ex crematorio Ernst Grube, sopravvissuto al lager e Presidente della comunità degli ex internati, ha con un toccante parallelo alla propria esperienza personale quando a 12 anni fu chiuso nel ghetto di Theresienstadt lanciato un j’accuse contro i rimpatri collettivi verso l’Afghanistan. Così come io tremavo quando mi presero per portarmi verso l’ignoto, posso capire a quale angoscia siano le persone che vengono raccolte per affrontare il rientro in Afghanistan, ha detto.
Molti di coloro che hanno parlato al microfono, e lo stesso Gruber lo ha fatto, hanno ricordato Max Mannheimer morto a 96 anni l’altr’anno e che più di altri, in Germania, ha saputo perpetuare la memoria della shoà costruendo ponti verso le nuove generazioni.
Al suono di una campana i vessilli nazionali delle vittime e dei liberatori sono stati portati in una processione solenne attraverso il corridoio tra il crematorio ed il piazzale dell’appello. A concludere la cerimonia la posa di quasi un centinaio di corone di fiori ai piedi del memoriale internazionale che resteranno come omaggio e monito per i visitatori.
Il punto di forza ed al contempo di debolezza della cerimonia sono risieduti entrambi nella grandeur e nella indispensabile eco mediatica che purtroppo ne hanno leggermente offuscato la solennità, doverosa verso i sopravvissuti ed i loro successori, quali la cellista Ceca nipote di un ex internato che ha suonato innanzi al crematorio. Tra i partecipanti anche l’israeliano Abba Naor che fu deportato con la famiglia a 13 anni dalla Lituania. Nella primavera 1945 a 17anni passò per i lager satelliti di Dachau a Kaufering ed Utting. A Dachau stesso restò una sola notte, quella prima delle marce della morte, durate 9 giorni e 9 notti, in migliaia furono fucilati per strada. Siamo stati liberati dal lager ma non nell’animo, il lager resta sempre in noi, ha detto. La shoà ha tolto a Naor la capacità di credere nella divinità ma non nei giovani e per questo porta ancora oggi la sua testimonianza nelle scuole.
L’ex lager di Dachau fu aperto come sito storico il 9 maggio 1965, il memoriale alle vittime ebree celebrerà invece tra una settimana il cinquantennale della sua esistenza. Fu inaugurato il 7 maggio 1967, cinque giorni dopo la chiesa evangelica della riconciliazione. L’8 settembre 1968 si sarebbe aggiunto ad essi il monumento commemorativo internazionale finanziato da 23 Paesi. L’area dell’ex campo di concentramento fu conservata a memoria delle generazioni future in un’epoca in cui molti in Germania, tanto più a Dachau, in realtà non volevano ricordare il passato. Riprova ne fu che per parecchio tempo le scarne iscrizioni esplicative esposte erano solo in tedesco. Solo negli anni duemila tutto l’apparato museale è stato rifatto anche in inglese.
Oggi d’altronde l’ex campo di concentramento di Dachau è visitato da una media di 700.000 visitatori all’anno; parecchi anche dall’Italia. Anche se in effetti è troppo pulito ed in ordine per ridare veramente l’idea di cosa era il lager quando era in funzione. Restano comunque l’angosciante dimensione di vuoto dei campi numerati un tempo occupati dalle fila di baracche per gli internati e l’incombenza delle torrette di guardia, anche se non si vede più quasi traccia del filo spinato elettrificato. L’accesso passando due pacifici corsi d’acqua rende l’idea di come dovesse essere stato ingannevole l’arrivo per i prigionieri. Fors’anche accentuato oggi che poco prima di arrivare alla cancellata, si scorge sulla sinistra anche un impianto sportivo.
Adesso prima dell’ingresso c’è anche un moderno centro di accoglienza con ristorante e libreria. Senz’altro giustificati per gli afflussi che registra il memoriale, ma al contempo un po’ una stonatura. Quasi altrettanto come gli allocchi che si fanno un selfie con il portale che riproduce la scritta “Il lavoro rende liberi”.
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