Tennis

Federer, la perfezione e l’esistenza di Dio

15 Luglio 2019

Se siete tra coloro che ieri hanno assistito alle quasi cinque ore di gioco della finale di Wimbledon 2019 tra Roger Federer e Novak Doković, vi prego di seguirmi. So che in un primo momento quello che sto per dire potrà suonare strano, ma servirà ad affrontare una questione che probabilmente anche voi vi sarete posti, sebbene in forma diversa.

Per secoli filosofi e teologi si sono interrogati sull’esistenza di Dio e molti di loro hanno proposto vere e proprie dimostrazioni della sua esistenza. Una delle più note è la prova ontologica proposta nell’XI secolo da Anselmo d’Aosta. Possiamo riassumerla così. Anche chi nega l’esistenza di Dio, deve avere il concetto di Dio, cioè il concetto di un essere sommamente perfetto “di cui non si può pensare nulla di maggiore”. Ora, ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore non può esistere solo nell’intelletto perché se esistesse solo nell’intelletto e non nella realtà, cadremmo in contraddizione. Infatti,  potremmo pensare un essere più perfetto, cioè un essere identico ad esso, ma esistente anche nella realtà. Segue che è impossibile pensare la somma perfezione di Dio senza ammetterne l’esistenza.Fermiamoci qua per il momento e chiediamoci: ieri Federer è stato perfetto? Beh, certamente ha giocato un tennis di una bellezza indicibile, ha compiuto colpi impossibili anche solo da immaginare, ha sfidato le leggi della fisica e del buon senso. E’ stato assolutamente sublime. Tuttavia, non è stato perfetto. Ha commesso quattro o cinque errori che gli sono costati ben tre tie-break e, soprattutto, ha buttato via due match point. E’ stato per ben due volte a un passo dalla vittoria, ma ha sbagliato. E ha perso. Tornando ad Anselmo, se Dio è perfetto, allora Federer non è Dio. Se Federer fosse Dio, infatti, sapremmo tutti quanti immaginare un essere più perfetto. Ovvero un essere identico a Federer che però differisca da lui per non aver sbagliato quei quattro o cinque punti e per non aver buttato via quei due tie-break.

Tutto questo per dire che Federer non è Dio o, se preferite, che Federer non è perfetto? Beh, no. C’è qualcos’altro. Infatti, se è vero che Federer ieri non è stato perfetto e che proprio per questo ha perso, è vero anche che Federer ha giocato un tennis fuori dalla portata di qualsiasi altro tennista, Doković incluso. Se non ne siete convinti, riguardatevi il match e provate a raccogliere tutte le migliori giocate di Federer da una parte e tutte le migliori giocate di Djoković dall’altra. Il paragone, in termini di quantità e qualità, sarà impietoso e nettamente a favore del primo. Per chiunque abbia un minimo di confidenza con il tennis, questa non è una novità. Non a caso gran parte degli osservatori concorda nel riconoscere in Federer il miglior tennista di tutti i tempi. Nessuno ha mai saputo portare il tennis ai livelli di perfezione a cui Federer ha saputo portarlo.

Quindi? Quindi se è vero che Federer non è Dio, è anche vero che Dio – in quanto essere sommamente perfetto – deve necessariamente avere una qualità: deve saper giocare a tennis come Federer. Infatti, per quanto un essere possa essere perfetto, se non sapesse giocare a tennis come Federer, potremmo sempre immaginare un essere più perfetto. Ovvero, un essere identico ad esso che però sappia giocare a tennis come Federer. Propongo quindi di introdurre questo nuovo criterio ontologico per stabilire l’esistenza di Dio. Saper giocare a tennis come Federer è condizione necessaria, sebbene non sufficiente, per poter essere Dio.

 

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