Rugby

Il Coni, l’Italia del rugby, e la memoria rimossa del fascismo

28 Gennaio 2015

Ci sono scelte che nel migliore dei casi vanno giudicare inopportune. Tipo quella del fondale scelto dalla nazionale italiana di Rugby per presentare la prossima avventura nel Sei Nazioni.

La foto è stata scattata ieri mattina (Giornata della Memoria tra l’altro) nella Sala d’onore del Coni al Foro Italico, e oggi compare su tutti i giornali. In primo piano ci sono i più rappresentativi rugbisti italiani, in tenuta da gara, insieme al presidente della Federazione Italiana Rugby, Alfredo Gavazzi, e al presidente del Coni, Giovanni Malagò.

L’inquadratura è fatta dal basso verso l’alto, in modo da mettere bene in risalto l’enorme dipinto (13 metri per 12) che sta alle spalle dei protagonisti. E questo è il punto: il quadro in questione è la “Apoteosi del Fascismo” voluta da  Mussolini nel ‘28 per celebrare i fasti del Fascio, e dipinta da Luigi Montanarini.

Al centro, dietro a un altare, è ritratto proprio il “Duce”. A circondarlo, in un tripudio di fasci, aquile e bandiere nere, vi è il popolo italico, i suoi gerarchi e i suoi soldati. Di lato ci sono anche gli “Arditi”, con tanto di bandiera nera e teschio col pugnale tra i denti. E poi una Dea della vittoria con spada e corona d’alloro, e navi da guerra e arei da combattimento sparsi qua è là.

Non un’opera come un’altra, insomma. Tanto è vero che il quadro di Montanarini venne coperto con un drappo nel lontano ’44 e rimase celato per oltre mezzo secolo. Alla luce tornò solo nel 1997. Il muro era caduto da un bel po’, e con esso le grandi ideologie del 900. Anche il fascismo italiano con la svolta di Fiuggi del 95 sembrava relegato alla storia.

Ne era convinto Walter Veltroni, che nel 1996, nelle vesti di Ministro dei Beni Culturali per primo propose di scoprire l’“Apoteosi”.  Un anno dopo il Coni ricevette anche una lettera firmata dalla sovrintendenza ai Beni Architettonici in cui veniva “sollecitato”  a riportare alla luce il dipinto di Montanarini, dando anche un tempo massimo di 60 giorni.

La ragione, come spiegò anni dopo lo stesso Veltroni in un’intervista alla Stampa, è che non bisogna mantenere il tabu sui luoghi del fascismo. “Abbiamo girato la pagina del fascismo senza averla metabolizzata e compresa. E quindi continuiamo a occultare le tracce fisiche del ventennio».

A nulla sono servite le critiche di chi, come il sociologo e responsabile dell’Osservatorio sul razzismo e antirazzismo nel calcio Mauro Valeri, ha chiesto al Coni di coprire nuovamente quel il quadro, ricordando le colpe storiche della stessa organizzazione diretta oggi da Malagò, che quando è stata istituita, nel 1942, aveva come finalità, prevista dall’articolo 2 del suo statuto, il miglioramento fisico e morale della “razza”.

Dal ’97 a oggi il dipinto voluto da Mussolini non è semplicemente visibile, ma è stato anzi utilizzato più volte dalle massime autorità sportive per celebrare lo sport italiano e i suoi trionfi.

Ve l’immaginate cosa accadrebbe in Germania (un paese che i conti col proprio passato li ha fatti davvero) se la nazionale di calcio campione del mondo si facesse fotografare davanti a un’immagine propagandista di Hitler e del Nazional socialismo? Impossibile, vero? Eppure in Italia succede.

@carlomariamiele

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