Nuoto
La passione dell’allenatore
Talora accade che il caso produca incroci di storie che ben raccontano l’Italia dello sport.
In questi giorni tiene banco la roulette delle panchine di calcio della serie A. Titoloni, servizi dei tg, profluvio di previsioni, segreti carpiti e spifferati…
E viene a galla l’umanità di personaggi strapagati, viziati, egoriferiti, sopravvalutati.
Chiusi in una bolla dove possono permettersi di ignorare la catastrofe in cui siamo immersi.
Ben ha sintetizzato il giornalista de IL SOLE 24 ORE, esperto di finanza sportiva, Marco Bellinazzo: «Nessun moralismo. Ma che ci si siano allenatori che fanno i capricci perché non accettano che i progetti siano rivisti al cospetto di una crisi epocale umanitaria e finanziaria lo trovo eticamente degradante».
L’allusione neanche troppo velata è alle dimissioni dell’allenatore dell’Inter, Antonio Conte. Forte di una corazzata di campioni che ha strapazzato tutte le squadre del campionato italiano, ha deciso di abbandonare la nave.
Stracciando un contratto e chiedendo anche una bella vagonata di milioni come buonuscita (auguri a chi decide di prenderselo, perché Conte è uno specialista in fatto di liquidazioni, basta chiedere ad Abramovich, presidente del Chelsea).
Intanto il campionato europeo di nuoto di Budapest porta alla ribalta in questi giorni la storia di Marco D’Onghia, allenatore di Benedetta Pilato, medaglia d’oro e detentrice del primato mondiale dei 50 rana.
I soldi? C’entrano anche quelli, ma proprio in un’altra direzione. Eccolo in una bellissima intervista al Corriere della sera di martedì 25 maggio: «Vuole sapere il segreto di Benedetta? Potrei parlare di allenamento, mettermi qui a tirarmela, ma la base è un’altra: noi abbiamo iniziato per gioco e continueremo così. La mattina lei va a scuola e io al lavoro e al pomeriggio ci dedichiamo alla nostra passione…I risultati di Benedetta non danno da mangiare alla mia famiglia. Questo fa la differenza, io sono sempre sereno e la serenità la trasmetto a lei in acqua».
E’ un fiume in piena l’allenatore operaio e si sente nelle sue parole l’entusiasmo e la naturalezza di un amore per lo sport disinteressato e forte.
Capace di dispensare una riflessione che si riferisce a ciò che più conta per uno sportivo: la testa e il cuore.
Le Olimpiadi. E’ preoccupato? «Preoccupazione? Non ne voglio proprio sentir parlare. Per noi l’Olimpiade deve essere come il Natale: l’attesa, la vigilia devono essere più belle persino della festa. Lo dico sempre a Benny che dobbiamo goderci ogni attimo, che i nostri nipoti dovranno stancarsi di sentirci raccontare l’esperienza di Tokyo».
Bisogna un poco grattare tra i proclami mediatici del racconto sportivo tutto incentrato sulla passione italica per il calcio.
Ma belle storie di sport ce ne sono tante.
Certamente le prossime Olimpiadi di Tokyo ce ne regaleranno altre.
La vera gloria è per chi ha compreso: «La vera casa dell’uomo non è una casa, è la strada» (Bruce Chatwin).
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