Nuoto
Il sogno di Federico Morlacchi a Rio 2016
Parole poche, fatti moltissimi. Nessuna storia strappalacrime da raccontare, ma “solo” molta passione, sacrificio, voglia di vincere e perché no, talento. Federico Morlacchi è stato «buttato in acqua, alle piscine Betulle di Luino, all’età di tre anni» perché soffriva di alcuni problemi alla schiena e i medici avevano consigliato ai suoi «stupendi» genitori di fargli praticare quello che sarebbe diventato la sua vita, il nuoto. Perché era nato con una gamba più piccola dell’altra, e quindi la schiena andava salvaguardata più che mai. Classe 1993, luinese (è nato a Luino, paese lacustre in provincia di Varese, ndr), Morlacchi ha la determinazione dei grandi campioni e un’ironia da professionista navigato: «Perché no, questa magari non la scriviamo». «Devi essere bravo a venderti – mi dice – E serve anche molto tempo». Tempo che lui trascorre in acqua.
Affetto da ipoplasia congenita al femore sinistro, Federico ha cominciato a nuotare a livello agonistico nel 2003, e negli anni successivi, tesserato con la POLHA Varese, ha gareggiato ai campionati europei IPC di Reykjavik, dove, giovanissimo, ha vinto due bronzi (100 farfalle S9 e 200 misti) e di Berlino dove ha vinto un argento. Nel 2010 ha preso parte alla spedizione azzurra agli europei in vasca corta per normodotati, dove era programmata una sessione a inviti per campioni paralimpici, ed è riuscito ad ottenere un terzo posto nei 100m farfalla. Convocato per le Paralimpiadi di Londra del 2012 (le sue prime, ndr) Morlacchi ha vinto tre bronzi, segnando il record italiano nei 400 stile e nei 200 misti. Dopo Londra, tra il 2013 e 2014, ha partecipato a Mondiali ed Europei, laureandosi Campione del Mondo e d’Europa con ben 8 medaglie, di cui 6 d’oro. L’anno scorso, ai campionati Mondiali di Glasgow, ha vinto tre argenti e l’oro nei 200 misti classe SM9, ottenendo così la qualificazione per le prossime Paralimpiadi di Rio de Janeiro 2016, 15esima edizione dei giochi dedicati ad atleti con disabilità, e si svolgeranno nella metropoli carioca dal 7 al 18 settembre, mentre i Giochi olimpici saranno dal 5 al 21 agosto.
Quest’anno, agli Europei di Funchal in Portogallo, Morlacchi è stato uno dei protagonisti. Cos’è il nuoto per un giovane atleta professionista? «Non è ancora un lavoro – afferma – ma, è prima di tutto una passione. Anche perché per essere considerato un lavoro dovrebbe essere retribuito. Purtroppo, questo avviene, ma non così tanto e non sempre nel modo giusto. Se pensi alla disparità che c’è tra olimpici e paralimpici… Ti do solo un piccolo dato: le medaglie olimpiche vengono pagate il doppio di quelle paralimpiche. Poi certo, le medaglie paralimpiche sono generalmente pagate un casino, ma esiste e resiste una certa disparità. Alcuni dicono che noi siamo più competitivi in più gare, rispetto ai normodotati».
Disparità che ci chiediamo come possa essere ancora presente, considerando che la vita e la professione di uno sportivo paralimpico non ha granché di diverso da quella di un olimpico, ma continua a incontrare maggiori difficoltà, anche economiche, di vera e propria sussistenza. «Il comitato paralimpico – spiega Federico – ti corrisponde un assegno di preparazione in base alla tua posizione nel ranking. Ad esempio, se sei quinto al mondo (che comunque significa essere un atleta forte), non ti viene corrisposto nulla. Io sono fortunato, trovandomi in prima posizione, ma devi essere costante nei risultati. Gli olimpici hanno la fortuna di avere il gruppo militare alle spalle, per noi non è ancora completamente così. Siamo assunti ma non arruolati. E ad oggi non abbiamo quasi mai dietro un’arma, un corpo dello Stato».
Peraltro in Italia, purtroppo, il nuoto non è così facile da praticare a livello agonistico, tanto che per esempio a Milano, dove studia e si allena Morlacchi, di impianti buoni per fare sport ce ne sono due. Due piscine da 50 metri al coperto. «Ci sono tutte le squadre normo ed è difficile incastrarsi. Abbiamo avuto la fortuna che Milano Sport ce le abbia date gratis, vediamo se con il nuovo sindaco sarà ancora così. Lo speriamo tanto noi del gruppo AcquaRio».
Il progetto AcquaRio 2016 unisce in un unico Team tre Regioni (Lombardia, Emilia Romagna e Sardegna), cinque Società sportive paralimpiche (POLHA Varese, Ego nuoto Parma, Polisportiva Bresciana No Frontiere, SASPO Cagliari e Pol Valcamonica), otto atleti con disabilità, due allenatori e uno staff tecnico completo (preparatore atletico, psicologa, fisioterapista, nutrizionista). Tra loro campioni plurimedagliati in campo internazionale del calibro di Federico Morlacchi, Arjola Trimi, Alessia Berra, Arianna Talamona, Giulia Ghiretti, Fabrizio Sottile e Francesca Secci. In questo modo atleti di territori e di società diverse hanno la possibilità di condividere la stessa preparazione atletica – che si svolge a Milano – senza rinunciare al tesseramento con la propria società.
«Siamo 5 società che si sono unite perché su Milano c’è un polo studentesco importante – racconta Federico-. Noi atleti siamo in città per studiare e allenarci. E proprio per avere la possibilità di nuotare ci siamo uniti in un gruppo, ci alleniamo insieme e le spese si dividono. È una bellissima iniziativa».
Ed è proprio con AquaRio che Morlacchi si sta allenando duramente per preparare la sua paralimpiade, la seconda dopo Londra, che racconta come la più grande rincorsa della sua vita: «Mi ricordo tutto. Ho stretto la mano al presidente di commissione del mio esame di maturità e sono volato in piscina per allenarmi. Una pazzia. Due mesi infernali. Il mio allenatore (Massimiliano Tosin, ndr) si era persino trasferito a vivere da me. A ripensarci è una cosa bella ma ho sofferto. La prima volta, come si dice, non si scorda mai, in ogni campo, no?! E poi gli inglesi come organizzazione sono spettacolari. E il pubblico molto preparato». Diversa sarà sicuramente l’esperienza che lo aspetta a Rio, è cresciuto e «mentre per Londra mi sono fermato per studiare – dice -, qua invece no. Nuoto costantemente e seriamente da gennaio. Mi alleno mattina e pomeriggio in acqua e ho tre allenamenti in palestra a settimana. Nuoto quasi cinque ore al giorno».
Perché per preparare una paralimpiade si vive in acqua, in palestra e costantemente sotto stress. «Se vivi il nuoto puramente come un lavoro – precisa – non ne esci vivo, gli allenamenti ti spingono talmente tanto a superare tuoi limiti di sopportazione fisica e mentale che se li vivi come un lavoro diventa difficilissimo portarli avanti. Proprio perché sei portato a stress che non sono umani, lo sconforto nel massimo carico a volte può arrivare. Se non pensi di smettere almeno una volta nella vita non sei un atleta. Capita che ci sia un allenamento storto, capita di chiedersi chi me lo fa fare?!».
Eppure con un filo di emozione che racconta la sua verità, Federico afferma che «non esisterebbe questa persona che hai davanti se non ci fosse il nuoto. Nuotando da 18/19 anni la mia persona si è sviluppata intorno all’acqua. Quest’ultima è proprio parte integrante di me».
Una parte importantissima, fondamentale, che forse lo ha aiutato a stare meglio, anzi, ancora meglio, nonostante quella piccola disabilità che lo accompagna fin da bambino, ma che non gli ha mai impedito di realizzare i proprio sogni: «Sono sempre stato circondato da persone intelligenti. In prima elementare, io andavo in giro per la classe gattonando, dopo un po’ ricordo che tutti i bambini gattonavano come me. Forse sembra una cosa stupida ma fa capire moltissimo quello che sto raccontando. C’è chi è basso, troppo magro, grasso, e chi ha questi problemi. I miei genitori sono stati spettacolari nel mio percorso di crescita, ho sempre fatto quello che desideravo. Poi, ovviamente incontri anche quello chi ti fa la battutina, ma dato che sono una persona normale, la maggior parte delle persone che ho incontrato mi ha sempre fatto sentire normale».
Determinato, e disposto a molto per inseguire e coltivare il suo talento, per Morlacchi «se vuoi i risultati devi essere portato alla sofferenza, perchè uno sportivo sperimenta livelli di stanchezza pazzesca». Ma l’atleta è fatto da un insieme di cose: la famiglia, la struttura, chi lo segue. «Io devo ringraziare il mio tecnico, Massimiliano Tosin, mi allena dal 2005 – afferma Federico – e siamo una coppia ferrata, ma anche Fabio Cerinotti che mi ha sempre seguito in piscina a Luino. E devo dire grazie anche alla mia società, la POLHA Varese. Ci sono state sinergie forti per potermi fare nuotare. Io sono io, ma ho dietro delle storie, delle persone che mi hanno accompagnato e spinto nel mio percorso. E le ringrazio tutte».
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