Ciclismo

Zeus e l’arte della cronometro

19 Maggio 2019

Come una giornata al mare, quando piove e fa freddo: poco spettacolare, ma impegnativa. Da Riccione a San Marino: 35 chilometri a cronometro. È il primo punto di svolta di questo Giro. Si sale verso il Monte Titano e non potrebbe esserci terreno più adatto per uno scontro tra i grandi pretendenti alla vittoria finale. Roba da Teogonia di Esiodo: Crono che divora i suoi figli, ma non tutti. Qualcuno si farà Zeus per qualche giorno, in attesa delle grandi montagne. Forse, più a lungo.

Non serve nemmeno giocare con l’epica classica per comprendere il senso di questa tappa. Basta tornare al Giro d’Italia 1979: Saronni contro Moser.
Era l’ottava frazione di quella “corsa rosa”. Si partiva da Rimini, però. 28 chilometri totali. Francesco Moser vestiva la maglia rosa fin dal prologo di Firenze. Sembrava il favorito. Invece, il giovane Beppe Saronni gli rifilò un minuto e 24 secondi di distacco. Conquistò la maglia di leader, Beppe, e non la lasciò più fino al traguardo conclusivo di Milano. Era nata una stella. Era nato l’ultimo grande dualismo della storia del ciclismo italiano.
Avevo le biglie di Moser e Saronni, quando giocavo in spiaggia da bambino. C’erano tutti i corridori del Giro, o quasi, ma mi ricordo solo le loro. Non sapevo niente di ciclismo, in famiglia nessuno seguiva lo sport con attenzione, ma non ce n’era bisogno: Moser e Saronni erano ovunque, sui giornali, sulle riviste, nei telegiornali. Altra Italia. Altri tempi. Migliori, collettivamente, nonostante ci fossero tanti problemi e tensioni.

Se mi aveste chiesto allora per chi parteggiassi, pur non capendo molto, non avrei avuto dubbi: Moser. Ho sempre avuto una peculiare forma di simpatia per lo “sceriffo”. Mi è rimasta, crescendo. Ma, se mi domandaste oggi chi preferissi tra Saronni e Moser, vi risponderei: Gibì Baronchelli.
Invece, se mi chiedete chi sia stato il mio cronoman preferito, lo specialista delle cronometro a cui mi sono più affezionato, la risposta è scontata: Marco Pinotti, da Osio Sotto, Bergamo.
Tutto quello che so dell’arte delle corse contro il tempo, me l’ha insegnato lui.
E potete impararlo anche voi, in qualche modo: vi basta leggere il capitolo “Le cronometro” del suo bellissimo libro “Il mestiere del ciclista” (2012).
Se esiste uno scienziato del ciclismo, quello è proprio l’ingegner Pinotti: Laurea vera, conseguita nel dicembre 2000; Maglia rosa indossata al Giro del 2007 e al Giro del 2011; quinto posto alle Olimpiadi di Londra 2012 nella crono su strada. Marco ha visto e capito tutto dello sport del pedale: come corridore, prima, e come tecnico, oggi.

Forma e sostanza si danno insieme in una cronometro. Bisogna essere composti ed efficienti per risultare efficaci. Serve anche un’indagine scientifica preliminare, che i corridori e le loro squadre svolgono prima della gara. Studiano il percorso, fanno ricognizioni meticolose, analizzano tutto: i cambi di pendenza, anche quelli minimi, le condizioni dell’asfalto, la direzione del vento e la sua variabilità, la temperatura dell’aria, i riferimenti visivi che è possibile assumere lungo la strada, eccetera.
Possono apparire noiose, le cronometro, agli occhi degli spettatori poco esperti. Per apprezzarle, bisogna riuscire a cogliere la loro peculiare ritualità: i contendenti partono da soli, a intervalli regolari. Non corrono insieme agli avversari e nemmeno contro di loro. Non corrono nemmeno contro il tempo, a dire il vero: corrono insieme al tempo, verso un traguardo stranamente vicino, dal punto di vista della distanza chilometrica, ma infinitamente lontano dal punto di vista dello sforzo psico-fisico richiesto. Così lontano, così vicino: come il titolo di un vecchio film del regista Wim Wenders (1993). Non è un caso. In quella pellicola trovate uno dei personaggi più affascinanti della storia del cinema: Emit Flesti (interpretato dall’attore Willem Dafoe). È lui, senza volerlo, a spiegarci l’essenza di una cronometro: «Se sei gentile, il tuo tempo è gentile. Se vai di fretta, il tuo tempo vola via. Il tempo è un servo se tu sei il suo padrone […] Noi siamo i creatori del tempo, le vittime del tempo, gli assassini del tempo. Il tempo è senza tempo». Lui sa di cosa sta parlando, perché Emit Flesti è un gioco di parole bifronte; se leggi il suo nome al contrario, questo diventa “Time Itself”: il tempo in persona.

Non ho mai visto l’edizione slovena del film di Wenders, ma non mi stupirei se Emit Flesti, lì, si chiamasse “Čilgor Žomirp”.
Del resto, nemmeno mi stupisco, oggi, nel vedere Primož Roglič tagliare il traguardo di San Marino con il tempo micidiale di 51 minuti e 52 secondi. Alla fine, vince proprio lui questa tappa sferzata dal mal tempo.
Gli resiste solo uno specialista come Victor Campenaerts, fresco detentore del Record dell’ora: piazzamento d’onore a 11 secondi. Vincenzo Nibali sfodera una delle migliori prestazioni a cronometro in carriera: incassa “solo” 1 minuto e 4 secondi di ritardo, piazzandosi al quarto posto di giornata.
È l’altro grande pretendente alla vittoria finale del Giro, Simon Yates, a pagare pesantemente: 3 minuti e 11 secondi. Tanto. Forse, troppo.
Valerio Conti fa segnare il 34° tempo e, meritatamente, conserva la maglia rosa: se tutto va liscio, riuscirà a portarla fino a giovedì prossimo. E sarà un grande risultato, per lui. Poi, dovrà diligentemente cedere al ritorno della mitologia ciclistica.

Il Giro se ne va da San Marino con il suo nuovo Zeus, figlio di Crono. Non indossa la maglia rosa, ma è come se l’avesse.
Arriva il primo giorno di riposo, portando con sé la sensazione che il solo Nibali possa vestire i panni di Prometeo. Per ora, Vincenzo è incatenato fuori dalla top ten della classifica generale. Ha già un minuto e 34 secondi da recuperare sul novello Zeus. Dovrà schivare le insidie delle due prossime tappe di pianura, per poi scatenarsi in montagna. Non sarà facile.
Io confido in Percy B. Shelley, che non ha mai partecipato al Giro d’Italia, ma sapeva raccontare le storie epiche.

 

Riferimenti

– Pinotti M. (2012), “Il mestiere del ciclista”, Ediciclo, Portogruaro
– Wenders W. (1993) “Così lontano, così vicino”, Road Movies, Germania
– Shelley P.B. (1820), “Prometheus Unbound”, C. and J. Ollier, London

Credits immagini di copertina: https://www.facebook.com/giroditalia

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