Ciclismo
Sagan più forte di tutto, le biglie più forti della paura?
Poteva essere un altro Giro delle Fiandre per Peter Sagan, l’ennesimo contrattempo di un annata che secondo molti sta dando meno di quanto promesso. La transenna centrata nel momento del massimo sforzo sul pavè, l’attacco del pedale sinistro che si sgancia ieri a Longwy, terzo traguardo di tappa del Tour, a conclusione di un finale vallonato quanto quello di una classica minore. Il Campione del mondo sembrava aver già risolto la gara a suo favore: i 1600 metri finali della Côte des Religieuses-in fondo un’erta modesta-parevano aver piegato le gambe a tutti tranne che a lui. Inghiottiti nel gruppo alcuni dei rivali annunciati-da Gilbert a Boasson Hagen, che comunque restano nella top ten generale-solo Daniel Martin, Michael Matthews e Greg Van Avermaet sembravano in grado di tenere la cadenza formidabile dello slovacco. L’imprevisto però coglieva il capitano della Bora-Hansgrohe nel momento del massimo sforzo, sul punto di alzarsi sui pedali.
Chiunque altro avrebbe probabilmente perso un numero di pedalate sufficiente a restare tagliato fuori dai giochi. Da ciclocrossista di razza, lui ha invece avuto il riflesso sufficiente a riagganciare l’attacco e poter esprimere così lo spunto necessario a contenere la rimonta di Matthews, sin qui probabilmente il più brillante nella media delle tre tappe.
A Sagan d’altronde il Tour porta bene da sempre. La maglia verde è suo terreno di caccia, le tappe sul massiccio centrale gli piacciono per la possibilità di giocare alla sortita da lontano, ed è in fondo qui, nella fucina torrida della Grande Boucle, che ha costruito la sua formidabile doppietta iridata. Non è mistero che quest’anno in Norvegia punti a uno storico tris, e nulla di meglio che un percorso di avvicinamento costellato di vittorie di tappa per consolidare quella gamba che Peter ha dimostrato di saper tenere da marzo a ottobre, senza segni evidenti di caduta di condizione.
Chi si aspettava quest’anno che alle classiche del Nord avrebbe annichilito la concorrenza, si è ritrovato a domandarsi dopo il Fiandre cosa fosse andato storto. Tutto e nulla, probabilmente. Sagan ha ancora una certa difficoltà di lettura di alcuni momenti della gara, ed è forse per questo che dopo la campagna del Nord ha deciso di cambiare qualcosa nella strategia di corsa, facendo lavorare più la squadra-che resta tutt’altro che eccezionale-nelle fasi d’attesa e presenziando direttamente nelle prime posizioni negli ultimi trenta chilometri. Niente più fughe-bidone, insomma. Per di più al Tour può fruire dell’aiuto indiretto di quelle formazioni, dalla Quick-Step al Team Sunweb dello stesso Matthews, sino alla Lotto-Soudal. L’avversario che ha mostrato più spesso di saperlo mettere alle corde, il campione olimpico Van Avermaet, sembra essere giunto al Tour con una condizione non ancora esplosiva. Sagan più insomma puntare ad allungare il suo filotto di vittorie.
Nel frattempo in gruppo tiene banco la questione delle maglie indossate dal Team Sky durante il cronoprologo. BMC e Fdj hanno inoltrato protesta ufficiale alla giuria, perché nel tessuto erano state applicate delle biglie, che migliorerebbero sensibilmente l’aerodinamica. Secondo Fréderic Grappe, directeur de la performance della squadra di Tibauth Pinot, e autore di numerosi best-seller sulla preparazione tecnica del ciclista agonista, i test condotti nella galleria del vento dimostrerebbero che in una distanza pari a quella della cronometro di Düsseldorf (14 chilometri) il vantaggio che si ottiene con questa soluzione è inscritto nel range da 15 a 25 secondi.
In maniera pilatesca la direzione di corsa ha dichiarato che la giuria del Tour non ha competenza in materia, appellandosi all’Uci, l’Unione ciclistica internazionale. La quale a questo punto è chiamata a esprimersi il prima possibile, per evitare che il dubbio persista sino alla cronometro di Marsiglia. A quel punto i giochi potrebbero essere già fatti, ma se fossero ancora in bilico (com’è accaduto per esempio al Giro) la questione della regolarità delle maglie Sky rischia di diventare dirimente. A nostro parere sull’esito del crono-prologo ha giocato molto di più il maltempo e lo spavento ricavato dalla caduta di Valverde. Chi è partito dopo l’impatto con la transenna del murciano fatalmente è stato condizionato. Ben più che da una manciata di biglie.
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