Ciclismo
Sagan o il Tour, chi ha perso di più?
“Sagan più forte di tutto”, titolavamo dopo la terza tappa. Deve averci creduto anche lui, o almeno è quel che viene da pensare a sole trentasei ore dalla vittoria “senza pedale” a Longwy. Perché da ieri sera alle sette il campione del mondo non è più in gara: è stato infatti espulso dalla corsa per la manovra che durante la volata a conclusione della terza tappa lo ha visto chiudere alle transenne Mark “Cannonball” Cavendish, procurando una rovinosa caduta (che ha coinvolto anche John Degenkolp), nel corso della quale il velocista britannico si è fratturato la clavicola (il tedesco invece ha riportato un trauma al tendine della spalla, mentre un terzo corridore, Ben Swift, è stato costretto a un vero e proprio salto mortale per evitare conseguenze peggiori).
Nello sprint, vinto da Arnaud Démare davanti al norvegese Kristoff, Peter Sagan non si è limitato a stringere Cavendish alla corda. Per contenere l’avversario in rimonta ha anche aperto in maniera visibile il gomito destro. É questo gesto che ha portato la giuria di gara a emettere alle 19 di ieri un clamoroso verdetto, con la cacciata dalla Grande Boucle dell’iridato. In precedenza, sulla base dell’articolo 10.1.2 del regolamento dell’Uci, Sagan era stato semplicemente declassato e retrocesso all’ultimo posto in classifica nella tappa di ieri, con 30 secondi di penalità.
Nel finale della tappa di ieri c’è stata un’altra caduta, a 1200 meri dal traguardo, quando ancora erano compatti i treni delle diverse squadre. Sempre Sagan ha provato a infilarsi tra i corridori della FDJ, che stavano pilotando in prima fila Démare, passando tra gli italiani Davide Cimolai e Jacopo Guarnieri, e provocando indirettamente-e senza colpa-il cambio di traiettoria di quest’ultimo, che ha finito per toccarsi col campione del mondo, ruzzolando a terra e trascinando con sé metà gruppo.
La pressione sui giurati era dunque molto alta. Il direttore sportivo della Dimension Data (la squadra di Cavendish) Rolf Aldag ha addirittura aperto seduta stante un profilo Twitter per protestare contro Sagan e invocare la sanzione più dura da parte dell’Uci. La decisione di espellere il corridore slovacco dalla corsa pare però eccessiva. Si tratta in definitiva di un gomito aperto e non di una gomitata, il cambio di traiettoria c’è ma senza decelerazioni o sterzate, lo stesso Cavendish nel provare a passare in quel corridoio ha in fondo compiuto un azzardo (anche se in maniera del tutto corretta). Più in generale, da quando la congestione nelle volate di gruppo rende difficilissimo arrivare agli ultimi due/trecento metri coperti dietro il treno della propria squadra, la lotta per posizionarsi è diventata ancora più muscolare, anche a causa della presenza in gruppo di cinque o sei sprinter peso-massimo (oltre a Sagan citiamo Kittel, Greipel, Degenkolp, Démare). Nessuno è disposto a tirarsi indietro, e spesso viene a crearsi una situazione simile alle gare su pista. Risuccederà, e forse servirebbe un deterrente diverso da un cartellino rosso.
Si poteva penalizzare Sagan senza cacciarlo? L’iridato è probabilmente il ciclista che più di ogni altro garantisce lo spettacolo, per le sue potenzialità ma anche per le qualità agonistiche e la sistematicità con cui rincorre il successo su tutti i terreni. Il percorso del Tour quest’anno è tutt’altro che complicato, il rischio di assistere a interminabili sgambate (a media piuttosto bassa per ora) in attesa di volate da mezzogiorno di fuoco è molto alto, i corridori in grado di sparigliare le carte non tantissimi, anche perché le tappe sono spesso molto lunghe e le sortite da lontano, anche causa il caldo torrido, destinate a concludersi al massimo nel premio giornaliero alla combattività.
La Grande Boucle però è uno spettacolo che genera un fatturato superiore a 100 milioni di euro (per fare un paragone quello del Giro 2017 curato da Cairo e dunque in sensibile crescita rispetto al 2016 si è comunque fermato a un valore di 40 mln). Il modello di business del Tour si basa per il 50% sui diritti Tv e per il 40% sulle sponsorizzazioni (il rimanente 10% viene versato dalle località sede di partenza o arrivo di tappa) e lo share in Francia è mediamente del 36/40%. Uno spot inserito nella cronaca della tappa può costare da 7 a 10mila euro, che diventano 15mila nelle tappe di montagna. Può la Amaury Sport Organisation (Aso), la controllata delle Editions Philippe Amaury (che pubblica L’Equipe e France Football), organizzatrice della kermesse in giallo (così come la Parigi-Dakar), rinunciare a cuor leggero all’atleta di maggior richiamo di tutto il gruppo. “Il campione del mondo non si butta fuori gara così. É come se avessero cacciato Vettel dal Mondiale di Formula 1 per la sportellata ad Hamilton”, mi ha detto stamattina mio padre a colazione. E mi sa che ha ragione.
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