Ciclismo

Le nostre pagelle: è stato comunque un Aru da 8,5

23 Luglio 2017

Con la kermesse finale sui Campi Elisi, vinta in volata dall’olandese Dylan Groenewegen in una cornice di pubblico più modesta del solito, si è chiuso il quarto Tour di Chris Froome, che per qualche giorno abbiamo sperato potesse diventare quello di Fabio Aru. Il keniano invece ha vinto centellinando le forze in corsa. Ecco il nostro pagellone finale:

Chris Froome 9
In salita non è il corridore imprendibile delle frullare del 2013/2015. In discesa non ha avuto bisogno di rischiare più del dovuto. Contro il tempo è tra i migliori. Un Tour insomma vinto all’insegna della polivalenza e della capacità di saper assecondare l’evoluzione della corsa senza dominarla, e facendo fare ai compagni di squadra gran parte del lavoro.

Fabio Aru 8,5
Da quando Froome è Froome in due corridori hanno provato seriamente a batterlo: il primo Quintana e Fabio Aru quest’anno. Il voto che diamo al capitano dell’Astana è una media tra la prima settimana (10), la seconda (9) e la terza (6,5). La squadra kazaka ha attraversato un’annata nera, con la perdita tragica di Michele Scarponi, le cadute di Kangert al Giro e Fuglsang e Cataldo al Tour. Fabio però è stato più forte di ogni sventura.

Rigoberto Uran 8,5
Da qualche anno non lo si vedeva a questi livelli. In salita è stato alla pari di Froome e di Bardet, sul passo si è difeso, non ha avuto i passaggi a vuoto che spesso hanno rovinato la sua partecipazione ai grandi giri. I Colombiani, che attendevano Quintana e Chaves, hanno riscoperto Don Rigoberto.

Roman Bardet 8
I Francesi avevano disegnato un Tour che si addicesse alle sue caratteristiche, con il minimo sindacale di chilometri a cronometro e un bel mix di salite adatte per pendenze a uno scalatore leggero. Bardet però è un grimpeur un po’ troppo schopenhaueriano, tutto volontà e rappresentazione, un passerotto da combattimento che la grandeur non basta a tramutare in un Poulidor e ha il merito maggiore nel cuore (a volte non governato dalla testa). E poi nemmeno Poulidor ha mai vinto il Tour.

Mikel Landa 8,5

Per lunghi tratti ha dato l’idea di poter fare qualsiasi cosa in questo Tour. Lo stesso aveva fatto al Giro, dopo essere uscito subito di classifica causa una caduta. Chiude al quarto posto, che poteva essere comodamente il terzo (ha mancato il podio per un secondo) se non avesse obbedito sino in fondo ai compiti di scuderia. Per me il favorito numero nelle corse a tappe del 2018.

Daniel Martin 8
Assente Valverde, Martin ha provato a incarnare la sua parte. Del corridore cioè che non è propriamente uno scalatore, e nemmeno un uomo da classifica. Ma che si disimpegna benissimo in salita e sul passo. Tutte le volte che ha potuto ha attaccato, senza però dare mai l’impressione di poter fare la differenza. Esce dal Tour comunque con una grandissima gamba (così come il britannico Yates, che ha conquistato la maglia bianca) e lo vedremo protagonista nelle prossime corse in linea.

Alberto Contador 7,5
Tra mille vicissitudini e difficoltà Albertino è riuscito a raddrizzare nella terza settimana un Tour cominciato male e probabilmente con una condizione approssimativa. C’è da chiedersi se gli convenga ancora proporsi come uomo da classifica o se forse nello scampolo di carriera che gli resta non gli si adattino meglio i panni del cacciatore di successi parziali.

Nairo Quintana 5
I corridori fanno una fatica terribile ed è sempre duro dare loro un voto negativo. Tuttavia Nairo ha deluso da ogni punto di vista: tenuta, personalità, spunto, spirito d’iniziativa. Dopo un Giro inferiore alle attese, al Tour ha confermato che oggi non è più possibile fare entrambe le corse ad altissimo livello nello stesso anno. Con lui è naufragata tutta la Movistar, con prove abbondantemente sotto le attese di Betancur e Amador.

Warren Barguil 8,5
Dopo la fiammata alla Vuelta di qualche anno fa, con due vittorie, quasi tutti lo credevano perduto per il ciclismo di primissima fascia. Invece esce dal Tour con due vittorie prestigiosissime in montagna, la maglia a pois e un piazzamento nei dieci della generale. I Francesi esagerando gli hanno dato anche il premio della combattività. Che tutti pensavano sarebbe finito all’irriducibile belga Thomas De Gendt.

Michael Matthews 9
Ha vinto due tappe e soprattutto è riuscito a strappare la maglia verde a Kittel, che pure di tappe ne aveva vinte cinque, e ce l’avrebbe fatta anche senza il ritiro del tedesco. É andato quasi tutti i giorni in fuga, ha fatto le volate, ha battagliato su ogni terreno, ha regalato spunti di grande classe. Ha fatto quel che aveva fatto Sagan nel 2016. Scusate se è poco.

Marcel Kittel 9
Un pokerissimo di vittorie ottenuto con volante perentorie, vinte con straordinaria personalità. E dire che era arrivato al Tour praticamente con la certezza di essere stato soppiantato in casa Quick-Step dal colombiano Gaviria, dominatore delle volate del Giro. Ha difeso la maglia verde sino a quando ha potuto, in qualche caso mostrando una brillantezza inedita nelle salite. Poi una caduta lo ha tolto dai giochi. Pur non essendo arrivato a Parigi, il suo resta però un Tour da 9.

Thomas De Gendt 8,5
“Ha delle giornate da Mercx e delle giornate da De Gendt”, si diceva prima di questo Tour del corridore belga della Lotto Soudal. Forse di giornate da Mercx non ne abbiamo viste. Nel senso che il nostro è tutt’altro che un cannibale. Se si escludono le cronometro, ha provato la fuga tutti i giorni. Ed era in testa al gruppo persino nella kermesse finale. Ma non ha raccolto nulla: 0 vittorie, 0 maglie, persino il premio per la combattività gli è stato negato a favore di Barguil. Eppure il Tour 2017 non sarebbe stato lo stesso senza De Gendt.

Michał Kwiatkowski 9
Campione del mondo, vincitore della Sanremo di quest’anno, Michal si è sacrificato come il più umile dei gregari, portando letteralmente le borracce a tutto il Team Sky e trainando il gruppetto degli uomini di classifica nelle salite. La vittoria di Froome per un buon 25% è sua.

Peter Sagan 5
La sua espulsione è stata ingiusta? Probabilmente. Ma due titoli mondiali impongono anche una determinata maniera di correre. Peter invece continua a fare il guascone, e nel gruppo qualcuno comincia a essere stanco di alcuni suoi atteggiamenti. A rimetterci è solo lui, che nel 2017 ha vinto per ora molto meno di quanto sperava.

Alejandro Valverde, Richie Porte, Gerain Thomas S.V.
Sono usciti subito (o quasi subito) di scena, vittime di cadute drammatiche. Valverde per pura sfortuna, Porte per un errore imperdonabile, Thomas per una maniera di correre e stare in bicicletta che forse andrebbe leggermente rivista. Restano corridori enormi e non sapremo mai come sarebbe finito il Tour con loro in corsa sino alla fine.

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