Ciclismo
La bellezza del ciclista umano Vincenzo Nibali
Forse pensavamo potesse esserci la vittoria del Giro d’Italia con una serie di imprese leggendarie di Vincenzo Nibali, padrone designato della 99esima edizione della corsa rosa. Un dominio stratosferico, condito da azioni eroiche da ciclismo d’altri tempi. Invece no. La strada, giorno dopo giorno, ha raccontato un’altra storia. Con uno Squalo che annaspava, talvolta al limite del naufragio. La buona volontà non è mai mancata, ma la gamba sì. Quella è venuta meno in più circostanze. Tanto che qualcuno vociferava un ritiro. Come se fosse uno che scappa di fronte alle responsabilità e alle sconfitte.
Chi solo ha pensato alla sua uscita di scena, ha ignorato una realtà. La bellezza di Vincenzo Nibali non è solo il suo talento, che resta ovviamente puro e fuori da qualsiasi discussione. Ma lui, probabilmente, non è il più forte ciclista al mondo. Forse, in senso assoluto, Chris Froome è più forte, almeno nelle corse a tappe. E, ammesso che sia vero, questo non importa. Il fascino, quello che rende Nibali un campione amato, è il suo lato umano. Nel bene e nel male riesce a trasmettere emozioni forti, a lungo celate dagli amanti del pedale italiani. Riesce a esaltarti quando vince, in maniera imprevista con azioni memorabili. E magari – talvolta – riesce a deluderti, quando attendi la vittoria “facile”, sempre che nel ciclismo esiste qualcosa definibile come semplice. Era accaduto già al Tour de France del 2015 ed è successo di nuovo a Risoul, Giro 2016. Con un’emozione talmente forte che qualsiasi discorso sulla vittoria finale deve essere rimandato al giorno dopo.
Da Nibali, tornato al Giro d’Italia, dopo due anni di assenza, volevamo le emozioni. Forti. Vibranti. Di quelle che vanno fuori dall’ordinario, come solo il ciclismo sa dare quando vedi un atleta che – in pieno maggio – pedala al fianco di muri di neve a poco meno di 3mila metri di altitudine. Roba che ti manca l’aria solo a pensarlo, immaginate a farlo. E Nibali ha saputo farci mancare l’aria, sul Colle dell’Agnello prima. E salendo a Risoul, poi, quando ha staccato uno scalatore puro come Esteban Chaves. Dimostrando che la vittoria non era solo frutto di un caso. Ma, soprattutto, lo Squalo ci ha fatto piangere con lui, quando ha superato il traguardo.
Devi fare login per commentare
Accedi