Ciclismo

Froome va a sbattere su un muro in cima ai Pirenei, Aru gli strappa il giallo

13 Luglio 2017

Fabio Aru maglia gialla. Froome come l’albatros di Baudelaire, bellissimo ancora ai 300 metro, schiantato al traguardo. Cos’è successo oggi al Tour? Torniamo in telecronaca, a un chilometro dal traguardo, poco prima che l’erta finale della prima tappa pirenaica, da Pau a Peyragudes, si rafforzi di colpo dopo un tornante, trasformandosi in un impressionante drizzone al 16%, con passaggi superiori al 20%. Il gruppo della maglia gialla, che sul Peyresourde sotto le cadenze impressionanti di Kwiatkowski si è sgravato di un Quintana irriconoscibile, del dolorante Fuglsang e infine anche di un Contador apparso comunque in ripresa, ha ripreso anche l’ultimo fuggitivo di giornata, lo stoico campione britannico Stephen Cummings. Pure Warren Barguil e il nostro Damiano Caruso hanno ceduto. Dopo Kwiatowski è Nieve a fare il ritmo per una Sky raramente apparsa così coriacea e compatta, nonostante la sua proverbiale consistenza al Tour.

L’ultimo apripista dl Froome è Mikel Landa, e la sensazione è che lo spagnolo abbia qui alla Grande Boucle la stessa gamba spettacolare vista al Giro. Se potesse correre da capitano, sarebbe da podio. Ai settecento metri il sorprendente neozelandese George Bennett tenta lo scatto. Landa lo riprende senza nemmeno alzarsi sui pedali, di puro rapporto, e intanto osserva le immagini del gruppetto alle sue spalle nel riflesso dei tabelloni. Il severissimo controllo che la squadra britannica ha impresso a tutta la frazione, tenendo costantemente in testa il treno dei propri gregari, lascia supporre che Froome abbia intenzione di giocarsi la vittoria di tappa. In premio ci sono gli abbuoni, ma anche il prestigio di un successo sui Pirenei.

Ma nessuno ha probabilmente preso per bene le misure allo strappo finale. Che sia qualcosa che sfugge alle regole del Tour lo si capisce quando Daniel Martin prova a risalire il gruppetto. Il britannico è uno che è arrivato due volte consecutive dietro Valverde alla Freccia Vallone. Qui Valverde non c’è, e dunque pare il logico favorito. Invece fa una fatica dannata, come se l’erta fosse ancora più dura del Muro di Huy. Eppure l’anno scorso Martin sui Pirenei era scattato a ripetizione proprio sul Peyresurde percorso oggi, ed era arrivato secondo dietro Froome nella tappa conclusa a Bagnères de Luchon. É quel tipo di arrivo che esaltava Purito Rodriguez, in cui bastano poche centinaia di metri a scavare abissi.

Lo si capisce a 325 metri dal traguardo, quando Fabio Aru rompe gli indugi. Il sardo prova uno scatto secco, la massima pendenza però è proibitiva, e deve zizzagare da un alto all’altro della carreggiata, tirandosi dietro come avesse appeso un cordino invisibile tutti gli altri, Bardet, Uran, Froome, Martin, Landa e Meintjes. Ai 225 mt Froome improvvisamente si pianta. Il keniano non riesce a esprimere la sua frullata, costretto com’è a ondeggiare dietro agli altri concorrenti diretti. Restare sul posto, e a 94 metri dalla linea d’arrivo ricade pesantemente sulla sella. Proprio nello stesso momento Uran, che sembra avere un rapporto più pesante, e Bardet, che invece procede d’estrema agilità, come se non avesse peso, passano Aru. Non lo saltano. Semplicemente su queste pendenze hanno qualcosa in più in termini di efficienza, il che è sufficiente per sopravanzare il sardo all’arrivo. Ma quel che conta succede alle spalle: Landa giunge a 5 secondi, Meintjes a 7, Martin a 13. Froome sembra non arrivare più, i secondi alla fine sono 22, che in 225 metri rappresentano un’eternità.

Per effetto dell’ordine d’arrivo, Aru strappa la maglia gialla al capitano della Sky, anche se per soli 6 secondi. Bardet è a 25, Uran a 55, dopo che gli sono stati comminati 20 secondi di penalità per rifornimento non autorizzato (in molti hanno detto che anche Bardet avrebbe preso una boraccia fuori dagli spazi e dalle modalità prescritte). Con Martin, che è quinto a 1.41, inizia già un’altra classifica. Yates, che corre da regolarista e oggi è arrivato a 27 secondi, è a 2.13. Landa, che a me dà la sensazione di poter spaccare il mondo, è a 2.55. Sky è una squadra seria (ricordiamo come lo stesso Froome rispettò le consegne nell’anno della vittoria di Wiggins), ma è chiaro che se qualcosa dovesse andar storto, l’alternativa in casa c’è, persino dopo l’abbandono di Thomas. Quintana, che oggi è arrivato con Contador e Caruso a due minuti, è ormai a 4.01, tagliato fuori da tutti i giochi. La scelta di fare Giro e Tour non ha pagato, e le difficoltà di Nairo sono oggi amplificate dall’incidente occorso a Valverde e al pessimo Tour che sta facendo tutta la Movistar. Chiudono la top ten Mejnties e Bennett, comunque sotto i cinque minuti, anche se oggettivamente non hanno mai mostrato né la personalità né la gamba per poter fare più della loro attuale classifica. Contador, che ha la prima ma non la secondo, è undicesimo, a ormai 11 minuti.

Tutti ora si domandano cosa accadrà sulle Alpi, quando si salirà oltre i 2mila metri. Io non vado oltre la tappa di domani, tredicesima frazione, da Saint Girons a Foix, di soli 101 chilometri, cosa estremamente peculiare per i professionisti: è più una distanza da esordienti. Di più, gli ultimi 27 sono di discesa. Prima ci sono tre colli di prima categoria. Attenzione perché potrebbe rivelarsi un trappolone. Se vuole la Sky può trasformarla in una specie di cronosquadre di trampolino per un’impresa di Froome nei 30 Km finali. Difficilmente un chilometraggio così corto consentirà di dar vita a fughe di giornata. E quando non c’è tempo di carburare, le reazioni sono molto diverse da fisico a fisico, perché il massimo sforzo è fatto quasi a freddo. Aru peraltro ha la squadra a pezzi: deve sperare che sia la AG2R di Bardet a sobbarcarsi almeno in parte il confronto con la formazione britannica.

Resta però una constatazione: alla vigilia della tappa di oggi in molti pensavano che a Peyragudes Froome avrebbe chiuso i giochi. Non è avvenuto, nonostante la performance impressionante della sua squadra. Per capire cosa accadrà da qui a Parigi bisogna partire proprio da questa constatazione. Se si ripresentasse una situazione di difficoltà più lontani dal traguardo, a qualcuno potrebbe venir la tentazione di cambiare cavallo. Mikel Landa è pronto, da stasera anche il suo nome è buono per il podio sotto l’Arc de Triomphe.

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