Ciclismo
Fabio Aru, stasera Parigi è leggermente più vicina
Non sono molti gli arrivi in salita di quest’edizione del Tour. Tecnicamente tre, a cui si aggiungono naturalmente le tappe pirenaiche e alpine con molti colli da scalare. Ma, si sa, ormai la tattica vuole che difficilmente gli attacchi arrivino prima dell’ultima salita. E la tappa di oggi, che attraversava la regione dei Vosgi per arrivare a La Planche des Belles Filles, era particolarmente temuta per l’erta finale di 5 chilometri, con una pendenza intorno al 10% e alcuni racci al 20%.
Il campione d’Italia Fabio Aru ha fatto sua la corsa, con un attacco a 2,4 km dall’arrivo che ha lasciato sul posto gli altri big. Solo Chris Froome ha tentato una reazione, sciorinando una delle sue proverbiali frullate, con il risultato di piegare le gambe al colombiano Nairo Quintana e tirare il collo agli altri contendenti diretti per la vittoria finale, dal tasmaniano Richie Porte allo spagnolo Alberto Contador, dal francese Romain Bardet al britannico Daniel Martin.
La gamba di Aru è parsa persino superiore a quella che gli aveva consentito nel 2015 di vincere la Vuelta di Spagna. Con le sue pendenze vertiginose, la tappa di oggi poteva in effetti ricordare un’erta iberica, come l’arrivo a Cercedilla in cui Fabio riuscì, anche grazie al lavoro di squadra dell’Astana, a far fuori l’olandese Dumoulin.
Proprio il gioco delle diverse formazioni dei leader costituisce in sede di commento lo spunto polemico più interessante della quinta tappa: La Bmc di Porte infatti ha inseguito tutto il giorno la fuga di giornata, che vedeva protagonisti Jan Bakelants (AG2R-La Mondiale), Mickaël Delage (FDJ), Edvald Boasson Hagen (Team Dimension Data), Philippe Gilbert (Quick Step Floors), Thomas De Gendt (Lotto Soudal), Thomas Voeckler (Direct Énergie), Dylan van Baarle (Cannondale-Drapac) e Pierre-Luc Périchon (Fortuneo-Oscaro). Nessuno di loro ambisce alla classifica, e però tanto Boasson Hagen che Gilbert figuravano tra i primissimi della graduatoria parziale.
Dunque l’occasione era ghiotta per far sfiancare i fortissimi passisti della Sky, costringendoli a tenere sotto controllo il distacco. Invece la squadra americana ha voluto assumere il pallino del gioco, correndo di fatto per Froome e Thomas, che stasera si trovano primo e secondo in classifica, davanti ad Aru. Tutti hanno immaginato che l’accanimento con cui i cronomen della Bmc hanno inseguito i fuggitivi preludesse a un attacco di Porte, che non è arrivato né in prima né in seconda battuta. Solo quando il lavoro degli americani si è esaurito, e ormai il ritardo del gruppo era sceso sotto il minuto, è intervenuto il polacco Michał Kwiatkowski, già campione del mondo e vincitore della Sanremo di quest’anno, qui in versione gregario di lusso. Sulla sua spinta la fuga di giornata si è esaurita ai meno 4 km dal traguardo, aprendo allo scontro diretto tra i big.
Nonostante la brillantezza del gesto con cui si è liberato degli avversari con un esercizio di massima intensità non superiore al minuto, lo stesso Froome ha destato con la sua condotta qualche perplessità. Dopo aver continuato in progressione ha infatti improvvisamente scartato, dando l’idea di chiedere un improbabile cambio a Porte o Martin. In quel momento il distacco da Aru era sceso sotto i dieci secondi, ma la breve fase di surplace ha permesso al sardo di consolidare il proprio vantaggio e difenderlo sino all’arrivo.
Non sappiamo se da oggi in avanti Fabio potrà ancora godere di questa libertà e approfittare ancora delle schermaglie tra i tre anglosassoni. Oggi ha fatto quello che i francesi si aspettavano da Bardet, ripetendo di fatto l’exploit della corsa tricolore. Continuare a insistere nel paragone con il successo di Nibali è forviante. Aru è un altro tipo di corridore, meno passista e più scattista, e questo è un altro tipo di Tour rispetto a quello che ha portato a casa Vincenzo. Ma da stasera la strada per il podio di Parigi sembra leggermente, e perdonateci l’abuso di avverbio fantozziano, più in discesa.
Devi fare login per commentare
Accedi