Ciclismo
Come le nuvole sopra Carapaz [e il suo dominio signorile]
È un dominio totale, ma signorile, quello che Richard Carapaz ha esercitato su questo Giro d’Italia. Il tappone dolomitico di ieri, da Feltre a Croce d’Aune-Monte Avena ne ha fornito una definitiva e simbolica rappresentazione. Due atti distinti e distanti, ma intrinsecamente legati.
Il primo va in scena dopo soli 75 km, quando ne mancano tre alla vetta del Passo Manghen, spaventosa salita che avrebbe potuto costituire l’ultima rampa di lancio per (disperati) tentativi di sovvertimento della classifica generale. Miguel Angel Lopez porta l’attacco precoce che molti avevano preventivato. Non era una previsione difficile, date le propensioni del corridore e il suo sesto posto in classifica. A sorpresa, però, non sono Vincenzo Nibali e Primož Roglič a seguirlo, per tentare di approfittarne: sono proprio Carapaz e Landa, in versione “gregario di lusso”. E lo fanno con una facilità impressionante e disarmante.
È il messaggio definitivo per tutti: state tranquilli, non provateci, o vi costerà caro. Infatti, Nibali e Roglič accusano immediatamente il colpo: scollinano con venti secondi di ritardo rispetto al terzetto della maglia rosa. Si lanciano avventurosamente in discesa e riescono a riagganciare i tre. È la fine di qualunque remota speranza di insidiare la supremazia della Movistar in questo Giro.
Da lì in poi, la tappa si normalizza, almeno per quanto riguarda lo scontro tra “big” di classifica. Ma è molto bella, agonisticamente, per i continui tentativi che si susseguono tra gli uomini in cerca della vittoria di giornata.
Soprattutto, è una frazione strepitosa dal punto di vista dei territori e dei paesaggi attraversati. È anche la rivincita della regia televisiva della RAI, che propone “cartoline” di assoluta bellezza, una dopo l’altra. Il meglio arriva proprio nel finale, quando la corsa transita nei pressi del Lago Schenèr, bacino artificiale all’estremità orientale della provincia di Trento. Immagini di livello assoluto, in linea con i migliori standard della regia francese del Tour: chapeu!
Il terreno decisivo della tappa, come quasi sempre succede nelle frazioni impegnative di montagna, diviene l’ultima salita. Lungo l’ascesa al Monte Avena, Roglič subisce l’attacco finale di Nibali, Landa e – ovviamente – dell’intangibile maglia rosa. Alleanza di giornata per consolidare ulteriormente i primi due posti in classifica generale e favorire l’accesso di Landa al terzo gradino del podio. In testa alla corsa c’è Maduas, seguito da Nieve, Ciccone, Kangert e Pello Bilbao. Presto saranno raggiunti.
Lopez, nel frattempo, è stato gettato a terra da un tifoso maldestro, che riceve in cambio una scarica di sberle. Non è un bello spettacolo.
A tre chilometri dal traguardo, va in scena il secondo atto della rappresentazione del dominio di Carapaz. Si mette in testa a tirare, a lungo, alternandosi con Nibali. Quando Landa, per naturale rotazione, si ritrova in testa al gruppetto, Carapaz lo affianca e, letteralmente, lo sposta con un gesto deciso del braccio, come a dire: ci penso io a fare l’andatura, tu prova a vincere la tappa.
Per un istante, mutatis mutandis, mi sembra quasi di rivedere Bradley Wiggins che, nell’ultima frazione per velocisti del vittorioso Tour del 2012, vestendo la maglia gialla, si presta ad aprire la strada per lo sprint di Mark Cavendish, a lungo sacrificatosi per gli obiettivi di squadra.
È solo un attimo. Un’associazione mentale repentina ed impropria. Non ha senso paragonare un corridore immenso come Wiggo al giovane Richard Carapaz. Troppe differenze tecniche e di personalità. Ma resta l’immagine del leader che si fa carico delle legittime aspirazioni del compagno che ha lavorato per lui.
O, almeno, questa è l’interpretazione positiva che io voglio dare del gesto e del piglio di Carapaz. Se sbaglio, sbaglio a fin di bene.
Alla fine, né Landa né Nibali riescono a vincere la tappa: Pello Bilbao fulmina tutti in volata ristretta, anche il sempre più bravo e sorprendente Giulio Ciccone.
Roglič accusa un ritardo di 54 secondi, comprensivi di una penalizzazione dovuta a improvvide e prolungate spinte ricevute in salita da alcuni spettatori. Perde momentaneamente il terzo gradino del podio. Potrà riconquistarlo oggi, nella cronometro conclusiva di Verona. Il secondo posto di Nibali, in classifica generale, sembra piuttosto sicuro, ormai.
Lungo i 17 chilometri del circuito delle Torricelle, Carapaz pedalerà leggero in compagnia del tempo: come le poche e cortesi nuvole previste nel cielo scaligero. L’entrata all’Arena di Verona sarà uno spettacolo indimenticabile, per tutti. Per lui sarà anche, letteralmente, l’inizio di una nuova vita. Migliore.
Saranno le ultime ore di questa edizione numero 102 del Giro d’Italia.
Poi, servirà una riflessione conclusiva e collettiva, perché il Giro siamo noi.
Nessuno si senta escluso.
Credits foto di copertina: https://www.facebook.com/giroditalia
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