Ciclismo

Chris Froome ha almeno cinque malattie rare da ospedale: solo sfiga?

17 Luglio 2015

Siete affaticati, sentite le gambe molli, avete l’asma o il mal di reni, soffrite di qualche malattia venerea o avete qualche deficienza immunitaria? Bene, potete ambire a vincere il Tour de France. Basta con la stucchevole tiritera che lo sport fa bene. Che lo sport è salute. Che lo sport allunga la vita. Balle. Lo sport fa male e più state male e meglio starete.  Venite qui al Tour e vedrete con i vostri occhi un manipolo di ragazzi che sono il manifesto della malattia, altro che salute. Visi smunti, pallidi e magri, gambe tirate come aringhe. Passeggiare per un hotel dà la sensazione di attraversare la corsia di un ospedale, qui tutti soffrono di anoressia, nel senso che i livelli di massa grassa sono limitatissimi. Non tutti, sia ben chiaro, gli uomini di classifica fanno quasi impressione, ad eccezione di Vincenzo Nibali, che onestamente è magro, tirato, ma non ha il volto della sofferenza e della malattia come molti suoi colleghi. Difatti gli altri che sembrano malati stanno benone. Lui sembra stare benone non muove la bicicletta, per dirla in gergo ciclistico.

Da giorni la maglia gialla Chris Froome ha allontanato tutti i suoi diretti avversari e ha avvicinato a se i dubbi e i sospetti. «Va troppo forte, i suoi dati fisiologici hanno qualcosa di inspiegabile», scrivono i “suiveurs” del Tour. Da giorni circolano in rete video sulle prestazioni fantascientifiche del britannico, e commenti spietati sul campione del Team Sky. È bene dire che da che mondo è mondo e da che Tour è Tour, la maglia gialla è sempre stata accompagnata dal dubbio. Dalle bombe dei “Giganti della strada”, passando per Merckx, Hinault, fino alla nuova epoca, quella dell’Epo.

Ma quello che colpisce in questi ultimi anni è che quasi tutti i corridori stanno male, hanno qualcosa. Prima di presentare i propri documenti di riconoscimento, tirano fuori i certificati medici. Chris Froome, anche in questo, è un autentico fuoriclasse: fino ad un anno fa combatteva nello stesso tempo almeno cinque malattie gravi.

Cosa ha? Di tutto e di più. Intanto soffre di asma cronica. Un anno fa, al Giro del Delfinato, fu inquadrato dalla tv mentre in corsa inalava dei “puff” di Ventolin: «ne soffre fin da bambino», hanno fatto sapere prontamente gli uomini del team Sky. Al Giro di Romandia fu accusato di essere difeso e protetto – proprio come accadde a Armstrong – dall’Uci, il governo mondiale della bicicletta, e per questo di poter fare ricorso a suo piacimento ad un corticoide, il prednisolone, senza seguire le procedure del caso. Qualche anno fa, due bravissimi e scrupolosi colleghi del “Daily Mail” (Nick Harris e Teddy Cutler), ricostruirono con scrupolo e puntiglio gli ultimi tre anni della vita di Froome, scoprendo che il britannico quando non era in bicicletta faceva il giro dei medici. Ha consultato almeno otto specialisti in sei cliniche distribuite su quattro diversi Paesi. Nello stesso periodo si sarebbe curato assumendo più di una dozzina di dosi di almeno sei diversi farmaci per cinque distinte patologie.

Non è un mistero che Froome abbia sconfitto qualche anno fa la schistosomiasi, una malattia parassitaria tropicale che si prende dall’acqua contaminata e che lo ha tormentato per quattro anni. Per non farsi mancare nulla, poteva uno come Froome non prendere il tifo? Certo che no. Preso trattato e sconfitto con Gabbroral e Azimax. Soffre però anche di orticaria che cura con antistaminici. Credete davvero che sia finita qui? Certo che no, soffre anche di un’altra malattia parassitaria, la blastocistosi, che causa diarrea, crampi addominali e perdita di peso, e che va risolta con massicce dose di antibiotici.

Se Fausto Coppi ha portato nel ciclismo la cura dell’alimentazione e Francesco Moser ha condotto questo sport nell’era della scienza, Lance Armstrong ha “approfittato” della malattia (certa e vera, sia ben chiaro), per condurre il ciclismo dritto dritto nei laboratori di ricerca, tanto da far parlare anche di inizio di una nuova era del doping: quello genetico. Non è un caso che un suo compagno di squadra, Floyd Landis, che al Tour del 2006 doveva essere aiutato a scendere di bicicletta perché zoppica vistosamente, arrivò in ogni caso a trionfare sui Campi Elisi, e immancabilmente qualche settimana dopo fu trovato positivo e squalificato. Scontate e prevedibili anche le sue motivazioni. «Scusatemi, ma soffro di tiroide da tempo. Sono molto malato e necessito di cure».

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