Calcio
Pallone d’oro 2019, non c’è vera gloria per i numeri uno
Portieri in castigo sin da bambini. Quando nelle partitelle in cortile sotto casa a finire in porta sono sempre i bimbi più piccoli o quelli meno dotati tecnicamente. Una punizione che non finisce mai, nemmeno per chi raggiunge l’Olimpo del calcio. Puoi pararle tutte, alzare una Champions League, che sembrava insperata dopo la semifinale d’andata (Barcellona-Liverpool 3-0 poi ribaltata con un clamoroso poker ad Anfield, ndr), e chiudere la stagione conquistando anche la Coppa America, subendo un solo gol e per giunta su calcio di rigore: tutto ciò non è bastato ad Alisson Becker, portiere del Liverpool e della nazionale del Brasile, per conquistare il Pallone d’Oro 2019 che va a Messi, sconfitto due volte quest’anno dal portiere brasiliano, prima col club e poi con la Nazionale.
Alisson deve “accontentarsi” del premio Yachine, il pallone d’oro dei portieri, introdotto da quest’anno, e intitolato al russo Lev Jašin, l’unico portiere a cui è stato assegnato il premio istituito dalla rivista francese France Football. Premio prestigioso, per carità, ma quasi a certificare ufficialmente il divieto di assegnare il riconoscimento a chi difende i pali.
Miracoli volanti che in passato non sono bastati neanche a Zoff, Buffon, Neuer e qualche altro angelo custode della porta. Niente di nuovo. Perché il portiere nella sua solitudine non incarna al meglio quel personaggio che fa gola agli sponsor. Un tunnel, un gol su punizione o in sforbiciata resteranno impressi nella memoria dei tifosi più di qualunque parata. Anche per questo Alisson, seppur protagonista di una stagione perfetta, non ha mai avuto alcuna reale speranza di vincere il Pallone d’oro. Un portiere con un gran senso della posizione: efficace, essenziale, poco plateale e sempre al suo posto. Un vero numero uno. Ma non a livello mediatico.
PALLONE D’ORO 2019: LA CLASSIFICA COMPLETA DI FRANCE FOOTBALL
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