Calcio
Neanche più il calcio libera i giornali dal feticismo per la politica
L’Italia non sarà ai mondiali di calcio. Alcuni tra i grandi giornali, però, il giorno dopo hanno aperto sui consueti bisticci tra Renzi e Bersani. C’è, in questa scelta, la rinuncia a ogni rapporto con la realtà mentre si dichiara apertamente l’informazione ridotta a feticismo d’ogni gemito di Palazzo, e persino di quelli disponibili ogni giorno come è appunto il caso dell’eterno dibattito nel centrosinistra; ché già scriverlo qui – in questa mezza riga: «Dibattito nel centrosinistra» – produce tedio a morte, figurarsi l’apertura di un intero quotidiano, figurarsi poi con la nazionale di calcio fuori dal mondiale.
Il fatto è che da tempo i giornali hanno programmaticamente smesso di scrivere delle cose del mondo, relegando la cronaca a banale abbellimento del retroscena politico o giudiziario. Da queste parti lo si è provato a raccontare spesso, prendendo spunto da questioni molto più serie di quanto non sia una eliminazione dai mondiali di calcio, come ad esempio, è accaduto con le elezioni americane o con le stragi avvenute a Bagdad. Ora quella stessa rinuncia alla realtà da parte dei giornali c’è stata anche di fronte a una notizia meno drammatica ma, pur sempre, assolutamente e semplicemente notizia come è appunto la mancata qualificazione della nazionale di calcio dai mondiali.
Si tratta di una notizia che mescola sport, cronaca, economia, e che avrebbe consentito un notevole racconto di costume di questo paese. A ciò si è invece preferito, nelle prime pagine e persino nello sfoglio interno, il letargico resoconto di uno dei tanti passaggi dell’estenuante dibattito interno al centrosinistra che quasi non interessa più neppure agli elettori di quelle stesse forze politiche. È una scelta che racconta molto di chi i giornali li fa e di un’ossessione che sta allontanando i giornali dalla realtà ma anche dai lettori.
Il calo progressivo e ineluttabile dei lettori lo testimoniano i dati appena resi noti da Prima Comunicazione. Un dato per tutti: non c’è più neanche un quotidiano che superi le 300mila copie. Si tratta di una circostanza catastrofica per questo settore ed è anche il punto di arrivo – almeno per il momento – di un processo che va avanti da mesi e di cui, peraltro, tutti sono consapevoli. Nonostante questo, non accade nulla, neppure una mezza correzione di rotta e, anzi, quegli stessi che scelgono di aprire il giornale con le notizie del milionesimo bisticcio tra Renzi e Bersani nel giorno in cui la nazionale finisce fuori dal mondiale, poi son lì a spiegare che la crisi dei giornali dipende soprattutto da internet, dalle fake news, dai social network. E però ciascuna di queste spiegazioni appare, oramai sempre più chiaramente, soltanto come la più comoda delle vie di fuga da ogni responsabilità per chi i giornali li fa.
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