Calcio
La vera storia dell’Europeo itinerante (o della maledizione turca)
Dopo il rinvio dello scorso anno dovuto alla pandemia, si stanno finalmente disputando i Campionati di Europei di Calcio, nella prima edizione itinerante suddivisa tra undici Paesi così come fortemente voluto dall’allora presidente dell’UEFA Michel Platini allo scopo di celebrare, con un’edizione speciale e condivisa tra i Paesi europei, il 60° anniversario della competizione (la cui prima edizione si tenne nel 1960 in Francia). Questa infatti la motivazione ufficiale del progetto, affiancata dalla volontà di contenere i costi distribuendo l’onere organizzativo e infrastrutturale su più Paesi. Ma qual è stata l’effettiva origine di questo nuovo formato?
La nostra storia comincia nel maggio 2012. Platini è preoccupato. E a togliergli il sonno non sono gli imminenti Europei di Polonia e Ucraina. O perlomeno, non più. Anche questa infatti è stata una bella gatta da pelare: i ritardi dei lavori, specialmente sul fronte ucraino, sono stati considerevoli e hanno alimentato le ipotesi più disparate, tra cui addirittura la sostituzione dell’ex repubblica sovietica con la Germania, forte dell’organizzazione dei Mondiali 2006 e quindi in grado di subentrare con preavviso minimo. Ma alla fine i problemi sono stati risolti e tutto è pronto per il calcio di inizio previsto per l’8 giugno a Varsavia.
No, il pensiero dell’ex campione della Juventus è già proiettato oltre. E l’oggetto sono sì gli Europei, ma quelli del 2020. E dire che sulla carta non avrebbero dovuto esserci problemi. La Turchia, che aveva sfiorato l’organizzazione dell’edizione 2016, perdendo per un soffio (7 voti a 6) il ballottaggio con la Francia, è ormai considerata una candidata pienamente affidabile ed è la vincitrice annunciata. Non a caso, il 17 aprile la Federazione Turca è stata la prima a presentare la propria candidatura, con largo anticipo rispetto al termine ultimo del 15 maggio. Per il resto, però, calma piatta. Forse proprio perché tutti si aspettano la vittoria turca, nessuna candidatura di peso si fa avanti. Le acque cominciano a muoversi solo il 14 maggio, quindi il giorno prima della scadenza ufficiale: le Federazioni Gallese e Scozzese presentano una candidatura congiunta, e il giorno dopo ad esse si aggiunge la Federazione Irlandese, per quella che sarebbe la prima edizione del torneo ospitata da tre Paesi diversi. Sempre il 15 maggio giunge anche la candidatura da parte della Georgia, cui qualche giorno dopo si unisce l’Azerbaigian, non appena viene annunciato che la capitale Baku non è stata ammessa tra le finaliste per l’organizzazione dei Giochi Olimpici del 2020.
Il quadro comunque non entusiasma i vertici dell’UEFA: il Piano A è la Turchia, e su questo ci sono poche discussioni, ma il Piano B non sembra molto solido. Né la candidatura celtica né quella caucasica, infatti, paiono convincenti. Anzitutto, sono entrambe candidature arrivate sul filo di lana, peraltro con federazioni aggiuntesi all’ultimo momento (o addirittura oltre). Inoltre, entrambe sembrano destare preoccupazioni sulla reale capacità di ospitare un torneo che a partire dal 2016 coinvolgerà 24 squadre e 51 partite da disputare in almeno 9, idealmente 12 stadi. Per giunta, Scozia e Galles si erano già candidate per ospitare l’edizione del 2016 e si erano ritirate dalla corsa proprio a seguito della decisione da parte dell’UEFA di allargare il torneo da 16 a 24 squadre. Ulteriori preoccupazioni derivano dalla situazione finanziaria dell’Irlanda (ricordate i PIIGS?) e dalla lontananza di Georgia e Azerbaigian dal resto del continente.
Ma il vero problema è che lo stesso Piano A mostra alcune ombre. E sono proprio i Giochi Olimpici 2020 il Convitato di Pietra. Il problema infatti è che la Turchia sta giocando su due tavoli poiché, parallelamente alla candidatura per gli Europei, ha proposto Istanbul per ospitare le Olimpiadi. E la metropoli sul Bosforo è stata selezionata tra le finaliste accanto a Tokyo e Madrid. L’assegnazione delle Olimpiadi è prevista per il 7 settembre 2013, mentre la decisione finale sugli Europei non è prevista prima della fine di quell’anno. Il rischio è evidente agli occhi di Platini: se Istanbul, candidata accreditata di ottime chance, si aggiudica le Olimpiadi, sarà inevitabile il ritiro turco dalla corsa agli Europei. Impossibile, infatti, organizzare due eventi sportivi di tali dimensioni a poche settimane di distanza. E a quel punto rimarrebbero in gioco solo le altre due candidature, con le relative criticità di cui sopra.
È in questo quadro che viene concepita l’idea della competizione itinerante suddivisa tra molti Paesi. Platini preannuncia quest’ipotesi il 30 giugno 2012, alla vigilia della finale dell’Europeo che in Italia purtroppo ben ci ricordiamo a causa delle quattro reti incassate dalla Spagna. Ma ben presto l’ipotesi diventa qualcosa di più: il 6 dicembre dello stesso anno il Comitato Esecutivo dell’UEFA approva ufficialmente il format. La proposta ottiene quasi unanimità. Quasi, perché i voti a favore sono 52 su 53: l’unico voto contrario, se servisse dirlo, è quello del delegato turco. Il format è presto detto: 12 città europee ospiteranno le parte dei 6 gironi, nonché gli ottavi e i quarti di finale (il cosiddetto Pacchetto Standard). Semifinali e finale saranno invece disputati in una vera e propria final four in una tredicesima città (il cosiddetto Pacchetto Finale).
Si aprono quindi le candidature e fin da subito moltissime città europee si fanno avanti con entusiasmo, anche alla luce del fatto che il minore impegno organizzativo gravante sul singolo Paese chiama in gioco piccoli Paesi che sarebbero di fatto impossibilitati ad organizzare l’intera competizione.
Nel frattempo per la Turchia arriva la (prima) beffa: Istanbul perde il ballottaggio con Tokyo e le Olimpiadi 2020 andranno quindi in Estremo Oriente (col senno di poi, alla luce della pandemia Covid e dei relativi guai che sta attraversando Tokyo, questa non si sarebbe necessariamente rivelata una cattiva notizia; ma questa è un’altra storia). Perse le Olimpiadi e archiviata la possibilità di organizzare interamente gli Europei, a Istanbul non resta che una carta, perciò in quegli stessi giorni viene inviata alla UEFA la candidatura per il Pacchetto Finale degli Europei. Nell’ambiente si dà quasi per scontato che la Turchia, potendo peraltro contare sul sostegno dello stesso Platini, sarà “compensata” per la mancata assegnazione dell’edizione completa. Tuttavia sul Bosforo devono avvertire profumo di polpetta avvelenata. Del resto, ospitare la finale del 2020, pur in questo contesto così particolare, vorrebbe dire rendere molto complicato concorrere per l’organizzazione del torneo nelle edizioni immediatamente successive, per le quali l’UEFA ha già confermato che si ritornerà al format classico con un solo paese ospitante (o al limite con candidature congiunte). E la Turchia, ovviamente, ha più a cuore un’edizione completa che una pur non disprezzabile final four per il 2020. Il 25 aprile 2014 Istanbul si ritira quindi dalla partita, lasciando il campo a Monaco di Baviera e Londra per concentrarsi sulla candidatura per il 2024. Peraltro, la stessa Monaco si ritira dalla corsa per il Pacchetto Finale, che quindi verrà assegnato a Londra, mentre alla città bavarese verrà comunque assegnato un Pacchetto Standard.
Finalmente nel maggio 2018 arriva una buona notizia. Non sarà quella degli Europei, ma una grande finale calcistica si terrà a Istanbul nel 2020: l’UEFA assegna alla città sul Bosforo l’organizzazione della finale di Champions League. Tuttavia, c’è giusto il tempo di festeggiare e per la Turchia arriva un’altra doccia fredda. Nel settembre del 2018, infatti, ha luogo la scelta per l’organizzazione della sede degli Europei 2024. E in questo caso la Turchia deve affrontare un concorrente tremendo: la Germania (… ed ecco spiegato il ritiro di Monaco di Baviera per il Pacchetto Finale di Euro 2020). La votazione non lascia scampo ai turchi: 12-4, e i sogni Europei sono ancora una volta rimandati.
Poi a inizio 2020 arriva la pandemia che, con tutti i suoi enormi disastri, sconvolge anche i piani del calcio. Euro 2020 viene rimandato di un anno (peraltro emergerà la necessità di ridefinire alcune delle città ospitanti), inoltre la stessa finale di Champions League in programma a Istanbul viene cancellata, venendo sostituita con una final eight da disputarsi a Lisbona a porte chiuse. Per Istanbul dovrebbe comunque trattarsi solo di un rinvio: nel luglio 2020 l’UEFA conferma infatti che la metropoli turca ospiterà la finale del 2021. San Pietroburgo, sede inizialmente prescelta per quest’anno, viene spostata al 2022. Inoltre Monaco di Baviera e Londra vengono scelte come sedi per le finali delle edizioni 2023 e 2024, rispettivamente.
La pandemia tuttavia non si arresta e a maggio 2021 la questione torna sul tavolo. Le due squadre inglesi Manchester City e Chelsea sono le finaliste e il desiderio da parte dell’UEFA è quello di riaprire ai tifosi, almeno parzialmente, le porte dello stadio. Ma c’è un problema: la Turchia è inserita in zona rossa da parte del governo britannico e questo rappresenta un ostacolo insormontabile per i tifosi inglesi. Ancora una volta, l’UEFA opta per uno spostamento e ancora una volta il Portogallo viene scelto come sede alternativa, anche se in questo caso la città prescelta è Porto.
E Istanbul? Per ora non ci sono ulteriori novità. Certamente quanto prima l’UEFA dovrà decidere se procedere con un ulteriore slittamento delle sedi, o se Istanbul verrà recuperata per il primo slot disponibile (quindi la finale del 2025), o altro.
Quanto agli Europei, naturalmente la Turchia è già candidata per l’edizione 2028. Per il momento a farle compagnia è una candidatura addirittura quadrupla, che coinvolge Romania, Grecia, Bulgaria e Serbia. Ma c’è ancora tempo, e altri pesi massimi si stanno scaldando a bordo campo. Tra questi l’Italia che, dopo le delusioni del 2012 e del 2016, pare essere interessata a ributtarsi nella mischia. Al lotto dovrebbero anche aggiungersi l’Inghilterra e, congiuntamente, Spagna-Portogallo. Inglesi e iberici sono peraltro in pista anche per l’organizzazione della Coppa del Mondo 2030 (nel caso dei primi, con una candidatura maxi che coinvolge tutte le nazioni del Regno Unito e la Repubblica d’Irlanda), e lo stesso vale anche per la candidatura balcanica. Dopo le edizioni del 2022 in Qatar e del 2026 in Nord America, ci sono infatti buone possibilità che nel 2030 la Coppa del Mondo torni in Europa a dodici anni da Russia 2018. Con ogni probabilità, gli europei dovranno guardarsi soprattutto dalla candidatura sudamericana composta da Uruguay, Argentina, Paraguay e Cile (… eh sì, l’allargamento a 48 squadre a partire dal 2026 impone di unire le forze), desiderosi di ospitare l’edizione del centenario della Coppa del Mondo proprio dove tutto cominciò nel 1930 (segnatamente, in Uruguay).
Non risultano a oggi intenzioni da parte della Turchia di provarci per la Coppa del Mondo. Ma già per Euro 2028 si preannuncia una sfida durissima. Nel dubbio, il vicepresidente del Comitato Olimpico Turco nel giugno 2020 ha dichiarato che Istanbul dovrebbe candidarsi per ospitare i Giochi Olimpici del 2032 (i Giochi del 2024 e del 2028 sono già assegnati a Parigi e Los Angeles, rispettivamente).
Si vedrà. Quel che è certo è che per ora anche il campo pare stregato per i turchi: con tre sconfitte in tre partite, Calhanoglu e compagni sono infatti già stati eliminati dalla competizione in corso. Insomma, tutto fa supporre che dalle parti di Istanbul e Ankara non si voglia mai più sentir parlare di Euro 2020…
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