Calcio
La partita doppia del Milan: ecco il bel giuoco che serve al Paese
Oggi è il grande giorno. Alle ore 17, senza troppi lustrini, il Milan presenta Marco Giampaolo, il nuovo allenatore. Ad un anno dall’acquisizione del fondo Elliott, dopo l’altalenante (e da molti assai rimpianta) parentesi Gattuso, inizia ufficialmente il nuovo corso.
Mentre la Juve sta per annunciare De Ligt e con Sarri si è convertita al bel giuoco, con il Napoli che si affida con intelligenza superiore all’allenatore migliore del campionato, con l’Inter di Marotta che capitalizza anni di buona gestione e inocula il metodo Conte per provare ad amarsi di meno e vincere di più, il Milan si defila dalla competizione. Questione di saggezza tutta meneghina. Cari vecchi cuori milanisti sul piede di guerra, lasciatemi spiegare.
Il bel gioco inizia dai piedi per terra
La stagione dei sogni infranti è alle nostre spalle. Esserne usciti vivi e solvibili è una notizia che dovrebbe spingere tutti i tifosi a festeggiare. Non è più tempo di cose formali ma di cose sostanziali. La prima sono i bilanci. E i bilanci non sono freddi numeri. Piuttosto sono la caldissima capacità di lavorare, fare impresa in modo sano e creare valore. Una società calcistica seria, al passo con i tempi, deve coprire i costi e generare ricchezza. Senza questa condizione di partenza, i campioni restano tutti negli spogliatoi altrui e i trofei si possono ammirare nelle bacheche museo. Il Milan di Elliott ha scelto di ripartire dalle fondamenta: risanare il bilancio, emanciparsi dalla tenaglia del debito e migliorare la redditività del marchio. Il nuovo grande Milan dovrà reggersi sulle proprie gambe, non sui capricci di qualche benefattore interessato. É l’esempio che dovrebbe seguire ogni società calcistica degna di questo nome. In Inghilterra e Spagna accade da almeno un decennio. Qui, da noi, l’ha capito solo la Juve del dopo Calciopoli. Ora Inter, Napoli e Roma ci stanno provando. Anche il Milan, per fortuna, ha deciso di non perdere altro tempo.
Scendere a patti con la realtà
Il Milan è partito con il piede giusto. Visti i bilanci e i parametri del Fair Play Finanziario, tra l’illusione e la realtà, Elliot ha scelto senza tentennamenti la seconda. L’esclusione dalla prossima Europa League è un esito doloroso ma auspicabile. Non è vero che l’Europa è la “casa” del Milan. Questo Milan non può starci. Fare un sano bagno di umiltà e accettarlo, ora come ora, è la premessa indispensabile per tornarci a testa alta. E dalla porta principale.
La rivoluzione dei competenti
In qualsiasi mestiere al mondo, talento, competenza e preparazione sono requisiti essenziali. A nessuno verrebbe mai in mente di affidare un compito della massima delicatezza al primo che capita. Il nuovo Milan ha scelto Paolo Maldini e Zvonimir Boban. Il fatto che siano due glorie rossonere conta solo in parte. Maldini è prima di tutto un eccezionale uomo di sport, gran conoscitore delle cose del calcio. In passato ha pagato un carattere forse troppo spigoloso, ma oggi, in un clima finalmente mutato, qualità come questa potrebbero fare la differenza. Boban viene dalla FIFA, dove ha ricoperto il ruolo di vicesegretario generale. Qualche imbecille lo definirebbe espressione dei poteri forti. L’altro 99% della popolazione che capisce di calcio direbbe che ha un ottimo curriculum. Il nuovo Milan, dunque, si è affidato a persone competenti, esperti veri del settore. Non è detto che basti, ma resta un ottimo inizio.
Programmare sempre, improvvisare mai
La vera fantasia è far tornare i conti. Un disegno è efficace se è coerente, dall’inizio alla fine. Il nuovo Milan ha scelto un amministratore delegato capace, con un profilo molto preciso. Nell’esperienza all’Arsenal, Ivan Gazidis ha dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio come valorizzare le potenzialità di una società di calcio dei giorni nostri. Al Milan dovrà fare lo stesso: attenzione agli equilibri di bilancio, capacità di generare nuovi ricavi, valorizzazione del brand e dei giovani talenti. Non potendosi permettere un Sarri o un Conte, la scelta è caduta su un allenatore dall’identità precisa, capace di migliorare i propri giocatori attraverso principi di gioco molto ben codificati. Un “maestro di calcio”, si sarebbe detto qualche tempo fa. Per giunta ad un costo accettabile, tocca aggiungere oggi. La campagna acquisti, oculata e spartana come ben sappiamo, è pienamente conseguente alle richieste tecniche di Giampaolo. Pur nel rispetto degli attuali vincoli di bilancio, il Milan ha scelto di programmare senza improvvisare. Non succedeva da almeno un decennio.
La libertà (e il sollievo) di guardare avanti
Il Milan ha una storia gloriosa e assai ingombrante. Il tifoso milanista è il perfetto laudator temporis acti. Youtube alimenta la più perniciosa nostalgia. È inutile ironizzare sugli interisti che ancora festeggiano il triplete, se poi basta un goal di Gullit alla Steaua Bucarest per farci inumidire gli occhi, nemmeno ci fosse entrata una bruschetta intera. Il nuovo Milan vuole restituire la giusta dignità alla prima squadra di Milano.
Una squadra come il Milan deve fare la sua corsa. Non ha senso raccontarsi una storia diversa. Il fatto che qualcuno si ostini ancora a spacciarla per vera non conta. C’è sempre chi pensa di vivere nel Paese dei balocchi. La verità è che risanare i conti, eliminare le inefficienze, darsi un’organizzazione capace di produrre valore sono le condizioni essenziali per tornare a vincere.
L’alternativa è guardarsi l’ennesima rovesciata di Van Basten in qualche vecchio filmato di “Novantesimo Minuto”. Ma quella non è nemmeno più storia. È solo nostalgia, una merce che oggi si vende molto meglio degli abbonamenti allo stadio. Il milanista vero, invece, sa che la storia è tutto ma i migliori trofei sono quelli ancora da conquistare. Se per riuscirci occorre ripartire da zero, allora è meglio cominciare subito.
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