Calcio

Il calcio è roba da femmine

5 Aprile 2022

Il titolo, volutamente provocatorio, si riferisce al forte vento di novità che sta soffiando sul mondo del pallone, a livello europeo e internazionale. Se fino a non troppo tempo fa faticavamo anche soltanto a considerare che uno sport come il calcio potesse essere praticato da donne e ragazze, oggi dobbiamo inevitabilmente ricrederci. Anche le calciatrici, infatti, sono capaci di riempire uno stadio, anzi, lo stadio più grande d’Europa.

El Clasico Femenino

La sfida tra Barcellona e Real Madrid è da sempre una delle più seguite al mondo. Le due superpotenze spagnole hanno tifosi in tutto il pianeta e il fascino della sfida ha toccato il suo apice quando le due squadre potevano schierare, uno di fronte all’altro, i due migliori calciatori sulla Terra, Lionel Messi e Cristiano Ronaldo. Ora sono passati degli anni, il tempo è stato tiranno anche con i due campioni – nel frattempo finiti uno a Parigi, presso la corte dei ricchissimi sceicchi, e l’altro a Manchester sponda United, sulla rotta della nostalgia – che non sono più incisivi come qualche stagione fa, ma il fascino del Clasico, come hanno ribattezzato la sfida gli sportivi spagnoli coniando un termine ora adottato in tutto il mondo, non si è ridotto.

Chi abbia dubiti in merito potrebbe riflettere su quanto avvenuto il 30 marzo scorso, in occasione del ritorno dei quarti di finale della Champions League femminile che vedeva affrontarsi proprio le compagini rosa di Real Madrid e Barcellona. I due team non sono al livello dei loro cugini maschi. Il Real non ha lo stesso blasone, essendo una squadra piuttosto giovane nella sua divisione femminile, mentre il Barcellona è un’autentica tritatutto, capace di schierare alcune tra le migliori calciatrici del mondo, compresa la migliore in assoluto che porta la fascia da capitano con la bandiera catalana, e di vincere il campionato già prima dell’inizio della primavera.

Dati gli equilibri in campo, la partita è stata agilmente vinta dalle catalane, che si sono imposte per 5 a 2. La notizia però non è tanto questa, poiché era un esito assolutamente prevedibile, bensì la folla record che ha affollato gli spalti del Nou Camp di Barcellona per assistere alla gara.

Le ragazze solitamente non disputano le loro partite nel tempio del calcio blaugrana, in quanto a loro è riservato uno spazio più ridotto. La lunghezza del campo è la stessa ma il numero di tifosi che può accogliere la struttura del Barcelona Femenino presso la Ciutat Esportiva della capitale della Catalogna è ben inferiore, perché le donne hanno sempre attratto un pubblico ben più contenuto di quello della squadra maschile. Almeno fino al 30 marzo scorso.

Una fortunata intuizione della dirigenza del Barça, squadra in serie difficoltà economiche dopo alcuni investimenti sbagliati e la mazzata del Covid, ha spinto i catalani a concedere l’utilizzo dello Stadio con la s maiuscola al team femminile, contando sul fatto che la partita era attesissima e i biglietti stavano andando a ruba.

Una folla oceanica

Quello che però forse non ci si attendeva era l’afflusso record di tifosi allo stadio. In Europa, infatti, il calcio femminile ha sempre avuto qualche problema di popolarità, rispetto, per esempio, a quanto avvenga negli States, dove il campionato di calcio femminile della WMLS, Women’s Major League of Soccer, e la nazionale migliore al mondo sono da decenni molto seguite. Non a caso, il record di pubblico per una partita apparteneva proprio agli USA ed era stato registrato nel 1999, durante la finale di Coppa del Mondo contro la Cina (90.185 spettatori al Rose Bowl di Pasadena, per una finale vinta dagli USA soltanto ai rigori). Il record è stato polverizzato in occasione del Clasico, che ha registrato un’affluenza di 91.553 spettatori. Il numero è pazzesco se consideriamo che la media di spettatori registrata dalle ragazze del Barcellona, la migliore squadra di club femminile al mondo in questo momento, al Cruyff Stadium – dove abitualmente il team disputa le proprie gare – è inferiore a 3mila.

Non si trattava della prima volta che il club concedeva il Nou Camp alle ragazze; mai prima era però successo di registrare il sold-out (lo stadio conta 99.354 posti) nello stadio più grande del continente, per una sfida di calcio al femminile. Si pensi che il maggior numero di spettatori per un match rosa tra club fu registrato, sempre in Spagna, nel 2019, quando una folla di 60.740 persone affollò il Wanda Metropolitano, tempio dell’Atletico Madrid, per supportare un’altra amatissima squadra femminile. Nulla a che vedere però con il colpo d’occhio di Barcellona.

“Ho dovuto trattenere le lacrime perché stasera è stato pazzesco.”

Ha detto l’attaccante del Barça, Caroline Graham Hansen, ai microfoni della BBC dopo la sfida.

“La gente non se ne va, sono tutti rimasti qui per festeggiare, non mi sarei mai immaginata una scena del genere e ho i brividi.”

Che la serata potesse andare in questa direzione lo si poteva immaginare da prima della sfida. Quando il bus del Barcellona ha raggiunto lo stadio è stato attorniato da tifosi blaugrana, esattamente come sarebbe stato se fossero arrivati gli uomini per giocarsi il quarto di Champions. Il motivo di questa passione è, principalmente, la ragazza che indossa il numero 11.

Alexiamania

Quello di Alexia Putellas Segura è un nome che potrebbe dire poco ai più. Eppure è molto probabile che presto andrà ad affiancare quello di Mia Hamm, Marta, Carli Lloyd o il duo Alex Morgan e Megan Rapinoe nel Pantheon delle calciatrici più importanti nella storia del calcio femminile.

Alexia Putellas, foto di Fundaciòn Woman’s Week

Putellas è nata nel febbraio 1994 a Mollet del Vallès, comune catalano di 52mila anime nei pressi di Barcellona dove si cresce a pane e Barça. Già da bambina era una tifosa sfegatata dei blaugrana e calciatrice appassionata. Si forma però in realtà nell’Espanyol, la seconda squadra di Barcellona i cui supporters non sono esattamente amanti dei colori azulgrana, realtà che ha il merito di farla esordire in prima squadra. Passa poi al Levante, seconda squadra di Valencia, dove resta però un solo anno perché poi viene notata dal Barcellona che ha gioco facile a ingaggiarla, in quanto la ragazza non vedeva l’ora di essere richiamata in Catalogna, sulla sua sponda preferita del calcio cittadino.

Dal 2012 in poi, quando debutta in blaugrana, Putellas diventa Alexia e cresce fino a divenire la migliore al mondo, guidando le sue compagne a un trionfo dopo l’altro, specialmente negli ultimi anni quando il Barcellona Femenino è divenuto un’autentica fucina di campionesse capace di vincere due campionati spagnoli consecutivi (la squadra è già campione di quello in corso), Coppa della Regina e Champions League 2021. Nel dicembre 2021, alla serata delle premiazioni individuali, Alexia vince il Pallone d’Oro femminile e viene incoronata sia UEFA Women’s Player of the Year che Best FIFA Women’s Player. In sostanza, ha trionfato ovunque potesse farlo.

A un pubblico come quello catalano, innamorato del pallone ma rimasto orfano di Messi nel corso della scorsa estate, serviva un nuovo nome da portare in trionfo. Nella formazione maschile l’idolo è il diciannovenne Pedri, giovanissimo centrocampista offensivo – stesso ruolo di Alexia Putellas – che sembra aver già in mano le redini della squadra. Si tratta però di un ragazzino che ha ancora molto da dimostrare. A 28 anni compiuti, invece, Alexia è già una campionessa fatta e finita, adorata dalla platea del Nou Camp, come è stato dimostrato nella giornata del Clasico. La maglietta con il nome Putellas e il numero 11 ha venduto, il 30 marzo presso lo store ufficiale di fronte al Nou Camp, in numero doppio rispetto a quelle griffate Pedri nel giorno del superderby maschile. Non è un dato trascurabile, se pensiamo che il successo riscosso dal calcio femminile è ancora molto inferiore a quello che ottengono gli uomini.

Aria di cambiamento

Tutte le notizie riportate in questo articolo, esattamente come quelle che vengono scritte in pezzi similari, non significano in alcun modo che ci sia davvero una ventata di cambiamento nel mondo del calcio, il quale, ad oggi, resta ancora un buco nero di denaro, diritti pubblicitari e pratiche di acquisizione di atleti al limite della legalità. Se cominciamo a vedere il calcio come meno rigido, più aperto a entrambi i generi e meno riferito soltanto a un immaginario maschile non risolveremo nessuno di questi problemi. Il sistema calcio presenta numerose questioni spinose ed è diventato un business gigantesco, molto lontano dalla dimensione sportiva e sempre più contaminato da interessi economici enormemente distanti da sani valori atletici.

Il fatto però che si stia cominciando a dare spazio anche alla divisione femminile è un segnale importante, un passo avanti per un ambiente che è sempre stato tra i più chiusi come quello del pallone. Il cambiamento ha tipicamente bisogno di eroi, di grandi rivoluzionari che se ne mettano alla guida. È presto per dire se Alexia rivestirà questa importanza ma la catalana si è incamminata sulla strada giusta.

 

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