Calcio

Finalmente un allenatore in panchina: onore alla tigre Sinisa

5 Giugno 2015

Sinisa Mihajolovic sarà il nuovo allenatore del Milan. Tempestivamente, e con il suo consueto tono beffardo e irriverente, Michele Fusco dice no. Il milanista d’antan, forse leggermente disorientato nella sua fede dalle avventure politiche del suo “Dottore”, non condivide la scelta della società. Ad ogni fede i propri paradossi.

Mi spiace andare contro il Fusco (che non conosco personalmente ma ammiro come giornalista), ma se eliminiamo i sempre piacevoli artifizi retorici, il suo ragionamento non segue la Verità del Calcio. Quella Verità che si nasconde nei meandri degli spogliatoi e non sempre giunge sino alle pagine dei giornali e alle teste dei tifosi. Quella Verita che mi accingo qui a svelare.

Si certo, Sinisa è un fascista; è uno che “onore alla tigre Arkan!”; è quello che “Serbia-Croazia è una guerra, non una partita”; è un guerriero che tira calci e pugni, da giocatore e da allenatore, e non sempre al pallone. Sinisa non viene da Milano. È uno che la guerra la sente come parte della sua storia. Sinisa è un serbo “con fede in Dio, per il Re e per la Patria”.

Il rifiuto di Fusco alla scelta della società rossonera sembra basarsi su questo punto. Sinisa è un generale cattivo. Un fascista della panchina (e non solo della panchina). L’ennesimo errore di Galliani, definito fallito (sic!), che intende militarizzare la società.

Lasciando perdere il fatto che definire Galliani un fallito è come definire Napoleone un fallito perche ha perso a Waterloo, la Verità del Calcio sta dalla parte opposta rispetto alle tesi del Fusco. Tesi che mi paiono fondate su pedanti pregiudizi buonisti. Errore che nessuno si aspetterebbe dal Nostro giornalista.

Mi si permetta, allora, una pedante esaltazione della brutale e fascista cattiveria à la Sinisa.

Fare l’allenatore di calcio, infatti, è un mestiere che necessità una smisurata dose di cattiveria. Tutti gli allenatori, anche quelli che non lo sanno, sono fascisti. Chi non lo è, non raggiungerà mai nessun risultato. Certamente, ognuno lo è con il suo stile e la sua personalità. Spesso di dissimula la cattiveria fascista quando si è davanti alle telecamere o nei salotti TV. Ma nello spogliatoio è tutta un’altra faccenda; ed i tornei si vincono negli spogliatoi, non davanti alle telecamere.

L’allenatore, poi, vive una quotidianità che lo porta ad essere sempre più cattivo. Egli deve continuamente fare i conti con gente che di pallone non sa nulla e sputa giudizi su ogni suo movimento, parola, gesto. Stupirsi di un allenatore che prende per il collo un giocatore significa non avere mai frequentato uno spogliatoio di calcio. Certo, Sinisa lo fa davanti alle telecamere. Ma Sinisa è Sinisa. Dopotutto, il povero giocatore, non aveva eseguito gli ordini, si era preso una liberta non concessa dal Capo. Quello che Sinisa ha fatto in campo, chiunque altro lo avrebbe fatto all’oscuro. Nei meandri dello spogliatoio. Che vuoi farci, Sinisa è una tigre.

Poi ci sono i giocatori. Spesso (non sempre) ventenni gonfiati come palloni ad aria compressa, indisciplinati e viziati. Tu, allenatore, devi cercare di fargli capire quello che solo da pochi anni hai capito (ma Sinisa lo sa da tempo). Cioè che lo sport è una religione da ossequiare, dove esistono ferree gerarchie, dove il gruppo viene prima di tutto; dove il tutto non è la somma della parti. Si potrebbe quasi dire che lo sport è “fede in Dio, per il Re e per la Patria”. Gli sbruffoncelli alla Balotelli non lasceranno nessun segno, verranno cancellati dalla storia, con tanto di maserati e rolex. Per drizzare “il legno storto” ci vuole rigore morale. Il legno marcio si spezza; e quindi si butta.

La cattiveria fascista, poi, serve soprattutto quando le cose non vanno. Quando tutto sembra sciogliersi e svanire. Quando il passato sembra non contare più nulla. Quando ti ritrovi ad essere la squadra più titolata al mondo ma prendi 40 punti dalla Juve a fai figuracce ogni domenica. Quando l’ordine e la disciplina esistono già, la cattiveria fascista non serve. La Verità del Calcio è già interiorizzata, è già religione.

Allo sport servono i cattivi così come all’arte servono i rivoluzionari. Ma lo avete visto Inzaghi ripetere qualche giorno fa che lui si sente allenatore del Milan anche per la prossima stagione? Pensate quanto sarebbe stato bello quel momento con Sinisa ai microfoni. Senza menzogne, senza finti buonismi, senza le banali illusioni retoriche proprie dei “buoni”. Gli allenatori sono Mourinho, Capello, Lippi. Antipatici, cattivi, pieni di sé e senza peli sulla lingua. Poi ci sono gli Ancelotti e i Guardiola, i finti buoni che incantano, dissimulando; facendoci credere di non essere cattivi.

Fusco conclude con una profezia (che non può mai mancare quando si parla di calcio): Sinisa non onorerà il suo contratto. Noi facciamo altrettanto: se riesce a portare a Milano Ibra (come sembra voler fare), cioè il più cattivo tra gli ignoranti, si giocherà lo scudetto con Allegri.

Gli scienziati della politica sanno che, in teoria, la miglior forma di governo è il dispotismo illuminato. Ma grossi problemi sorgono quando, nella pratica, si scopre che il despota non è poi così illuminato come diceva di essere. Nel calcio senza un despota non vinci. Se non è così illuminato, lo cacci.  Non esistono le pregiudìziali antifasciste. Ordine e disciplina ragazzi. Comincia l’era della Tigre.

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