Calcio

Del resto con Tavecchio pensavate che il calcio potesse migliorare?

20 Maggio 2015

Per usare un eufemismo si può dire che non è stata una giornata facile per il calcio quella di ieri, 19 maggio 2015. Prima l’inchiesta Dirty Soccer, che ha raccontato l’ennesimo caso di partite truccate nei campionati minori, poi l’indagine dell’Antitrust sui diritti tv con la preoccupazione di possibili «accordi spartitori fra Sky e Mediaset». E sinceramente non mi sono affatto meravigliato: il mondo del pallone non ha fatto nulla per rinnovare se stesso; per quale ragione non avremmo dovuto assistere ai soliti scandali? Del resto lo scorso Carlo Tavecchio è stato eletto a capo della Federazione Gioco Calcio nel segno della continuità.

Quindi, sebbene lui non abbia colpe specifiche, sicuramente non si è reso protagonista di grandi opere di rinnovamento. Anzi, ci siamo ritrovati Lotito nelle vesti di deus ex machina del calcio italiano. Il presidente della Lazio sarà anche un buon presidente (la sua squadra è terza in campionato, contro ogni pronostico), ma come dirigente maximo del calcio desta più di qualche perplessità. Quando Tavecchio è stato eletto il presidente della Figc era sostanzialmente chiara la direzione verso cui sarebbe andato il calcio made in Italy (al di là dell’infelice frase razzista su Optì Pobà): e non basta una finale di Champions League della Juventus (come non è bastata la vittoria del Mondiale in Germania) per nascondere i problemi.

Insomma, dalla serie D alla serie A il mondo del pallone è finito sotto esame. Beninteso, le ragioni sono diverse, ma il problema alla radice è simile: il sistema è sempre più consolidato nel suo funzionamento ‘perverso’. I campionati minori sono ormai un bocconcino a disposizione della criminalità organizzata, che riesce a gestire a piacimento – quando vuole – alcuni meccanismi. La corruzione è molto più facile, perché spesso si parla di calciatori e allenatori che non hanno stipendi da capogiro. Insomma, a fronte di centinaia di professionisti e persone serie, che si accontentano dei loro guadagni leciti, c’è sempre una percentuale che può accettare un introito extra, magari attraverso una comoda combine.

Ma se l’operazione Dirty Soccer è una cosa grave, non è meno serio il quadro delineatosi sui diritti tv. L’Antitrust ha sentito odore di ‘accordo spartitorio’. E ha spiegato così il motivo:

Al termine della procedura per l’assegnazione dei diritti televisivi, Sky avrebbe dovuto trasmettere le partite del Campionato di Serie A sulle piattaforme satellitare e digitale terrestre contenute nei “Pacchetti A e B”, mentre a Mediaset – che aveva presentato l’offerta più alta solo per il “Pacchetto D” – sarebbero spettate le restanti partite su tutte le piattaforme. Successivamente alla gara, tuttavia, l’assetto definitivo delle assegnazioni è risultato diverso per i singoli “pacchetti” in cui erano stati inseriti i diritti televisivi: il pacchetto satellitare (A) è stato assegnato a Sky, il pacchetto digitale terreste (B) è stato assegnato a RTI, mentre il pacchetto D è stato assegnato a RTI e poi da questa ceduto a Sky.

La trattativa, in quel caso, fu lunga e laboriosa, con molte tensioni. Ma l’indagine ha una priorità: comprendere il ruolo della Infront Italia, la società che gestisce gran parte degli affari che ruotano intorno al calcio, muovendosi con sapienza tra marketing e investimenti. E va bene tutto: se un’azienda è più capace delle altre, ben venga. Ma ogni passaggio deve avvenire senza danneggiare la concorrenza, che non è un optional da aggiungere a piacimento. E questo dovrebbero saperlo i padroni del vapore pallonaro come Tavecchio, che alla Infront ha ceduto i diritti commerciali della nazionale azzurra. Diciamo che già in questo si è capito che non c’era una grande cambiamento nel calcio italiano…

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