Calcio
Antonio Conte deve dimettersi dalla Nazionale? (I pro e i contro)
Significa che se l’udienza preliminare confermerà la bontà dell’impianto accusatorio e lo rinvierà a giudizio, Antonio Conte dovrebbe rimanere sotto schiaffo, secondo la morbida tempistica italiana, per quasi una decina d’anni, il tempo di completare i tre gradi di giudizio. Significa che per tutto quell’arco infinito, il commissario tecnico della Nazionale di tutti gli italiani, alla quale ricondurre la summa di tutti i valori dello sport e quindi della vita, dovrebbe essere accompagnato dalla fama mica tanto sopportabile d’essere un frodatore sportivo. Uno che insomma sapeva del magheggio (in atto) della sua squadra dell’epoca, il Siena, e ha fatto pippa, è stato zitto, ha fatto capire ai suoi giocatori: vedete voi, fate voi. Anche a prenderla larga, una leggerissima contraddizione tra il ruolo di ieri e il ruolo di oggi.
Racconta l’atto d’accusa della Procura di Cremona che il ct azzurro, da tecnico del Siena, si macchiò di “atti, anche fraudolenti, diretti a ottenere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento dell’incontro di calcio Novara-Siena del 30 aprile 2011, terminato 2-2, e comunque un risultato conforme alle scommesse effettuate”. Non solo, secondo l’accusa Conte si fece portavoce con i suoi ragazzi della buona conclusione del magheggio: “In particolare l’allenatore del Siena comunicava ai giocatori che era stato raggiunto dalle squadre l’accordo sul pareggio, così condizionando, anche in considerazione del suo ruolo di superiorità nei confronti dei giocatori della sua squadra…il risultato”. Non è la sola gara per cui conte è accusato, c’è anche un Albinoleffe-Siena del 29 maggio 2011.
Un allenatore, un educatore soprattutto, in questa condizione può rimanere alla guida della rappresentativa nazionale? Vediamo come maneggiare l’oggetto in questione. Se lo affrontiamo secondo il dettame liberale classico, liberale in purezza, la questione non si dovrebbe neppure porre sino all’ultimo grado di giudizio, momento nel quale tirare la definitiva conclusione. Sino a quel momento, infatti, la nostra sacra Carta oppone la presunzione di innocenza. Ma la nostra politica, combinata con i nostri mezzi di comunicazione, è stata in grado di inquinare un principio apparentemente indistruttibile nella sua visione più deteriore. Accadde al sorgere dell’ormai famigerato avviso di garanzia, che doveva essere, appunto, un’attenzione giudiziaria nei confronti dell’indagato, quasi un ombrello protettivo, e si trasformò in brevissimo tempo nella primissima sentenza di colpevolezza.
La politica, la buona politica, praticata in certi buoni Paesi, ha costruito in parallelo un secondo metodo di valutazione, che entra in gioco quando la figura interessata sia ovviamente nella condizione di rivestire un ruolo istituzionale. (Ed è del tutto logico considerare la panchina della Nazionale come il luogo sportivo più istituzionale che c’è). Questo metodo batte i sentieri dell’opportunità, quel territorio molto delicato che è apparentemente in conflitto con la presunzione di innocenza perché costringerebbe la persona in questione a fare un passo indietro in virtù “solo” di una ipotesi colpevolista. Il principio di opportunità, nei buoni Paesi, non riguarda ovviamente solo gli atti giudiziari, ma anche le questioni che attagliano al decoro personale, alla correttezza personale, agli stili di vita, eccetera, eccetera. (Esempio banale: per la propria tesi di laurea non è bello scopiazzarne un pezzo da quella di un altro).
Spesso, nei buoni Paesi, il peso dell’opinione pubblica è così formato, consolidato, considerato, che la persona oggetto di indagine, o magari al centro di uno scandalo, non deve aspettare chissà quale campagna stampa per fare le valigie, ma comincia già a preparare le sue quattro cose (pigiama, spazzolino, ecc.) con qualche giorno di anticipo sull’arrivo della buriana. Tra questi buoni Paesi, avrete compreso benissimo che non è compresa l’Italia.
Nel caso di Conte, è difficile dire o consigliare qualcosa di preciso, pensando soprattutto che il mondo del calcio è anche il meno attendibile per valutare con serenità le questione etiche o paraetiche. È anche il mondo dei non-valori-sportivi per eccellenza, e non solo per i guadagni che sono abnormi rispetto ai meriti, ma per una concezione complessiva lontano dall’idea di fatica e di sacrificio che stanno alla radice dello sport. Non è un caso che i Giochi Olimpici abbiamo sempre guardato al calcio con un certo sussiego, se non con disprezzo.
Ma il calcio è anche uno sport molto, molto, popolare, il più diffuso tra bambini, adolescenti, ragazzi, che non possono crescere senza esempi. Ecco perché crediamo che a questo punto la decisione se lasciare o meno la guida della Nazionale spetti principalmente all’interessato.
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