Basket
‘My name is Luka’. Doncic nella leggenda dell’Nba
Quando nel settembre 2012, a soli 13 anni, firmò un contratto quinquennale con il Real Madrid, in pochi avevano dubbi. Quel ragazzino sloveno – sfrontato come nessuno su un campo di basket – di strada, nel mondo della palla a spicchi, ne avrebbe fatta. Eccome se ne avrebbe fatta. Difficile però immaginare che a un paio di lustri di distanza, a 23 anni o giu di lì, quel ragazzino – dopo avere vinto da protagonista con le ‘Merengues’ 3 campionati spagnoli, 2 Copa del Rey, un’Eurolega e una Coppa Intercontinentale e avere trascinato all’oro europeo, la sua Slovenia – avrebbe cambiato la storia della Nba.
Alla quinta stagione tra i fenomeni della Lega dei Sogni con la maglia dei Dallas Mavericks, Luka Doncic ha stravolto – in una manciata di giorni – l’universo dei canestri americano riscrivendone il libro dei record. Sulle tavole del ‘Madison Square Garden’ di New York, il 27 dicembre, ha messo a referto una tripla doppia da 60 punti, 21 rimbalzi e 10 assist – mai nessuno aveva fatto una cosa del genere in 76 anni di Nba – togliendosi pure lo sfizio di vincere la sfida con i Knicks dopo essersi inventato il canestro per portare il match, alla fine vittorioso, ai tempi supplementari con un tiro libero sbagliato apposta, un rimbalzo in attacco e un tiro al volo allo scadere dei tempi regolamentari.
Poi, giusto per non perdere il ritmo, subito un’altra tripla doppia – per un totale di otto in stagione sino ad ora – contro gli Houston Rockets (35 punti, 12 rimbalzi e 13 assist) e, nell’ultimo giorno dell’anno, 51 punti contro i San Antonio Spurs del leggendario coach Popovic per portare a casa la vittoria. L’allenatore degli ‘Speroni’ e della Nazionale statunitense, tra il serio e il faceto, alla vigilia della partita aveva detto che il possibile successo dei suoi sarebbe passato dal tenere Doncic sotto i 50 punti. Niente da fare: 51 punti nel box-score, sesta vittoria consecutiva dei Mavs, terza partita da almeno 50 punti di Luka nelle ultime cinque uscite chiuse a 45.6 punti, 11.2 rimbalzi e 10.2 assist di media. Numeri che fanno dello sloveno il primo giocatore nella storia a mettere a referto più di 225 punti, più di 50 rimbalzi e più di 50 assist in cinque partite di fila.
Cose irreali, che il giovane di Lubiana sembra mettere in fila, invece, con pacata nonchalance. “Sono stanchissimo, ho bisogno di una birra”, ha sorriso al termine del match del ‘Garden’ newyorchese, manco fosse un giocatore qualsiasi su un campetto amatoriale, e non una giovanissima ‘superstar’ che, al quinto anno in Nba, sta disputando la sua miglior stagione segnando 33.6 punti ad allacciata di scarpe e contendendo a Joel Embiid dei Sixers la palma di ‘capocannoniere’ della Lega. Una giovanissima ‘superstar’ che, dopo avere trascinato lo scorso anno i Mavs in finale di Conference ad Ovest, si sta caricando nuovamente la squadra sulle spalle per spingerla oltre ogni limite, a suon di giocate sublimi condite da una leadership innata e da un mix di fisicità – due metri abbondanti per 104 chili – e talento che gli permette di giocare indifferentemente da play-maker, guardia e ala piccola. Abbagliando sul parquet e pure fuori ricoprendo il ruolo del fenomeno sportivo, del personaggio – amato dai grandi e dai più piccoli – e dell’uomo marketing. Centrale – quest’ultimo ruolo – per provare ad attrarre a Dallas giocatori di contorno di peso così da puntare a quel titolo Nba che, nella franchigia del Texas, è arrivato una sola volta – nella stagione 2010-2011 – grazie a un altro europeo fenomenale: il tedesco Dirk Nowitzki. Che – a imperitura memoria – ha una statua dedicata davanti all’American Airlines Center, il palazzo di casa, voglioso di tornare ad assaporare il gusto travolgente del successo. Ora, visti i numeri, il ruolo ricoperto ai tempi da ‘WunderDirk’ spetta inequivocabilmente a Doncic, per altro ancora giovanissimo: Lebron James, ‘Il Prescelto’, il primo titolo lo ha portato a casa a 27 anni mentre ‘His Airness’, Michael Jordan a 28.
Al Draft Nba del 21 giugno del 2018, lo sloveno – poi eletto ‘Rookie dell’anno’ 2018-2019 – venne chiamato come terza scelta assoluta dagli Atlanta Hawks che lo girarono ai Mavs in cambio della quinta scelta assoluta Trae Young, altro giovanissimo ‘califfo’ tra i più dominanti della Lega e di una futura prima scelta al Draft 2019. Nel suo primo anno, subito costellato da giocate da star, è stato il giocatore più giovane di sempre a realizzare una tripla-doppia con almeno 30 punti, battendo il record fissato da Lebron James.
E guardando Doncic – per altro in corsa per il premio di Mvp della stagione – viene da chiedersi come sarebbe il profilo della pallacanestro mondiale se la vecchia Jugoslavia esistesse ancora: solo nell’Nba – senza contare i tanti campioni ‘plavi’ che popolano l’Eurolega – oltre allo sloveno di Dallas, la ‘Jugo’ avrebbe potuto pescare il play sloveno di origine serbe dei Chicago Bulls, Goran Dragic; il 2.24 serbo Boban Marjanovic, centro degli Houston Rockets; il croato Bojan Bogdanovic, ala grande dei Detroit Pistons; il serbo Bogdan Bogdanovic, guardia tiratrice degli Atlanta Hawks e, soprattutto, Nikola Jokic centro serbo dei Denver Nuggets, collezionista di triple doppie e dominatore del torneo, eletto Mvp per le stagioni 2020-2021 e 2021-2022. Un asse play-centro così, Doncic-Jokic, farebbe gola persino al Dream Team a stelle e strisce. Altro che se lo farebbe. E a ragion più che veduta.
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