Basket
Italbasket, un posto bello ma marginale: guardiamo la realtà, per ricominciare
I mondiali di basket entrano nel vivo (a breve iniziano i 4ti di finale) mentre da noi, in cui non sono neppure passati in televisione in chiaro, spariranno anche dai giornali visto che la nostra Nazionale è uscita di scena.
E questo è il primo problema, la nostra cultura sportiva italica vive di risultati e non di cultura del lavoro (mica solo nello sport), per cui ogni volta si dice che “questa” volta è quella buona e nulla si fa per modificare un sistema che non produce più nulla come tale da tantissimi anni.
Gli altri sembrano non esistere, avete mai letto i risultati di altre partite (persino di calcio) se non giocano le italiane? rarissimo, da noi una semifinale di Champions vale meno di un derbi in B sui media. Ed è così oramai, solo da noi, questo è il dramma.
Da noi si è italiani per stare in Italia, giocare in Italia, vivere in Italia e ci stupiamo che tutti gli altri non vogliano essere lo stesso.
Ma il mondo è cambiato e tanto.
Oggi un ragazzo Polacco bravo a giocare (loro sono andati nelle prime 8) guarda all’NBA, all’Eurolega e sceglie il contesto (almeno) europeo dove evolvere per arrivare a quel livello. Che non quasi è mai l’Italia diciamocelo.
I nostri ragazzi invece vanno all’estero in pochissimi e molto in stile Erasmus… una bella esperienza, non questione decisiva per la propria carriera e vita.
Tutto pare dipendere comunque dalle “rendite” in un sistema che, si dice, non offre opportunità, perché pare non offrirle a 5km da casa.
Un mondo in cui la famiglia viene prima delle società e dei coach, dove non a caso il numero di giocatori figli di giocatori è altissimo ad alto livello ed è un segnale pessimo che mostra come siano dinamiche interne e di rendita di posizione formare la nuova classe dirigente.
Il problema vero a me pare questo, non tanto il Presidentissimo Eterno che guida la federazione dal 1756 se non erro (veniva da altri Altissimi Incarichi, sia mai che si pecchi di inesperienza), non un coach che ha lasciato a casa 2 o 3 giocatori che io o un’altro avrebbero scelto al posto di altri 2 o 3, in un sistema in cui sia gli uni che gli altri appaiono del tutto marginali, neppure il fatto che i nostri sono palesemente troppo bassi (ma non esistono persone alte in Italia? la media nazionale si è abbassata? non mi risulta, dove vanno a finire? perché ad un certo punto smettono?) e troppo mingherlini (cosa che è puro esercizio sviluppare) o che pare facciano fatica a “leggere” il gioco e mostrare personalità nei momenti importanti, non aiutati in questo da un campionato in cui non giocano quasi mai (per meriti altri, mai visto uno che tiene apposta uno bravo in panca per farsi dispetto, suvvia).
Queste sono cose che con delle buone politiche, programmazione e coraggio si possono anche mettere a posto (in 10 anni dire, ma 10 anni fa la Polonia da noi ne prendeva 30 ogni volta…), mentre la mentalità dei nostri ragazzi (in TUTTI I SETTORI, dallo studio, al lavoro, al basket) è una cosa da cambiare di rotta IMMEDIATAMENTE.
Il mondo grande e aperto pone sfide molto competitive e difficoltà più alte (sono tutti forti, alti, atletici, tirano come ossessi 8 ore al giorno per diventare qualcuno e se non lo fai non emergi), ma offre anche delle immense opportunità: un Bellinelli che è un talento vero e assolutamente buon giocatore, ma non un fenomeno a mio avviso, ha guadagnato da “lavoratore di basket” di certo più che tutti i 12 che hanno fatto la finale olimpica ad Atene (in anni in cui nel basket italico giravano assai più soldi) se volete metterla sul venale, ma in generale ci sono un molti più campionati dove giocare ed emergere, posti dove andare, esperienza da fare e carriere da compiere.
Insomma sarebbe ora di capire chi siamo (un posto bello, ma oggi marginale e fermo) e giocarci le nostre carte a partire dalla realtà.
Sarebbe assai utile in tanti campi e dopo il momentaccio di ammetterlo potrebbe davvero darci grandi soddisfazioni.
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