Basket
Essere all’altezza
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Non sono quattro numeri casuali, sono le altezze in centimetri dei centri delle 4 squadre finaliste alle ultime Final Four di Eurolega, la principale competizione per club a livello europeo.
Kyle Hines è, tra questi quattro giocatori, quello più basso ma sarà quello che alla fine della competizione solleverà la coppa.
Se guardate, anche con occhio distratto, il basket europeo saprete che la sua presenza nella squadra regina d’Europa non è una casualità, come possono testimoniare le quattro Euroleghe vinte in meno di un decennio in due squadre diverse, e non vi stupirà che Milano abbia fatto carte false per poterlo aggiungere nel roster meneghino più talentuoso dell’ultimo decennio.
Il suo nome è da sempre accostato ai grandi playmaker del nuovo millennio (Spanoulis, Teodosic, De Colo) e ad alcuni tra gli allenatori più vincenti del vecchio continente (Bartzokas e Ivkovic nella sua esperienza ateniese e Itoudis a Mosca) senza mai poter brillare di luce propria. Certo, non sono mancati i riconoscimenti personali come il premio di miglior difensore dell’Eurolega (vinto due volte, nel 2016 e nel 2018) o l’inserimento nel quintetto ideale del decennio, ma spesso l’essenzialità e la centralità delle sue giocate finisce per essere eclissata dai canestri funambolici o dalle stoppate con la testa tra le nuove dei suoi compagni.
Proprio per questo è possibile che non abbiate mai davvero fatto attenzione ai tanti piccoli gesti, a quelle unicità che rendono Hines uno tra i migliori centri del millennio (sempre se manteniamo la discussione da questo lato dell’oceano) e ancora oggi, quando la carta d’identità segna 34 primavere, un elemento imprescindibile per una squadra che vuole puntare al successo al continentale.
Oggi parleremo dalla metà campo dove il suo valore è universalmente riconosciuto, la difesa.
DI CILINDRATE E CILINDRI
Un primo dato che salta subito all’occhio è il fatto che Hines sia stabilmente tra i primi 10 stoppatori della competizione, a discapito di un fisico certamente non longilineo e di un’elevazione nella norma.
Chiunque di voi avrà giocato a basket avrà probabilmente vissuto l’esperienza di provare una stoppata e potrebbe essersi accorto di quanto, più che un gesto prettamente atletico, sia un’azione che richieda un tempismo e un controllo del corpo che non viene spesso sollecitato in altri fondamentali.
Queste capacità possono essere divise in due fasi differenti della stoppata.
In un primo momento Hines è in grado “prendere il tempo” al tiratore, trovandosi costretto a decidere l’istante più adatto per iniziare il gesto dato che non può permettersi di saltare nella speranza che sarà così a lungo in volo da deviare in ogni caso la palla.
Per poter spiegare la seconda fase devo introdurre un concetto che per gli ex giocatori e gli appassionati più accaniti sarà normale, ma che magari qualcuno dei lettori ignora: il cilindro difensivo.
Il cilindro difensivo è uno spazio immaginario all’interno del quale il contatto tra difensore e attaccante è lecito, è perpendicolare al campo e si costruisce usando come diametro le spalle del giocatore. Ne deriva che qualunque contatto tra il difensore (generalmente le braccia) e l’attaccante è da considerarsi fallo.
Come si collega questo alla stoppata?
Immaginatevi di saltare e di provare a deviare un oggetto in volo. È molto facile che il vostro braccio parta da una posizione verticale per poi scendere, come una sorta di schiacciata di pallavolo, ed è altrettanto facile che abbiate capito che facendo questo movimento durante un tentativo di stoppata sia molto facile colpire involontariamente anche il braccio dell’attaccante avversario.
La capacità che contraddistingue Hines è perciò anche un controllo straordinario del corpo, che gli consente di saltare rimanendo verticale e di intercettare la palla senza uscire dal suo cilindro.
DAVIDE CONTRO GOLIA
Per quello che riguarda la difesa sulla palla abbiamo un difensore molto competente sia in situazioni di difesa interna sia in situazioni di difesa oltre l’arco dei tre punti.
Partiamo analizzando le situazioni che, almeno in teoria, dovrebbero verificarsi con più frequenza ossia la marcatura interna con un “lungo”.
Il problema principale che si potrebbe proporre è il gap fisico tra lui e un giocatore avversario che, generalmente, dovrebbe essere più alto di lui (ma non più pesante) e che potrebbe quindi portarlo vicino a canestro dove avrebbe vita facile.
Hines risolve questa difficoltà applicando due piccole strategie che però si rivelano centrali nella sua difesa.
Come prima particolarità accetta la possibilità di marcare un avversario vicino a canestro mentre molti allenatori consigliano, in situazioni di evidente disparità fisica, di marcare l’uomo passando davanti per evitare un passaggio.
In questo momento la sua statura diventa un enorme aiuto perché, piegandosi sulle ginocchia, abbassa notevolmente il suo baricentro in modo tale da essere più stabile e con questo evita di farsi spingere, spallata dopo spallata, fin sotto canestro.
A questo punto Hines raramente presta il petto all’attaccante iniziando un vero e proprio scontro fisico, ma cerca di scivolare lateralmente per sporcare la palla, per costringere l’avversario a fermare il palleggio o nel migliore dei casi a recuperare un pallone, costruendo un vantaggio da una situazione che ai più poteva sembrare compromessa.
FARSI PIU’ PICCOLO DEI PICCOLI
Le sue capacità di controllare il corpo e di farsi piccolo tornano utili anche quando Hines si trova a marcare un esterno.
C’è da dire, prima di essere frainteso, che Hines non è un lockdown defender, un giocatore da sguinzagliare sul pericolo numero uno avversario per poter trovare una soluzione alle sue scorribande, ma è un ottimo collante difensivo, in grado di dare diverse soluzioni all’allenatore senza essere eccessivamente punibile in nessuna di esse.
Hines si trova quindi a marcare esterni o dopo situazioni di blocco o in situazioni di difesa disorganizzata, dove si attacca all’avversario più vicino indipendentemente dal suo ruolo.
Se parliamo di difesa sui blocchi una scelta tattica utilizzabile con Hines a difendere bloccante è quella di cambiare marcatura.
Hines non esce perpendicolare al blocco, come invece fa nelle situazioni di aiuto e recupero, ma esce piatto per solo successivamente riavvicinarsi al suo uomo, evitando così di incorrere in falli.
Questa è un’azione particolarmente complessa per un lungo perché deve essere in grado, con un solo movimento, di evitare di lasciare troppo spazio tra sé e il bloccante (in questo caso ci sarebbe il rischio di un passaggio ricevuto da un attaccante che ha strada libera verso canestro) ma anche di non restare troppo vicino al suo uomo, rischiando così di venire “circumnavigato” dall’attaccante che sfrutta il blocco.
Dopo aver evitato che il vantaggio venga concretizzato subito rimane il problema di dover difendere su un giocatore più piccolo e, almeno in teoria, più rapido.
Le scelte che in questo momento può effettuare sono molte e dipendono, in gran parte, dal giocatore che si trova di fronte.
Se ha di fronte un giocatore non eccessivamente veloce e con un range di tiro non eccessivo può restare sulla linea dei tre punti ad aspettare l’avversario per poi avvicinarsi velocemente ma senza venire preso in controtempo quando l’attaccante chiude il palleggio o prova ad attaccarlo.
Se invece si trova a marcare dei giocatori più esplosivi viene aiutato dalla sua tecnica difensiva, con degli scivolamenti laterali da manuale che, uniti a una velocità di piedi apprezzabile per un lungo, rendono parecchio difficile l’attaccarlo efficacemente.
L’alternativa al cambio di marcatura è un aiuto e recupero, realizzato con un veloce scivolamento laterale e un ancora più veloce ritorno sul suo uomo.
Le stesse qualità che lo premiavano nelle situazioni di switch lo aiutano in questi gesti: Hines sceglie il momento adatto per aiutare, evita di spendere un fallo restando basso e risultando “molto solido” (un dettaglio che agli occhi degli arbitri spesso segnala un movimento corretto) e, mentre corre per recuperare il suo uomo, si preoccupa di oscurare le linee di passaggio, in modo tale da guadagnare quei decimi di secondo che sono essenziali per un giocatore non più scattante.
PREVENIRE E’ MEGLIO CHE CURARE
Un’ultima caratteristica in cui possiamo vedere la straordinarietà di Kyle Hines è nella sua capacità di essere costantemente concentrato su ciò che gli accade attorno e di saperlo interpretare allo stesso momento.
Credo sia un’esperienza condivisa da chiunque abbia fatto uno sport di squadra quella di distrarsi durante un’azione di gioco e per questo di venire rimproverati dall’allenatore e dai nostri compagni.
Ancora più spesso vi sarà accaduto che vi siate accorti di qualcosa che vi stava succedendo attorno ma che abbiate pensato a un susseguirsi di azioni che poi non si sono verificate, venendo nuovamente rimproverati dall’allenatore e dai vostri compagni.
Hines spicca per la rarità con cui accadono queste situazioni e la sua concentrazione (probabilmente unita a un’intelligenza sportiva di primo livello) gli consentono anche di disinnescare alcune soluzioni offensive che non riguardino il suo uomo, con aiuti difensivi o, più semplicemente, occupando uno spazio difensivo che metta in difficoltà l’attacco.
Queste situazioni vanno inoltre continuamente aggiustate sulle scelte che l’attacco fa mentre noi cerchiamo di anticiparlo ed è per questo motivo che difficilmente vedrete un giocatore come Hines restare fermo per alcuni secondi vicino al proprio uomo.
Quello che rende Hines così particolare e così indispensabile in una squadra che punta all’élite europea non sono doti fisiche eccezionali ma sono piccoli dettagli essenziali che ogni giocatore avrà sentito spiegati più volte nel corso della sua carriera ma che raramente si vedono messi in pratica.
Hines è un giocatore imitabile ma non imitato perché l’attenzione e la qualità tecnica che servono per iniziare a sfruttare questi particolari non sono dei doni bensì delle capacità allenabili eppure sono sempre meno i giocatori in grado di trarne un reale vantaggio.
Hines dovrebbe essere un modello, prima ancora che per la carriera costellata di trionfi, per la propria capacità di sapersi rendere utile nonostante degli evidenti svantaggi fisici e potrebbe in questo modo aprire la strada a giocatori meno dotati ma più intelligenti.
D’altronde, come diceva Divac (un altro giocatore estremamente intelligente ma non esattamente un atleta) riferendosi alle sue esperienze con i giocatori americani che spesso vengono tacciati di poca intelligenza sportiva, “non fai mai fatica perché non occorre saltare. Basta una finta e saltano loro”.
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