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Sale la febbre da Superbowl

7 Febbraio 2025

Domenica prossima l’America si ferma. In uno scenario complesso e polarizzato, in una nazione che deve fare i conti con un’amministrazione Trump II che non lascia presagire tempi migliori e con uno dei suoi Stati più importanti, la California, messa in ginocchio da un mese di roghi senza precedenti, che sta ancora minacciando una delle sue città più celebri e importanti, il Superbowl rappresenta una pausa da tutto questo.

L’evento sportivo dell’anno, il più seguito negli USA e nel mondo, eccezion fatta per gli anni in cui si disputa la finale della Coppa del Mondo di calcio, si terrà a New Orleans nella sera, americana, del prossimo 9 febbraio. Le due squadre ad affrontarsi saranno Kansas City Chiefs, i campioni in carica, e Philadelphia Eagles. Questo interessa soltanto gli appassionati di football, però. La maggior parte del pubblico della partita è molto più interessata all’half-time show, uno dei momenti musicali più popolari negli States, alle innumerevoli pubblicità con attori di Hollywood, molte delle quali sono veri e propri cortometraggi, o alla tribuna nella quale siederà Taylor Swift con le sue amiche vip. La cantante è fidanzata con Travis Kelce, superstar dei Chiefs, ed è sempre presente alle sue partite.

L’impatto mediatico della finale NFL

L’era del Superbowl (che è più corta di quanto un profano possa pensare, essendo quella di quest’anno soltanto la cinquantanovesima edizione) ha contraddistinto la società americana negli ultimi sei decenni, uscendo dai confini dell’evento sportivo che chiude la stagione della disciplina più popolare sul territorio federale e ponendo the big game, come si suol dire, alla pari delle altre grandi manifestazioni di costume americane, dalla notte degli Oscar a quella dei Grammy, dal Met Gala alla parata del 4 luglio. I prezzi per assistere dal vivo al match partono da 8500 dollari. Proibitivo? Sicuramente, ma lo stadio in cui si disputa è puntualmente sold out. Alla faccia di ogni crisi e lievitazione dei prezzi, l’esperienza di esserci vale l’esborso, a quanto sembra.

Le spese, ad ogni modo, non ricadono soltanto sullo spettatore. Si pensi agli spazi pubblicitari. Il regolamento rende il football americano estremamente televisivo. Le interruzioni, nel corso della partita, sono numerosissime. Tra un’azione (denominata play, in inglese) e la successiva passa sempre almeno una manciata di secondi. Tutti questi tempi morti, per così dire, sono sfruttabili in termini di marketing. Si possono infatti riempire con degli spot da mandare, verosimilmente, in mondovisione. La NFL, o National Football League, la lega professionistica di football americano, sa bene quanto potenziale abbiano gli slot pubblicitari durante il Superbowl. Non a caso, li vende a peso d’oro. Per accaparrarsi uno spazio lungo qualche decina di secondi si possono spendere milioni di dollari. Nuovamente, nessuno batte ciglio e tutti pagano il richiesto. La visibilità ottenuta è enorme e degli spot meglio riusciti si parlerà per settimane.

Naturalmente, ciò comporta che soltano le aziende più solide e meglio strutturate possono concedersi l’acquisto di uno slot. Da una parte, questo significa che i pesci più grossi metteranno ancor più in ombra i loro concorrenti più piccoli, nel corso di questa serata. Dall’altra, si tratta di una garanzia che le pubblicità messe in onda saranno gradevoli alla vista e ricche sul piano dello storytelling.

E che dire poi dell’half-time show? Ogni anno una superstar dell’industria musicale a stelle e strisce viene chiamata a intrattenere gli spettatori, e la nazione, durante l’intervallo lungo, tra secondo e terzo quarto. Nel corso della storia del Superbowl vi sono state rinunce rumorose (su tutte quelle di Lady Gaga e della stessa Taylor Swift, che hanno detto no per motivi economici o politici) ma, generalmente, è piuttosto difficile che un artista rifiuti. Nuovamente, la visibilità è troppo importante per essere trascurata, anche se ti chiami Kendrick Lamar (l’artista che terrà lo show quest’anno) e sei uno dei rapper di maggior successo su questo pianeta. Normalmente, l’headliner non riceve un cachet per la sua esibizione. Ovviamente, la lega paga la totalità delle spese per la scenografia e il compenso dei turnisti e ballerini, ma il main act (e gli eventuali secondaries che lo accompagnano sotto l’occhio di bue) si esibisce pro bono. Per quale motivo? Sempre lo stesso: la visibilità.

La cassa di risonanza del Superbowl è gigantesca. Potremmo definirla senza pari e non sarebbe un’esagerazione. Naturalmente, quando dai vita a un evento del genere ti esponi a forti critiche. Tradizionalmente, quelle non mancano mai. Neppure per questa edizione.

Polemiche razziali

La polemica, quest’anno, è stata a sfondo razziale. Tutto nasce dalla decisione della lega di eliminare la frase Stop racism, facilmente traducibile, dalle linee di meta. Da qualche anno, infatti, la NFL ha posizionato sulle linee bianche che delimitano la end zone, ovvero l’area di meta, messaggi contro il razzismo. In occasione del Superbowl, la partita più seguita dell’anno, questi saranno tolti. Non appena la notizia è trapelata, in seguito alla messa in circolo delle immagini che immortalavano l’allestimento del campo da gioco presso  il Superdome di New Orleans, si è sollevato un coro di polemiche e il commissioner Roger Goodell, colui che prende le decisioni relativamente alla lega e a ogni sua iniziativa, è stato accusato di volersi ingraziare il presidente Donald Trump, il quale porta notoriamente avanti una politica restrittiva nei confronti degli immigrati sudamericani ed è espressione di una nuova destra quantomeno intollerante verso la diversità etnica.

La difesa della NFL è stata che quelle frasi saranno sostituite da altre, ugualmente inclusive e promotrici di buone pratiche DEI, ma il danno era ormai stato fatto. A onor di cronaca, comunque, va sottolineato come questa polemica si faccia via via più lontana man mano che ci si avvicina alla serata del match. Gli ingranaggi dell’organizzazione sono troppo ben oliati per lasciarsi impensierire da qualche granello di polvere.

Che partita attendersi

In merito alla sfida, l’analisi non è complessa. Da una parte abbiamo i Chiefs, che hanno vinto gli ultimi due Superbowl consecutivi e ora sperano di fare tris, scrivendo la storia. Nessun’altra franchigia ha mai vinto questa partita tre volte di seguito, da quando si disputa. Dall’altra abbiamo una squadra coriacea, concreta e capace, tanto in attacco quanto in difesa. Sotto i riflettori c’è il loro attaccante principale, Saquon Barkley, che ha disputato una stagione memorabile. Grazie alle sue imprese, Philadelphia ha sempre dominato in attacco, anche in occasione delle due sconfitte incassate. Queste sono arrivate quando gli avversari sono riusciti a limitarlo sulle corse. Se Kansas City, favorita, riuscisse a fare altrettanto, la bilancia inizierebbe a pendere decisamente a suo favore.

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