Altri sport
Il mare è tutto
Nel tempo, con una progressione veloce, il ruolo dell’atleta si è evoluto passando da quello di mero esecutore di una prestazione sportiva a quello di elemento di un “sistema sport” che interagisce con la società, l’economia, il mondo della comunicazione.
Analizziamo alcuni elementi di questa relazione insieme a due protagonisti di questo sistema, un’atleta di fama e levatura mondiale e un manager sportivo.
Alessia Zecchini è nata Roma nel 1992. All’età di 13 anni consegue il suo primo brevetto di apnea e da quel momento la sua carriera prende il volo. Oggi è una delle più affermate atlete di sempre della specialità.
Il 18 ottobre 2019 diventa la prima donna ad avere toccato la profondità di -100 metri in free immersion, durante la “Nirvana Oceanquest” a Curaçao.
Il suo impressionante palmares (17 medaglie d’oro ai Mondiali, 33 medaglie internazionali e 36 record del mondo) la inserisce di fatto tra le più grandi atlete nella storia dello sport mondiale.
Enrico Gelfi è il socio fondatore e presidente di EIS, un’agenzia di management sportivo. Laureato in filosofia, Gelfi opera nel mondo dello sport proponendo al mercato servizi di comunicazione, informazione e management.
Nel 2017 ha fondato EIS per gestire i diritti d’immagine di numerosi campioni dello sport e nel 2019 ha dato vita a Sport Digital House, la prima digital agency italiana. Nel 2023 ha lanciato Workpleis, la prima community digitale pensata per collegare manager, professionisti e campioni e per confrontarsi sul contributo che lo sport può portare all’interno delle aziende.
L’interazione tra gli atleti e le aziende è ormai una prassi consolidata. Attraverso sessioni pubblicitarie, photo opportunities, team building si utilizza la notorietà dell’atleta per dare visibilità a un marchio, a un prodotto oppure a qualche iniziativa mirata. Voi proponete di rivolgere l’esperienza dello sportivo non verso il consumatore finale ma verso l’azienda stessa.
Alessia Zecchini: ho vissuto in prima persona questa transizione e questo cambio di ruolo nei rapporti con le aziende. Negli ultimi anni sempre più aziende cercano il mio contributo non solo sotto l’aspetto pubblicitario ma anche chiedendomi di trasmettere loro i valori che hanno caratterizzato la mia esperienza sportiva.
Avere una passione, credere in qualcosa, mettere tutto il proprio impegno in un progetto, dare vita a un lavoro di squadra. Oltre a trasmettere i valori che l’apnea mi ha insegnato cerco di veicolare anche i valori dell’ecosostenibilità e devo dire che molte aziende stanno iniziando a percorrere la giusta via, convertendo verso questa visione il proprio modello di business.
Per rinnovarsi, per cambiare schemi e standard la mia esperienza, maturata girando il mondo, può essere certamente utile.
Enrico Gelfi: Alessia ha perfettamente messo a fuoco il tema centrale di questa nostra riflessione. Il tentativo che stiamo perseguendo con il nostro progetto Workpleis è quello di portare questo tipo di relazioni ad un livello superiore. Tipicamente gli atleti vengono coinvolti e ingaggiati dagli operatori del mondo dell’impresa per fare comprendere i vantaggi che un certo mindset e una certa visone del mondo possono portare all’interno dell’azienda.
L’atleta può perfettamente rappresentare questo messaggio attraverso uno storytelling perfetto ed efficace, partecipando a una convention oppure a incontri di team building. Inevitabilmente però dopo qualche giorno dovrà staccarsi dal quotidiano della vita aziendale.
Per quanto profonda possa essere stata l’impronta lasciata, l’impatto emotivo si rivelerà molto forte nei giorni dell’incontro, si protrarrà magari per una settimana o due ma poi inevitabilmente andrà a scemare. Con il rischio di vedere piano piano ricostituirsi gli equilibri precedenti, in mancanza di continuità e in mancanza di un effettivo follow-up.
Anche se il miglior formatore al mondo fosse passato lasciando una traccia, per ciascuno di noi è abbastanza naturale andare con il tempo a ricercare inconsciamente le nostre radicate abitudini, la nostra confort zone, ricadendo nella routine.
Quello che ci piacerebbe fare invece è fare capire alle aziende che la forza che può portare lo sport, quella capacità di cambiare profondamente la propria visione, può essere utilizzata giorno dopo giorno per mutare l’approccio dei singoli collaboratori all’interno del posto di lavoro. Serve però una quotidianità dove la metafora dello sport, gli strumenti degli sportivi, l’esperienza e il linguaggio dell’atleta possono essere utilizzati tutto l’anno e non solamente nei giorni di contratto, diretto e fisico, con il campione o la campionessa.
A volte fissando i concetti, altre volte per ricreare un’emozione oppure con con l’ausilio di un corso, con videoclip, con podcast, con l’uso di app o di reti intranet. Una volta compresi i valori trasmessi dal singolo sport ambassador le aziende devono razionalizzare il fatto che questa trasmissione non puo’ essere una semplice operazione stand alone.
Bisogna mantenerla viva con costanza attraverso strumenti che il nostro progetto Workplesis sta costruendo e proponendo al mercato. Questa esperienza va vissuta come fanno gli sportivi: allenandola tutti i giorni.
Come miscela una campionessa come te questi ingredienti del successo? Metodo, programmazione, talento, disciplina.
Alessia Zecchini: il primo elemento fondante del mio metodo di lavoro è la disciplina. Mi alleno tutti i giorni da sedici anni e ritengo che la disciplina sia un elemento essenziale, peraltro adottato da quasi tutti gli atleti.
Il talento se non è unito alla perseveranza, alla costanza e alla voglia di raggiungere gli obbiettivi conta relativamente. E’ utile ma non è indispensabile. Ho visto tanti atleti non particolarmente talentuosi raggiungere grazie a un impegno serio e costante i medesimi risultati di altri più dotati dalla natura. Il talento aiuta molto, ma non può eguagliare o sostituire l’impegno.
Bisogna avere un sogno e crederci ogni giorno, questo punto di vista ho cercato di metterlo bene in evidenza anche nel mio libro. A tredici anni a scuola ho scritto un tema sostenendo che avrei voluto diventare una campionessa di apnea, era un sogno che all’epoca sembrava impossibile da realizzare. Quel sogno e il credere ogni giorno di poterlo realizzare è stato ciò che mi ha portato a conseguire 36 record del mondo e a continuare a volerne raggiungere altri.
Amo l’acqua, amo l’apnea, amo quello che faccio e amare veramente qualcosa è uno stimolo indispensabile per dare il massimo.
Le doti caratteriali… è difficile auto descriversi. Penso di essere una persona generosa, nel senso che non trattengo le mie esperienze e il mio vissuto solo per mio uso personale; amo insegnare e trasmettere tutto quello che ho maturato e vissuto agli altri, specialmente ai bambini.
Ci tengo a restituire quelle sensazioni che negli anni mi sono state donate, penso che sia una traccia caratteriale che mi appartiene molto.
Programmazione radicale di stampo militare oppure ci sono vie di fuga verso una vita più “normale”?
Alessia Zecchini: nella vita l’equilibrio è fondamentale. Mi alleno tutti i giorni, molte volte con doppie sessioni giornaliere, ma non nego mai a me stessa in ogni giornata uno spazio di relax per godere delle altre gioie che la vita mi dona.
Il tempo è prezioso e bisogna essere capaci di organizzarsi per cercare di sfruttarlo bene, al massimo. La mia programmazione prevede allenamenti a Roma come in giro per il mondo. Questo aspetto del mio impegno è una cosa che adoro, mi piace viaggiare e vedere sempre posti nuovi. La mia programmazione impostata in questo modo è perfetta per me.
Siamo passati progressivamente dal dilettantismo al professionismo e forse oggi si rischia di mescolare troppo lo sport allo show business.
Alessia Zecchini: l’apnea non l’ho mai vista come una via per giungere alla porta del business. Anche adesso i ragazzi che cominciano a praticare questa disciplina sono attratti principalmente dallo “stile di vita dell’apneista” e non certo dalla prospettiva del contratto di sponsorizzazione.
Lo sport insegna molto, sia ai giovani sia a coloro che sono più avanti con l’età e che iniziano credere che il tempo dei sogni sia ormai finito. Non è così e lo sport lo insegna. Nel mondo dell’apnea gli sponsor sono indispensabili per potere strutturare al meglio una stagione di allenamenti e di gare, però nel nostro ambiente non esiste il disequilibrio di cui parlavi tra prestazione sportiva e show business.
L’importante, in ogni età, è vivere lo sport per le emozioni che ti da non per i soldi che ti può garantire. Non ho mai fatto in vita mia un tuffo per denaro anche se sono perfettamente conscia del fatto che le risorse economiche sono indispensabili per gareggiare ad alto livello e per impostare una propria vita privata nel migliore dei modi.
Gli atleti non sono alieni, il denaro anche per loro è indispensabile per vivere. Comunque nessuna somma vale quanto l’emozione che si prova nella realizzazione del proprio sogno sportivo.
Enrico Gelfi: hai parlato del contatto tra il mondo degli affari e lo sport come di un elemento critico, io vorrei utilizzare il termine critico non come sinonimo di elemento negativo quanto come momento di svolta, come punto di riflessione su qualcosa che sta mutando. Forse perchè sono coinvolto personalmente nei fenomeni della comunicazione sportiva non vedo in modo negativo questa evoluzione.
Il mio ruolo, quello del manager, non è fatto di sudore sul campo. E’ fatto di strategie disegnate a tavolino e quindi risente di una certa deformazione professionale. Osservo che si sta realizzando un nuovo rapporto tra business e sport e credo che sia giusto lavorare per il raggiungimento di un nuovo equilibrio, che ritengo possa diventare virtuoso. E’ necessario trovare una formula ideale che porti beneficio a tutti i soggetti coinvolti. Lo sport può essere sia una palestra di vita sia un motore economico.
Io penso che l’atleta oggi non possa più limitare la propria attenzione esclusivamente alla parte agonistica, è una visione superata. Tutti siamo orientati verso una dimensione sociale che ci impone determinati atteggiamenti e anche gli atleti devono “fare i conti con il mondo esterno”. Quel mondo esterno che è popolato da sponsor, media, fans, social, vita digitale e virtuale.
Anche le aziende stanno iniziando a valutare le sinergie pubblicitarie con gli atleti applicando principi differenti da quelli utilizzati in passato. Ti posso portare l’esempio di una nota azienda di telecomunicazioni, con la quale ho avuto modo di confrontarmi, che nei propri spot non propone solo atleti di eccellenza mondiale che praticano sport “importanti” (i più seguiti dalla maggior parte degli spettatori e dei tifosi) ma anche atleti che praticano quelle discipline che sono definite minori e che magari passano in televisione una volta ogni quattro anni, se hai la fortuna di imbatterti per caso in una cronaca olimpica.
Anche atleti che non hanno ancora raggiunto grandi risultati possono essere scelti come testimonial se incarnano determinati valori. A conferma del fatto che l’intero movimento sportivo, e non solo l’atleta famoso, può rivelarsi efficace come motore propulsivo.
Non sempre si gode della gioia della vittoria. Alessia come si affrontano la paura e la sconfitta?
Alessia Zecchini: come ho scritto anche nel mio libro nell’apnea la paura è quella di sbagliare. Anche un piccolo errore compiuto in profondità può compromettere l’intera prova, la mia paura è quella di non riuscire a portare a compimento la prestazione. Non temo invece l’incidente, non ho paura di morire, quello assolutamente no.
La sconfitta a caldo fa male, porta rammarico e dispiacere, si piange. Poi comunque arriva una metabolizzazione abbastanza rapida dell’insuccesso. Deve essere così, non si può lasciare spazio ad un black out altrimenti tornare in acqua diventa molto difficile, quasi impossibile. Ho sempre cercato di analizzare gli errori ben sapendo che si impara molto più da una sconfitta che da una vittoria.
Lo so, sembra la classica frase fatta, ma è veramente così; in una gara andata male hai molti più elementi da valutare rispetto a quelli che ti rimangono dopo una prestazione vincente, una prestazione che ti propone in bella vista principalmente gli aspetti positivi. Bisogna fare passare il momento iniziale, bisogna fermarsi e con lucidità fare una profonda e sincera analisi di quanto è accaduto. Nel bene e nel male.
Questo metodo si può tranquillamente applicare anche nel mondo del lavoro. Fermarsi, analizzare e valutare l’intera performance, conservando quello che si è fatto nel modo giusto e cercando di modificare quello che non ha funzionato. E’ una metodologia applicabile in diversi momenti della vita, da un esame a scuola a una prestazione sportiva a una performance lavorativa.
Prospettive, sogni e limiti che vedi nel tuo futuro.
Alessia Zecchini: il primo obiettivo è vicinissimo, tra due giorni disputerò una gara (immersione con due pinne) e cercherò di conseguire il record del mondo *** .
Abbiamo cambiato tanto rispetto a quanto fatto lo scorso anno, un anno che non è andato tanto bene.
Non mi sono mai posta limiti, sono convinta che i limiti non esistano e che al massimo vivono solo dentro la nostra testa. Sino a quando continuerò a divertirmi e a godermi il mare come faccio adesso andrò avanti con questo sport.
*** ndr: Alessia ha conseguito il record del mondo AIDA di apnea in assetto costante con pinne raggiungendo la profondità di 107 metri. – “Il tuffo più bello della mia vita” –
§§§§§ 29 marzo, albeggia, vibra il cellulare. Vocale WhatsApp dalle Filippine. ” Claudio dobbiamo modificare l’articolo, ho fatto un nuovo record del mondo, sono scesa a – 109″ – Ora i Record del Mondo sono 37. – Mai aggiornato un pezzo prima con tanta gioia.
A quale età si è costretti a gettare la spugna nella tua disciplina sportiva?
Questa soglia, anche in considerazione dell’aumento sensibile di partecipanti degli ultimi anni, si è un po’ abbassata. Ma la storia della nostra disciplina ci ricorda che la grande Natalia Molchanova, la più grande apneista di sempre, il suo ultimo record lo ha stabilito quando aveva 52 anni prima di scomparire in mare. E lo ha stabilito nella disciplina più dura, immersione in assetto costante senza attrezzi.
Se si dimostra costanza e ci si continua ad allenare bene il fisico dopo un po’ può calare prestazionalmente ma entra in campo l’esperienza. Diciamo che l’apnea è una disciplina abbastanza “longeva”.
(ndr: Natalia Molchanova è morta durante un’immersione non competitiva al largo delle coste di Formentera nell’agosto del 2015, il corpo non è stato purtroppo mai ritrovato).
Cosa è per te il mare?
Alessia Zecchini: per me il mare è tutto. Un elemento amatissimo e indispensabile, un mondo che mi regala emozioni intense e continue. Prima di ogni gara vado sul luogo prescelto e cerco di osservare il mare, un elemento naturale che cambia ogni giorno, studiando l’ambiente almeno per un paio di settimane.
Bisogna imparare a conoscere le correnti, la temperatura dell’acqua (che può variare a seconda delle diverse profondità), bisogna affinare la propria sensibilità rispetto a ogni possibile mutevolezza del posto.
Entrando in sintonia con questo elemento tanto più potente e grande di noi, imparando a sentire il ritmo delle onde, raggiungendo una situazione di calma interiore che io solo nel mare riesco a trovare.
Scendere nel blù e nel buio richiede una certa dose di coraggio.
Alessia Zecchini: La prima volta che ho gareggiato nel Blue Hole delle Bahamas, che è veramente buio e dove oltre i 70 metri non si vede proprio più nulla, ho dovuto prima effettuare una preparazione psicologia particolare. Ma in generale non provo alcuna particolare apprensione, perchè mai dovrei avere paura, in fondo quello che ho intorno a me è solo acqua…
Adoro il blù, quel colore particolare che ha il mare prima di entrare nel buio profondo e mi godo moltissimo lo sfumare verso l’azzurro dell’acqua che si percepisce nella fase di risalita.
E’ possibile guardare al mare esclusivamente come a un ambiente tecnico nel quale conseguire un risultato ?
Alessia Zecchini: Negli ultimi anni si sta un pochino perdendo il connubio tra l’amore per il mare e la prestazione agonistica. Ci sono giovani atleti che scendono in acqua quasi esclusivamente per “fare il tuffo vincente, per fare metri”. Ho visto scendere senza occhialini (il riflesso di immersione è maggiore) con l’unico target di “fare metri”. Non sono d’accordo, il record ovviamente conta ma è più importante la sensazione ineguagliabile che si prova vivendo il mare a tutto tondo.
Sia io sia altri atleti, grazie anche ai social, stiamo cercando di mettere sempre in primo piano l’elemento naturale “acqua” senza limitarci alla descrizione della sola prestazione agonistica.
Fare un record è una grande emozione ma perdersi ad esempio la sensazione della fase di approccio e il dondolio dell’acqua quando si riemerge è sbagliato. Snatura in larga parte il significato profondo e intimo della disciplina ovvero vivere il mare stabilendo una forte intimità con questo elemento naturale.
Leggo resoconti scientifici tremendi che disegnano una situazione dei mari vicina al collasso. Esagerazioni o realtà?
Alessia Zecchini: Il mare sta malissimo. É una tragedia. Già quando ero piccolina, a sette anni, mi rendevo conto andando con i miei genitori in vacanza in Grecia che la spiaggia, di anno in anno, era sempre più piccola. Era già un brutto segnale e stiamo parlando di circa venti anni fa.
Dopo avere visitato moltissimi luoghi nel mondo posso dirti di avere visto enormi quantità di corallo morto sulle spiagge. Ovunque rifiuti, copertoni, batterie, qualsiasi rifiuto l’uomo abbia tra le mani se non sa cosa farne lo getta in mare, non rendendosi conto di quanto assurdo sia questo gesto.
I coralli muoiono ovunque, i pesci sono diminuiti in tutti gli oceani, per vedere gli squali devi scendere a 30-40 metri. Abbiamo distrutto tutto, abbiamo pescato l’impossibile, stiamo continuando a devastare il mare, il polmone del pianeta, l’elemento che copre il 70% della Terra.
O cambiamo radicalmente approccio alla velocità della luce o non lasceremo nulla alle generazioni future e forse anche alla nostra.
Enrico Gelfi: parlando di sostenibilità voglio segnalarti che insieme ad Alessia collaboriamo a un progetto che si chiama Green Heroes.
(http://www.eis-team.it/green-heroes/ )
Proviamo a dare una risposta nel nostro piccolo al problema della sostenibilità ambientale sfruttando le capacità comunicative di cinque atleti (*) per sensibilizzare le persone riguardo uno stile di vita migliore.
Ogni relazione che riusciamo a stabilire con le aziende crea un plus valore. L’azienda trae benefici legati allo sviluppo del proprio marketing e una quota delle spese sostenute viene convertita per piantare alberi e ripulire i mari.
Tutti i cinque Green Heroes hanno un fortissimo imprinting ecologista, il progetto è nato due anni fa ed è partito fortissimo, anche se ora stiamo purtroppo notando che sta scemando l’interesse del mondo produttivo riguardo al tema della sostenibilità ambientale. Confrontandoci con gli uffici marketing delle diverse aziende abbiamo notato che il tema ambiente è un po’ meno di moda di qualche anno fa e la cosa ci preoccupa molto.
Noi comunque ci teniamo e andiamo avanti. Colgo questa occasione per ringraziare pubblicamente Alessia per tutto quello che fa.
(*) I Green Heroes sono il triatleta Alessandro Fabian, il cliff diver Alessandro De Rose, l’apneista Alessia Zecchini, il climber Stefano Ghisolfi e il pilota di auto elettriche Luca Filippi.
Se volete – trattenendo il fiato – seguire la magnifica carriera sportiva di Alessia Zecchini e le sue attività di supporto alla sostenibilità dei mari vi segnalo i suoi spazi social e di contatto:
https://www.alessiazecchini.com
https://www.instagram.com/alessia.zecchini/
https://www.facebook.com/alessiazecchiniofficial
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