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il caso de carolis: come la tv italiana ha raccontato una notte di boxe mondiale

25 Luglio 2017

Anche chi non segue la boxe avrà sentito che ieri sera a Roma c’è stato un incontro importante, protagonista un campione di casa nostra, il supermedio Giovanni De Carolis.
L’occasione era quella di riportare in auge uno sport che in Italia non tira più dai tempi di Nino Benvenuti ma che, a quanto pare, nel resto del mondo muove parecchio denaro. Alfiere di questa missione è stato eletto il pugile romano De Carolis: telegenico, umile, per niente tamarro, è un concentrato di valori positivi molto adatti alla vendita del “prodotto-boxe”.
Perfetto anche l’avversario: un russo/ucraino poco conosciuto, mediaticamente innocuo, un Ivan Drago dei poveri, sminuito perfino dalle locandine dell’evento che lo ritraevano più piccolo e defilato rispetto al nostro eroe. Il suo nome è Viktor Polyakov e chi ha visto l’incontro se lo ricorderà a lungo: brevilineo, compatto e cinico al punto giusto, ha umiliato il campione romano vincendo con facilità disarmante ciascuna delle 12 riprese. E qualcuno ha fatto notare che non ha nemmeno infierito.

 

In palio c’era il titolo internazionale WBA del pesi supermedi ma questo è un dettaglio di poco conto, perché la vera posta in gioco era la riabilitazione della boxe come sport nazional-popolare. E infatti le cose sono state fatte davvero in grande: superba la location del Foro Italico, martellante l’hype mediatico, notevole il parterre di vip accorsi a sostenere il campione. C’erano tutti gli ingredienti per una grande serata di boxe, eppure oggi il sentimento prevalente è l’amarezza. Cos’è successo?
Molti sono delusi dalla performance di De Carolis. Il pugile romano sembrava che fosse stato appena tirato giù dal letto, era spiazzato, spaventato, impotente. In ogni caso va ringraziato, perché si è sacrificato per il pubblico, che su un ring non ci salirà mai.
De Carolis nelle ultime settimane è stato mediaticamente sovraesposto e supportato da numerose personalità del mondo dello spettacolo con toni celebrativi che ricordano quelli usati con Carnera dalla stampa di regime. Ogni singolo colpo dato al sacco da De Carolis, durante i suoi allenamenti, ha suscitato genuino entusiasmo ed è stato largamente documentato da centinaia di smartphone.

 

L’evento televisivo ha giustamente assecondato questo hype. Il collegamento è stato aperto dal telecronista Fabio Caressa e dalla popolare conduttrice Diletta Leotta che per il primo quarto d’ora si sono prodotti in una spericolata serie di banalità intorno al mondo della boxe, al grido di “non sono solo pugni, dietro c’è molta tecnica”, tanto per citarne una. Immagino le reazioni se Sky affidasse il commento della finale di Champions League a una totale profana che sentenziasse col tono di una scoperta newtoniana che “non sono solo calci, dietro c’è molta tecnica”. Subito dopo sono intervenuti il cuoco Alessandro Borghese, che ha dato il suo contributo dicendo che un piatto di pasta lo può mangiare anche un pugile, e il giornalista Giuseppe Cruciani che, ormonale come al solito, ha tentato la strada del talk show domandando a Caressa se avesse mai tirato un pugno in faccia a qualcuno.
La telecronaca del match è stata affidata allo stesso Caressa che si è trovato vistosamente in imbarazzo a dover testimoniare una sconfitta che nessuno aveva veramente previsto. Involontariamente comici i suoi tentativi di minimizzare la disfatta di De Carolis, che mentre subiva penosamente l’assalto di Polyakov veniva descritto come “leggermente in svantaggio”.
Una superficialità dimostrata anche dalla scelta di non dare spazio televisivo ai sottoclou, i match di apertura, alcuni dei quali davvero emozionanti come quello fra Valerio Ranaldi e Ruslan Schelev, e culminata negli slot pubblicitari durante il minuto di break fra una ripresa e l’altra, che duravano un minuto e trenta e che si mangiavano così l’inizio del round.

 

Insomma, lo spettacolo non era davvero veder combattere De Carolis, era far parte di un evento alla moda, rilanciato dalle Instagram Stories di mezza Roma, godersi un trionfo annunciato contro un anonimo dell’est Europa che poteva chiamarsi anche Popoff e che invece è arrivato a rovinare la festa.
Oggi, com’era prevedibile, tutti abbandonano la nave.
Eppure l’esperienza finale è stata positiva e ha dimostrato almeno due cose. La prima è che quando c’è un pugile italiano forte e con l’immagine giusta, la gente lo segue e si mettono in moto macchine organizzative non banali, insomma, “i soldi escono”. La seconda, più importante, è che nella boxe, come nella vita, si può anche perdere. Ma non per questo lo spettacolo vale di meno.

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