Economia circolare

«Un’azienda di successo deve essere circolare». Intervista con Luca Meini (Enel)

6 Agosto 2019

Molti non lo sanno, ma l’Italia è leader, in Europa, nell’economia circolare. Lo dice il rapporto pubblicato a inizio anno dal Circular economy network e dall’Enea. Le aziende italiane (dalle PMI del Nordest ai grandi gruppi acquartierati a Milano, Roma e Torino) sono molto attive a riguardo: domina la sensazione che l’economia circolare sia il prossimo fattore di sviluppo tecnologico e industriale globale, e non si vuole perdere il “treno”, a differenza di quanto già accaduto con la rivoluzione del digitale.

Del resto in un paese come l’Italia, ambientalmente fragile e povero di materie prime, e molto vulnerabile all’emergenza climatica, è naturale che il mondo produttivo cerchi di trasformare una debolezza in forza, valorizzando il know-how ingegneristico e scientifico nostrano. Una delle grandi imprese più attente al fenomeno è Enel. La multinazionale, che ha aderito anche alla CE100 (network di aziende, governi, università e altri attori promosso dalla Ellen MacArthur Foundation), sta portando avanti numerose e iniziative in tal senso, e dialoga con altre aziende italiane sensibili al tema. Gli Stati Generali hanno discusso del tema con Luca Meini, responsabile globale economia circolare di Enel.

Enel dedica grande attenzione all’economia circolare. Perché?

Il modello di business ripensato in un’ottica sostenibile è stata una decisione del gruppo direi degli ultimi dieci anni, da quando si è iniziato a puntare fortemente sulla decarbonizzazione e sulle rinnovabili. Questo perché per essere sostenibile nel medio termine, è necessario dare un contribuito positivo alle principali sfide che il pianeta si trova ad affrontare. E fra queste una delle maggiori è senz’altro il cambiamento climatico. Pertanto il gruppo ha deciso di integrare l’innovazione con la sostenibilità e l’attenzione per l’ambiente nelle proprie attività di pianificazione strategica, riducendo i rischi e garantendo la redditività e gli obiettivi previsti.

E qual è il vostro approccio generale all’economia circolare?

Vede, il punto è che se oggi si puntasse su un modello di business con un impatto negativo sul clima, non sarebbe sostenibile e profittevole nel medio termine. Si è partiti dalle sfide che il pianeta deve affrontare, implementando oggi un modello di business in grado di dare un contributo positivo.

Quali sono i settori in cui promuovete con più forza una nuova economia in ottica circolare?

È una dimensione che abbiamo declinato in tutte le nostre attività. Siamo partiti da quella principale, cioè la produzione di energia, con la transizione verso le rinnovabili e un forte impegno nella transizione energetica, che abbiamo riaffermato pochi giorni fa con l’impegno per la decarbonizzazione nel 2050. Ma nella transizione all’economia circolare stiamo coinvolgendo, appunto, ogni area del business.

Riguardo al termoelettrico?

La generazione termoelettrica sta venendo via via dismessa come testimoniato da Futur-e, il progetto di economia circolare grazie al quale stiamo dando una nuova destinazione ai siti di 23 centrali termoelettriche non più attive, e a un’ex area mineraria.  Un’altra iniziativa che stiamo portando avanti è anche quella del circular procurement: da oltre due anni abbiamo avviato un grande progetto per guidare tutta la nostra catena di fornitura, a livello globale, verso principi circolari; è stato sviluppato un sistema certificato di metrica per misurare la circolarità di quanto noi acquistiamo, che tenga conto dell’impatto complessivo del prodotto a partire dalle materie prime, sino al prodotto finito. C’è quello che sta facendo Enel X, la divisione del gruppo dedicata alla sviluppo di prodotti innovativi e soluzioni digitali, che ha posto l’economia circolare fra i pilastri del suo business. Tutte le offerte che rivolge al pubblico, dalla mobilità elettrica alla domotica, passando per le soluzioni industriali, sono state concepite in quest’ottica.

 

La centrale termoelettrica di Porto Tolle

Ma queste iniziative si limitano all’Italia o si estendono anche ad altri paesi?

Stiamo operando a livello globale, in tutti i trentaquattro paesi dove siamo presenti. E per quanto riguarda le interazioni con i vari ecosistemi nazionali, questo dipende anche dal livello di maturità della discussione in ciascun contesto. Lavoriamo naturalmente molto in Italia con tutti gli stakeholder, stiamo facendo lo stesso in Spagna, c’è molta attività anche in Cile, in Colombia ecc.

Quanto è importante creare sinergie e collaborazioni con altri attori, nella vostra esperienza?

È fondamentale. Nell’economia circolare è necessario superare gli steccati, perché è un modello che si basa proprio sull’identificazione di nuove sinergie e opportunità. In Italia, ad esempio, abbiamo iniziato a collaborare molto con altre aziende, in particolare abbiamo avviato un’alleanza per l’economia circolare con realtà di altri settori (Intesa Sanpaolo, Costa Crociere, Ferragamo, Bulgari, Novamont, Eataly e Fater), proprio per sviluppare sia una visione integrata sul tema dell’economia circolare per il Paese, sia un’opportunità di collaborazione e di business. Ci interfacciamo tanto, a tutti i livelli, anche istituzionali: ovunque ci sia interesse a sviluppare la visione di economia circolare noi siamo sempre interessati a collaborare.

In questo senso un anno fa abbiamo anche lanciato un position paper sulle città circolari. Una visione, quella sulle città del domani, che non può essere limitata all’ambito energetico, per quanto importante, ma che richiede una piattaforma di collaborazione in altri settori, con le istituzioni e con la società in generale.

Fondamentale per molte aziende del settore energia è implementare azioni di open innovation. Voi ingaggiate startup e centri di ricerca?

Sì, sul tema startup abbiamo un’area dedicata, open innovation hub, con hub in vari paesi del mondo. C’è un’attività continua di interazione e collaborazione con le startup. In generale tutto questo ricade nell’open power, nel collaborare in maniera aperta. Innovare, quindi, non soltanto attraverso attività di ricerca interna, ma anche attraverso partnership e collaborazioni con startup.

Ci sono  degli indicatori di performance per quanto riguarda l’implementazione di progetti e attività di economia circolare e sostenibilità?

A livello globale, attualmente, non esiste un approccio unico, standardizzato, all’economia circolare. Quando siamo partiti abbiamo sviluppato un approccio di metrica interno, anche perché l’economia circolare non è un tema legato soltanto ai rifiuti, ma si declina lungo tutta la catena del business: dal design alla scelta dei materiali, dall’estensione della vita utile ai nuovi modelli di business e, in ultimo, ai nuovi cicli di vita. Ancora, quello che stiamo facendo attraverso il già citato circular procurement è chiaramente basato sulla misurazione, quindi è un approccio che va a comprendere tutta la vita delle forniture che acquistiamo.

Enel X ha sviluppato una metrica per i propri clienti, che applica per misurare appunto la circolarità degli stessi. In questa fase abbiamo lavorato molto sull’implementazione della circolarità all’interno delle nostre aree di business, dei prodotti, dei servizi e delle forniture. E ora stiamo ragionando sul darci degli obiettivi aggregati di gruppo, per i quali abbiamo come condizione di partenza l’aver esplorato e compreso il potenziale bottom-up di ciò che stiamo facendo.

Il modo in cui l’energia è prodotta, gestita e consumata è fondamentale nella transizione a un’economia circolare e a una maggiore sostenibilità. Quali sono le tecnologie che secondo lei possono abilitare i maggiori risparmi energetici?

Ad oggi il grande focus è sulle rinnovabili. In questo senso, attraverso forti investimenti nelle aree con alto potenziale, puntiamo su tutto il parco delle fonti non convenzionali: solare, eolico, idroelettrico e geotermico. C’è una maggiore consapevolezza della necessità di scegliere con cura le aree dove sviluppare le rinnovabili; in base, appunto, al potenziale, al contesto, alle condizioni effettive, in modo da non creare conflittualità con gli stakeholder e l’ambiente. Ormai è chiaro che l’energia rinnovabile è la soluzione, ma anche all’interno dell’energia rinnovabile bisogna distinguere tra un approccio sostenibile e circolare e approcci che non lo sono. Il punto è generare questa energia in siti adatti, lavorando in un’ottica circolare capace di abbracciare tutto il processo. Il circular procurement è un esempio di come ci preoccupiamo di gestire tutta la fase di fornitura.

Un altro aspetto cruciale è la fase di chiusura dei cicli: cosa si farà degli impianti eolici e fotovoltaici a fine vita? È un tema che, benché distante nel tempo visto che dovremo preoccuparcene solo tra diversi anni, va approcciato adesso, perché la chiusura del ciclo a fine vita è subordinata al progetto iniziale. Quindi diciamo che il mondo delle rinnovabili, che dieci anni fa veniva visto come un indistinto positivo, oggi si sta differenziando molto, perché a seconda della tipologia di impianto e del modo in cui viene costruito, vi è una grande differenza in termini di circolarità e sostenibilità.

Dal vostro osservatorio privilegiato voi vedete che l’economia circolare sta prendendo piede in Italia? Sta crescendo la sensibilità verso questo tema? Oppure c’è anche molto greenwashing e hype mediatico?

Direi che sono vere entrambe le cose. C’è sicuramente una grande attenzione, dal punto di vista delle istituzioni, talvolta anche più locali, che vedono l’economia circolare come una chiave per definire una visione di medio-lungo termine. C’è anche un’attenzione da parte di molte aziende. Spesso quelle più attive sono quelle che non lo comunicano, magari si tratta di PMI che hanno sviluppato soluzioni innovative per la transizione alla circolarità, ma che non lo fanno sapere.

Viceversa esistono aziende che vedono la circolarità più come un’occasione di greenwashing. Questo però è quasi fisiologico, sta a noi avere il senso critico per capire chi ne fa davvero un driver strategico e chi semplicemente un’opportunità di marketing. Diciamo che nel complesso c’è un buon ingaggio, e penso che sia un trend complessivo perché c’è una forte attenzione in Sudamerica, in Nord Europa ovviamente, ma anche in altre parti del mondo. Si è verificata una convergenza su questo tema che può essere di fatto complementare all’obiettivo della decarbonizzazione. Ormai sta anche emergendo la consapevolezza che per realizzare obiettivi di decarbonizzazione ambiziosi come quelli presi, ad esempio, con l’accordo di Parigi, è necessario un ripensamento sostanziale del modello economico.

Enel ha appena aderito all’impegno ONU per la riduzione della CO2 entro il 2050. L’Italia è prima in Europa per indice di circolarità, però ora sembra che ci sia un rallentamento. Pensa che il sistema-paese dovrebbe attivarsi maggiormente?

A livello di sistema-paese sarebbe necessaria un’adeguata regia istituzionale, che però continua a latitare. La politica e le istituzioni pubbliche avranno sicuramente un ruolo essenziale per coordinare e sviluppare una visione a 360° dell’economica circolare.

A suo parere, l’economia circolare rappresenta un’opportunità di rilievo per la competitività del tessuto produttivo italiano?

Questa è stata la convinzione di Enel fin dall’inizio, e da qui è nato anche il nostro impegno sul tema. È chiaro che l’economia circolare, poi, può essere declinata in vari modi: da un lato c’è la dimensione della riduzione dei costi e dei rischi, dall’altro quella dell’innovazione e delle nuove opportunità di ricavo. Potenzialmente, quindi, ci sono numerosi vantaggi. È chiaro però che occorre operare in modo strategico lungo tutta la catena del valore. Se ci si concentra solo su alcuni progetti pilota, e non si opera a livello sistemico, sfuma la possibilità di avere un impatto reale. Voglio poi sottolineare un altro aspetto importante: il passaggio da un modello di economia lineare a uno più circolare implica anche ripensamenti molto più ampli su moltissimi temi, che non riguardano soltanto la dimensione produttiva.

 

Immagine in copertina: Pixabay

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.