Economia circolare
Sostenibilità, rivoluzione ICT e rivoluzione verde marciano insieme
Cos’hanno in comune uno startupper dell’economia circolare, un giornalista, un’esperta di conservazione della biodiversità animale, un imprenditore high-tech e una scrittrice-alpinista? La passione per i boschi. Che oltre a svolgere un ruolo cruciale a livello ecologico e climatico, sono importantissimi a livello sociale, culturale, spirituale, scientifico. È una verità antica che conoscevano bene i nostri antenati cacciatori-raccoglitori, e anche i nostri nonni («perché i contadini di una volta piantavano un salice vicino a casa? Perché la sua corteccia ha delle proprietà curative preziose») e che conoscono alla perfezione i popoli tradizionali del mondo, dall’Amazzonia alle Filippine, passando per l’Artico e l’Africa del sud.
Lo ha cercato di ricordare, in occasione della Giornata Mondiale della Terra, l’evento online “NOI siamo FORESTA: storie di alberi e innovazione”. Organizzato dal Polo Digitale di Reggio Emilia, e virtualmente ospitato in una delle città italiane più attente ai temi ambientali, sociali e dell’innovazione sostenibile, l’evento ha fatto sedere attorno a un tavolo (digitale, ça va sans dire) esperti di background diversi su un tema cruciale: l’importanza ecologica e sociale delle foreste, e come i cittadini, gli innovatori e la società civile possono contribuire a preservare il patrimonio boschivo del paese, e la biosfera in generale.
Sotto la moderazione del saggista ed innovation ecosystems specialist Gabriele Catania, che ha curato l’evento, si sono confrontati l’esperta di conservazione della biodiversità animale e divulgatrice Mia Canestrini; il giornalista de il Manifesto Mauro Ravarino; l’imprenditore di lungo corso e manager Nicola Boni, ceo del Polo Digitale; Federico Stefani, co-fondatore della startup trentina dell’economia circolare VAIA; l’alpinista e scrittrice Paola Favero, già comandante del Reparto Carabinieri per la Biodiversità di Vittorio Veneto.
Mia Canestrini, “la ragazza dei lupi”, considerata una delle maggiori esperte italiane di questo mammifero, ha raccontato: «Il mio rapporto con i boschi è impegnativo. Mio padre mi portava nelle foreste già da bambina e qui ho mosso letteralmente i miei primi passi. Ho imparato a non avere paura di un ambiente che nell’immaginario collettivo viene definito oscuro, pericoloso, in cui è possibile fare brutti incontri, per esempio con i lupi, che poi sono diventati la mia materia di studio. Con i boschi ho un legame quasi da figlia».
La firma de il Manifesto Mauro Ravarino, esperto di temi ambientali e sociali, ha raccontato la resistenza e resilienza delle comunità di montagna (ad esempio quella di Ostana, piccolo ma straordinario borgo occitano ai piedi del Monviso), degli orti urbani, del Bosco delle Sorti della Partecipanza, «una storia molto antica, che risale al Medioevo. La sua gestione collettiva data al XIII secolo, quando l’allora marchese del Monferrato fece una donazione alle famiglie di Trino. Il Bosco c’è ancora oggi, e se lo vediamo dall’alto è una sorta di oasi verde nella piana risicola vercellese, caratterizzata da una coltura intensiva».
«Credo che sia fondamentale per noi lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato – ha dichiarato Boni –. Le aziende, specie quelle tecnologiche, devono prendere esempio dai giovani ed essere più attente all’impatto ambientale, che sarà un tema sempre più cruciale, in Italia e nel mondo. Difendere i boschi significa difendere un futuro migliore». Amante delle foreste e delle montagne, dove si rifugia spesso per le ferie, dopo la tempesta Vaia che nel 2018 ha devastato le Dolomiti, Boni ha deciso di dare il suo contributo alla rivoluzione green in atto, sia come utente dei boschi, sia come ceo di un Polo Digitale che vuole essere un hub di innovazione ma anche un attore del cambiamento e della transizione ecologica.
Proprio a causa della tempesta Vaia, Stefani e i due colleghi Giuseppe Addamo e Paolo Milan hanno fondato la startup VAIA, che recupera il legno abbattuto dalla tempesta omonima per trasformarlo in oggetti di design (amplificatori naturali per smartphone), dando lavoro ad artigiani e giovani dei territori colpiti, e piantando un albero per ogni amplificatore venduto. «Ho sempre amato camminare nei boschi, sin da bambino. Oggi il bosco è il centro del mio fare impresa – ha raccontato Stefani – La nostra missione è contribuire al ritorno dell’armonia di quei boschi, alla rinascita di quella biodiversità. Per noi significa anche fare qualcosa che ci rende felici e orgogliosi, avere un impatto concreto che rispecchia i valori in cui crediamo».
L’alpinista Favero, scrittrice e forestale (già comandante del Reparto Carabinieri per la Biodiversità di Vittorio Veneto), profonda conoscitrice dei boschi italiani ha sottolineato che «il bosco è l’ecosistema vegetale più evoluto e complesso della terra, raccoglie la più grande biodiversità che noi possiamo immaginare. Ci porta tantissimi servizi ed ecosistemi che non conosciamo o spesso dimentichiamo, in realtà il bosco è fondamentale per la nostra vita e quella del pianeta». L’esperta ha inoltre ricordato come troppo spesso dimentichiamo che i boschi ci proteggono da frane e valanghe, regimano le acque, mitigano il clima. In poche parole, il bosco contribuisce a creare la base della vita.
«Parliamo sempre più spesso di ecosistemi dell’innovazione. Ebbene, gli ecosistemi dell’innovazione, e coloro che li gestiscono, possono imparare molto proprio dagli ecosistemi che troviamo in natura. Per esempio, sappiamo che la diversità è uno dei punti di forza della Silicon Valley, o dei cluster innovativi della Scandinavia. E in natura un ecosistema con un alto livello di biodiversità è molto più resiliente e forte», ha concluso Catania.
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