Economia circolare
Helicopter money: contro le banche speculatrici
Siamo in un particolare momento economico che comporta, come dicono gli esperti, una recessione.
Si ha sempre nei periodi di guerra, ma anche con la pandemia.
Più che recessione quando è in gioco la tutela della salute e, dunque, la paura di morire, dicono gli economisti, ed in primo luogo gli storici, subentra la carestia.
La carestia è diversa dalla recessione: perché siamo alla povertà assoluta.
Manzoni così la descrive: “Mescolati tra la deplorabile turba, e non piccola parte di essa, servitori licenziati da padroni caduti allora dalla mediocrità nella strettezza o che quantunque facoltosissimi si trovavano inabili, in una tale annata, a mantenere quella solita pompa di seguito. Ed a tutti questi diversi indigenti si aggiunga un numero di altri, avvezzi in parte a vivere del guadagno di essi: bambini, donne, vecchi, aggruppati con i loro antichi sostenitori, o dispersi in altre parti all’accatto” (Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi, capitolo XXVIII pagina 581 Le Monnier Editore a cura di Natalino Sapegno).
La carestia è l’indigenza provocata dalla mancanza di cibo, dei fondamentali generi alimentari che, per paura dell’aumento dei prezzi, vengono accaparrati da chi è nel possesso di maggior ricchezza, con impossibilità per gli altri di approvvigionarsene.
È stato l’economista Sen – premio Nobel nel 1998 – a descriverne plasticamente le condizioni.
Egli assume che si cade in carestia quando non è possibile più lo scambio moneta-cibo, cioè la moneta perde la sua assoluta fungibilità – titolo di scambio- perché le materie prime, i generi di prima necessità scarseggiano. Così avvenne in Bangladesh.
“Effettivamente la pressione inflazionistica tipica dell’economia di guerra e l’ondata di accaparramento provocata dal timore di aumenti dei prezzi,provocarono forti alterazioni nelle possibilità di scambio di lavoro o d’altre merci con il riso, che era l’alimento principale. Insomma, alcuni gruppi sociali usarono il potere economico per manovrare una maggiore quantità di prodotti alimentari, sottraendoli alle classi meno abbienti (Sen: Fame e rapporti di scambio: un’interpretazione generale e la sua applicazione alla grande carestia del Bangladesh).
Ci stiamo anche rendendo conto che la liquidità monetaria è andata in trappola.
La domanda aggregata di beni e di servizi non tira, i consumi sono fermi.
Il che implica una caduta verticale dei redditi che produce un’insolvenza diffusa, con ripercussioni negative innanzitutto sul capitale delle banche creditrici, secondo il meccanismo di crisi finanziaria della debt deflation proposto nel 1933 da un altro economista I. Fisher.
Infatti, non potendo lavorare per colpa della pandemia, molte aziende sono impossibilitate a far fronte ai propri impegni bancari che, se non onorati, producono l’inadempimento, la non restituzione del prestito, con l’effetto duplice di determinare il fallimento dell’impresa e una difficoltà della banca di ottenere il denaro prestato.
Come ha scritto Draghi in questi casi non vi sono colpe, perché la pandemia a differenza della guerra è un fenomeno naturale non provocato dall’uomo e, se falliscono le imprese, non si possono ascrivere colpe a nessuno.
Ed allora le banche non devono prestare denaro, ma è lo Stato – risorsa di ultima istanza – che deve intervenire per fornire danaro alle imprese.
Con il meccanismo del fondo perduto, senza cioè richiedere la restituzione. Non prestito, ma donazione.
Il decreto ultimo del governo non è in questa scia, perché implica un’elargizione di danaro, ma con un rientro a sei anni.
Nessuna azienda ha la possibilità, con la recessione in atto, con una domanda che non tira perché redditi non ce ne sono, di poter restituire un prestito.
Un grande economista Milton Friedman spiegò in “Capitalismo e libertà” che in questi casi occorre far arrivare il denaro direttamente all’economia reale, sui conti correnti. È il fenomeno dell’ Helicopter Money.
Letteralmente “denaro che piove dal cielo”, che richiama l’immagine di un elicottero che lancia denaro mentre si trova in volo.
In pratica, per Helicopter Money si intende l’accredito di denaro contante direttamente nei conti correnti dei cittadini.
È lo stimolo monetario di ultima istanza per risollevare l’economia e combattere la deflazione.
Friedman ha usato l’analogia di far cadere le banconote da un elicottero ai cittadini sottostanti per illustrare come creare denaro e distribuirlo alle persone sarebbe un mezzo più semplice per aumentare i consumi.
In sostanza, la banca centrale dovrebbe stampare carta moneta e distribuirla direttamente nei conti dei cittadini e questo non rientrerebbe nei compiti della Banca centrale europea, ma in momenti di assoluta emergenza tutto sarebbe possibile.
Un altro modo di adottare l’Helicopter Money è attraverso il canale fiscale.
La Banca Centrale potrebbe cancellare in tutto o in parte i suoi crediti vantati verso i governi e liberare risorse per le politiche fiscali espansive (riduzione delle tasse e aumento della spesa pubblica).
Con una variante fondamentale in questi casi: se ci si accorge che il denaro non viene speso, ma risparmiato, che non circola, lo Stato deve intervenire.
L’esempio più recente di Helicopter Money è avvenuto ad Hong Kong. A febbraio, di fronte al coronavirus, il governo di Hong Kong ha incaricato la banca centrale di depositare in ciascuno dei residenti della città (dai 18 anni in su) una somma di 10.000 HK $ – o circa 1.142 euro – per sostenere l’economia locale.
Con il coranavirus è una soluzione possibile. Lo Stato non deve prestare garanzie, non si può parlare di prestito in un’economia ad altissima depressione.
In mancanza di restituzione avverrà come nel 1929: le banche divoratrici mangeranno la nostra ricchezza.
Lo ricordò in Furore Steinbeck.
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