Clima
Una transizione climatica equa deve garantire un lavoro dignitoso per tutti
Il tema del lavoro e delle conseguenze distributive della transizione economica necessaria per limitare il cambiamento climatico non è mai stato così sentito e centrale come in questa COP del carbone. La location della COP ha fatto sì che i lavori siano stati aperti dalla parola d’ordine “transizione equa” lanciata dal presidente della COP, Michal Kurtyka. La Polonia, infatti, e in particolare la regione dell’Alta Slesia in cui si tiene la COP di quest’anno, vedono come protagonista della loro economia la produzione di carbone. La riduzione della sua produzione porterebbe quindi grossi impatti sull’occupazione della popolazione locale. Dall’altra parte, le proteste delle ultime settimane in Francia del movimento dei Gilet Gialli hanno evidenziato come la transizione energetica debba essere appoggiata e condivisa dalle popolazioni. La protesta, infatti, è nata per contestare le tasse imposte dal governo francese sulla benzina, ma ha poi proposto politiche alternative a favore dell’ambiente.
Di tutti questi aspetti hanno discusso persone di alto livello durante l’evento organizzato sotto la Marrakesh Partnership for Global Climate Action riguardo l’ottavo Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dedicato al Lavoro dignitoso e lo Sviluppo economico (Sustainable Development Goal – SDG 8). Un incontro in cui si è cercato di capire quali azioni climatiche possano garantire una transizione economica equa e sostenibile per tutti. L’evento, coordinato dall’International Labour Organization, ha visto la presenza come key note speaker di Nicholas Stern, noto economista della London School of Economics, e il presidente della COP21 Laurent Fabius.
L’evento era ispirato all’ottavo SDG che ha l’obiettivo di garantire un lavoro dignitoso per tutti e un’occupazione piena e produttiva, tramite una crescita economica duratura, sostenibile e inclusiva. La sfida che si presenta, quindi, è di far sì che la transizione economica necessaria per limitare il cambiamento climatico non impatti e ostacoli il miglioramento delle condizioni di lavoro della popolazione.
La creazione di un lavoro stabile che garantisca più diritti ai lavoratori è un obiettivo fondamentale nel contesto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che influenza molti altri obiettivi, come la lotta alla povertà e alla fame nel mondo, e la diminuzione delle disuguaglianze. D’altra parte, nel contesto attuale, l’applicazione di politiche ambientali atte a limitare il cambiamento climatico rischiano di impattare in maniera molto forte alcuni settori produttivi e quindi i lavoratori che vi appartengono. I settori basati o che producono i combustibili fossili o in generale concentrati sull’uso intensivo di risorse, dovrebbero avere una forte contrazione, portando quindi una diminuzione dell’occupazione. Inoltre, le politiche climatiche possono anche portare impatti indiretti ai lavoratori, colpendo alcune classi della popolazione più di altre.
L’idea di una transizione equa, quindi, riguarda una transizione economica che porti ad un sistema più sostenibile da un punto di vista ambientale, ma che riesca allo stesso tempo a non impattare sul raggiungimento degli obiettivi occupazionali e di diminuzione della disuguaglianza, nel rispetto quindi dei diritti umani. Ciò significa non peggiorare le condizioni di vita delle classi più povere della popolazione per poter salvaguardare l’ambiente. Riuscire ad implementare una transizione equa non è solamente importante per il motivo morale di creare un mondo più sostenibile sia da un punto di vista ambientale che sociale. Una transizione equa è anche una condizione necessaria per garantire che sia realmente possibile una transizione. L’applicazione di politiche ambientali con conseguenze elevate sull’occupazione e la qualità del lavoro, infatti, rischiano di rendere il processo di transizione impopolare. In assenza di un sostegno a favore di un regime sostenibile da parte delle popolazioni esso non potrà essere concretizzato. Per poter essere realizzabile da un punto di vista politico, questo deve essere un processo condiviso con le varie componenti della società. La risoluzione al cambiamento climatico, quindi, non può e non deve essere un processo top-down, ma deve riuscire a integrare i diversi attori economici e sociali nella sua implementazione
In questa chiave, l’International Labour Organization parla di transizione equa come di un processo atto a costruire un clima di fiducia tra i diversi attori dell’economia per l’implementazione di politiche climatiche condivise da tutti. Esso si deve quindi basare sulla costruzione di un dialogo tra le diverse parti della società, coinvolgendo in prima persona anche i lavoratori. Per fare ciò è importante che il processo sia costruito localmente, per poter rispettare le peculiarità locali specifiche e dei diversi settori produttivi. Questo processo non è solamente importante per i paesi in via di sviluppo, ma anche per i paesi industrializzati. In essi, infatti, le conseguenze delle politiche ambientali possono risultare consistenti, data la rilevanza di settori dell’economia con un’alta intensità di emissioni.
Cercare di ottenere una transizione equa, che coinvolga i diversi settori della popolazione, non deve diventare un ostacolo all’aumento dell’ambizione nell’azione climatica. Essa, invece, dovrebbe mirare ad essere un processo che individui le opportunità che la transizione verso un regime più sostenibile può fornire e le metta a disposizione delle popolazioni nel loro complesso. La creazione di nuovi posti di lavoro in settori “green” e il miglioramento dell’accesso a tecnologie climate-smart sono solo due esempi di politiche che possono essere perseguite in questa direzione. Inoltre, e’ importante in questo senso avere forme di protezione sociale che aiutino le classi più svantaggiate ad affrontare i possibili rischi che il cambiamento climatico porrà nei prossimi anni.
Anche nei negoziati che si stanno svolgendo in questi giorni riguardanti l’implementazione dell’Accordo di Parigi, è quindi importante trovare il modo di conciliare il riconoscimento dell’obiettivo di garantire a tutti un lavoro dignitoso con gli obiettivi assunti nell’Accordo. In esso, l’importanza di un lavoro dignitoso viene riconosciuta solamente all’interno del preambolo, che non risulta essere vincolante per le parti, mentre viene ignorata nel testo dell’Accordo. Ci si chiede quindi se ora questo aspetto verrà integrato nel Paris Rulebook e come si possibile farlo.
La garanzia di lavoro dignitoso, una società più equa e la lotta al cambiamento climatico sono obiettivi fortemente connessi e che hanno bisogno di supportarsi a vicenda. Tenerli insieme, vuol dire tentare di “scindere la crescita economica dal degrado ambientale”, come recita il target 4 dell’ottava obiettivo dello sviluppo sostenibile.
di Margherita Bellanca
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