Clima

Talanoa Dialogue, il ruolo delle Fiji in un equilibrio inaspettato

5 Dicembre 2017

di Domenico Vito

Durante la scorsa COP23 di Bonn le decisioni sull’implementazione dell’Accordo di Parigi sono state protagoniste dei negoziati. In particolare, grande attenzione è stata posta sulle decisioni riguardanti le misure di carattere finanziario. Le più grandi novità di questa COP sono state infatti l’adozione della metodologia del Talanoa Dialogue, l’approvazione della Piattaforma delle Popolazioni Indigene (Local Communities and Indigenous people Platform – LCIP) e le raccomandazioni del Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice relative all’impatto dell’agricoltura sul cambiamento climatico. Si può dire che queste tre novità vanno tutte nella direzione di un’implementazione delle misure dell’accordo di Parigi secondo un approccio bottom-up.

Per quanto riguarda le decisioni sull’agricoltura esse aprono il campo a forti innovazioni, ma anche ad un senso di recupero della conoscenza indigena come risorsa per l’adattamento. Se da un lato si fa sempre più spazio il concetto di climate smart agriculture, secondo il quale il settore agricolo fa fronte agli effetti del cambiamento climatico tramite la tecnologia, dall’altro – sopratutto a seguito di questa COP – si riafferma il ruolo delle conoscenze tradizionali in campo agricolo. Tali conoscenze sono alla base di soluzioni come l’agroecologia e la permacultura, esempi di adattamento per un’agricoltura basso emissiva, rappresentanti una gestione integrata delle risorse naturali cosi come indicato nel documento approvato dalle parti.

La presidenza Fijiana di questa COP ha inoltre portato all’approvazione del dialogo Talanoa, una forma di confronto costruttivo facilitativo ripreso dalla tradizione delle isole Fiji, che sarà utilizzato a partire dal prossimo gennaio per lavorare sulle misure di implementazione dell’Accordo. Esso è strutturato da una prima fase preparatoria supportata dal rapporto straordinario dell’IPCC sul contenimento del riscaldamento globale entro gli 1,5°C attualmente in fase di redazione, dove verranno raccolti i contributi da diversi portatori di interesse a livello locale, regionale e nazionale. Seguirà poi una seconda fase politica durante la COP24, dove verranno discussi i contributi della fase preparatoria e prese le decisioni. Entrambe le fasi saranno costituite da una struttura di identificazione dei problemi e proposta delle soluzioni sulla base di 3 domande riprese dalla tradizione dialogica fijiana: Chi siamo? Dove vogliamo Andare? Cosa ci ha portato qui?

E’ interessante sottolineare come la conoscenza tradizionale, oltre ad essere stata ufficialmente riconosciuta in questa Conferenza delle Parti, sia diventata anche uno strumento majeutico e una base informativa per la conduzione delle prossime sessioni negoziali.

Sebbene la logistica all’interno del World Conference Centre di Bonn, che ha visto la separazione fisica dei negoziati dalla società civile, non abbia aiutato a fare da eco al concetto di dialogo e di unitarietà catalizzato dalle Fiji, si può comunque dire che questa COP23 ha sottolineato il valore della partecipazione delle comunità e delle culture indigene alla lotta ai cambiamenti climatici. Partecipazione, incentivata dalla LCIP, che creerà uno spazio di condivisione delle conoscenze e delle buone pratiche necessario all’attuazione equa e giusta delle misure di adattamento e di mitigazione previste dall’Accordo di Parigi.

Infine, la sfida che questa COP rilancia è, come sostenuto da Al Gore, prima di tutto una sfida di civiltà che ci può insegnare che essere Talanoa – ossia capire di essere tutti sulla stessa barca – significa comprendere come l’azione coordinata, comunitaria e inclusiva nell’implementazione delle soluzioni proposte dall’accordo di Parigi sia la risposta che i negoziati devono percorre per essere realmente efficaci.

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