Clima

Perché anche oggi, a tavola, hai sciolto i ghiacci del Polo Nord

25 Febbraio 2019

“La carne fa male”.
Quante volte ce lo siamo sentiti dire? Troppa fa male al fegato, è pericolosa per i reni, è piena di residui di antibiotici per animali, di conservanti, se mangiata troppo cruda può veicolare malattie, se mangiata troppo cotta aumenta il suo potenziale cancerogeno. Ma allora perché ne mangiamo sempre di più?

Secondo la Fao, in Italia il consumo di carne è aumentato di quasi il 200% in meno di 50 anni, con un valore annuo che ha raggiunto gli 80kg a persona nel 2007.
Se è vero che una lieve flessione è stata registrata negli anni successivi, soprattutto a causa delle battaglie dei cosiddetti “vegan“, ovvero persone che per motivi perlopiù etici (e di salute) hanno smesso di comprare e mangiare prodotti di origine animale, sensibilizzando l’opinione pubblica sulle tremende condizioni di vita negli allevamenti intensivi, l’ondata di indignazione, durata qualche anno, sembra si stia rapidamente ritirando.

Una recente analisi della Coldiretti (2018) ha confermato che, negli ultimi 6 anni, oltre un milione di italiani ha abbandonato la dieta vegana per tornare a consumare carne, uova e latticini. I vegani sono passati dal 3% della popolazione a meno dell’1%, mentre nel frattempo è aumentato del 4% il consumo di pollame, del 4% quello della carne di maiale ed addirittura del 5% quello della carne bovina, la peggiore in termini di impatto ambientale. Abbiamo quindi nuovamente raggiunto i 79 kg anno pro-capite di carne consumata annualmente. 

Si tratta di una cifra impressionante ma, che vi crediate o meno, vi sono paesi europei che fanno ben peggio di noi: basti prendere i 109,8 kg annui della Danimarca, i 99,5 della Spagna o gli 86 dei tedeschi. Senza voler nemmeno scomodare gli Stati Uniti, dove il consumatore medio ne ingerisce oltre 122 kg in un anno.
Triste a dirsi, le proiezioni della Fao per il 2025 vedono un’ulteriore impennata nei consumi.

 

 

Le argomentazioni etiche a sostegno di una riduzione del consumo, nonostante abbiano smosso alcune coscienze, hanno dunque fallito. A quanto pare la sofferenza di una mucca, l’ingozzamento forzato delle anatre, o la macellazione di un pulcino appena nato, non sono in grado di suscitare nella maggior parte di noi sufficiente empatia perché si possa rinunciare alla nostra bella bistecca alla fiorentina, o alle nostre lasagne con il ragù, o al nostro pollo arrosto.

Di questo bisogna prendere atto, senza continuare ad illudersi. I problemi degli animali non ci interessano abbastanza.

Tuttavia potrebbero interessarci i nostri.
Già, perché il consumo smodato di carne non solo non è salutare (e chissenefrega, la vita è breve?), non è etico (e chissenefrega, sono solo bestie?), ma sta anche letteralmente facendo collassare il nostro pianeta (ops…).

Una nuova ricerca, consultabile gratuitamente sulla rivista Nature, ha stabilito che se vogliamo provare a contenere l’innalzamento della temperatura globale sotto gli 1.5 gradi (limite oltre il quale le conseguenze sarebbero catastrofiche) i paesi occidentali devono tassativamente ridurre il loro attuale consumo di carne del 90%.

Gli allevamenti intensivi, infatti, sono causa di una grandissima parte delle nostre emissioni di Co2 e metano nell’atmosfera, gas serra responsabili del riscaldamento globale, contribuiscono in maniera massiccia alla deforestazione (sapete quanto spazio serve per coltivare mangime in grado di nutrire miliardi di animali da macello?), prosciugano interi corsi d’acqua e rendono inabitabili aree grandi quanto una città di medie dimensioni a causa dei liquami prodotti.

La carne detiene il poco invidiabile record di essere l’alimento in assoluto meno sostenibile che esista: L’Ime (Institution of Mechanical Engineers), società di ingegneria con sede a Londra, ha stimato che per produrre un chilo di carne vi sia bisogno di una quantità che varia dai 5mila ai 20mila litri di acqua. Si, avete letto bene.

Degli effetti delle nostre emissioni di gas serra sul clima ho già parlato qui, e continuerò ad occuparmene in futuro.

Con una popolazione mondiale che secondo le attuali stime raggiungerà i 10 miliardi di persone entro il 2050 questo tasso di consumo di carne non solo non è etico, non è salubre e non è sostenibile: è una completa follia, e rischia di condurci verso il baratro.

Dove non sono riuscite le campagne degli attivisti deve riuscire la politica. Qualche governo, per fortuna, è più avanti del nostro. In Irlanda, dove vivo attualmente, è finalmente in via di approvazione una “meat tax“, una tassa sulla carne, come prima azione per tentare di abbatterne il consumo. Si tratta di un primo passo, ma molto importante, per cominciare a muoversi nella giusta direzione.

Qualcuno, non ho dubbi, griderà allo scandalo e gonfierà il petto: “una nuova tassa? A me la carne piace e sono libero di pagarla poco e mangiarla quando voglio!” 

Ebbene, cari amici, no. Come già ricordava Martin Luther King, la libertà dei singoli finisce dove comincia quella degli altri.

Permettetemi di aggiungere: e dove comincia la sopravvivenza di tutti.

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