Clima
Luca Mercalli: in Italia non si fa prevenzione e si muore di crisi climatica
A inizio agosto il podcast Che clima fa di Daniele Federico aveva intitolato una puntata “Audio-manuale di sopravvivenza climatica”. Parlava di come affrontare le situazioni di emergenza in cui potremo trovarci a fronte della crisi climatica: incendi, ondate di calore, alluvioni. Tutti fenomeni a cui fino a quest’estate in Italia e in generale in Europa non eravamo davvero abituati, apparivano rari, o almeno sporadici. E ci si permetteva il lusso di farsi cogliere ogni volta totalmente impreparati, di esserne sorpresi: da un evento inaspettato è lecito essere presi alla sprovvista.
In questi ultimi mesi in realtà le ondate di calore sono state lunghe e numerose, un enorme blocco di ghiaccio si è staccato dal ghiacciaio della Marmolada sulle Dolomiti, le cosiddette notti tropicali (notti in cui la temperatura non scende mai sotto i 20 gradi) sono state più di 50, mentre fino a pochi anni fa erano eventi sporadici nel corso di un’estate. E poi sono arrivate trombe d’aria in Toscana con morti e feriti, alluvioni in Sicilia e in Calabria (in particolare a Scilla) con fiumi di fango e auto trascinate fino al mare, e adesso l’area interna delle Marche fra Pesaro, Urbino e Ancona, è stata colpita da un’alluvione violentissima.
Non si possono più considerare come fenomeni isolati di maltempo: questa cosa si chiama crisi climatica e tutti gli elementi sono collegati fra loro. Dopo un’estate così calda, con il mare a una temperatura di 5 gradi sopra la media, ci si possono facilmente aspettare eventi così estremi, anche se è difficilissimo prevedere dove e con che intensità si scatenerà il singolo temporale. Ieri sono caduti 418 ml di pioggia in 7 ore, quanta di solito ne cade in 4 o 6 mesi (in alcune zone d’Italia, 900 ml è la pioggia che cade in un anno). Un suolo secco, arso da mesi di siccità, farà più fatica ad assorbire l’acqua. Un terreno estremamente cementificato è impermeabile e di acqua non ne assorbirà proprio.
Se questi fenomeni non possono più essere considerati sporadici, e anzi diventeranno sempre più frequenti, dovremo in qualche modo educarci ad affrontarli: non è più lecito (e non lo è più da almeno vent’anni) essere presi alla sprovvista.
Per prima cosa, certo, non bisogna prendere alla leggera un’allerta meteo con l’idea che sia “solo un po’ d’acqua”. La crisi climatica ci insegna a trovare un nuovo posto nel mondo e dunque, fra le tante altre cose, a prendere sul serio i fenomeni atmosferici e a imparare come affrontarli, a sapere che durante un’alluvione gli ultimi posti dove bisogna stare sono garage, cantine, automobili, argini, ponti; e che bisogna allontanarsi dai fiumi, evitare le strade allagate, raggiungere piani alti degli edifici, collinette, luoghi elevati.
Passata l’emergenza, però, diventa urgente fare pressione perché il clima sia al centro di ogni scelta politica e venga trattato con la stessa urgenza e intransigenza con cui si sono trattate guerra e pandemia, come ha detto ieri anche Papa Francesco: ridurre le emissioni di CO2 e la cementificazione, cambiare il modo di costruire, organizzare il territorio in modo che sia preparato a eventi atmosferici estremi è letteralmente vitale, perché quest’estate (e non solo, ma sappiamo che la memoria è corta) abbiamo visto che di crisi climatica si muore e che i costi, anche economici, dei disastri sono altissimi.
Per capire come sia possibile essersi trovati ieri, dopo un’estate come questa, ancora totalmente impreparati, abbiamo parlato con il meteorologo, climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli.
Quanto è prevedibile un evento del genere?
Si può prevedere in maniera molto generale che ci saranno dei temporali ma non c’è nessuna previsione in nessuna parte del mondo che oggi sia in grado di dire con esattezza se un fenomeno di questo genere capiterà in un certo posto, a una certa ora e con quale intensità. Possiamo solo dire che ci saranno dei temporali e questo è stato fatto, sono state date delle allerte: c’era allerta arancione in Toscana e in Umbria e allerta gialla nelle Marche. Il fenomeno è avvenuto a pochi chilometri dal confine fra l’Umbria e le Marche quindi la previsione era abbastanza corretta: c’era una perturbazione un po’ più forte sull’Umbria e un po’ meno forte sulle Marche. Che poi l’acqua sia scesa sulle Marche è perché i fiumi sono fatti così e l’Appennino pende in un certo modo. Di fatto il temporale si è verificato lì fra le due regioni, ma nessuno può prevedere in anticipo la quantità di pioggia. Comunque si sapeva che sarebbe stato più intenso del solito e infatti c’erano allerta gialla e arancione. Tenete conto che per dare un’allerta il meteorologo deve mediare su diversi indicatori: non solo l’intensità ma anche la diffusione sul territorio, e in questo caso non si trattava di un’area molto ampia.
C’era l’allerta eppure in qualche modo ci si trova sempre impreparati. E tante morti sarebbero evitabili.
Quello che manca in Italia è una costruzione di coscienza civile sul dissesto idrogeologico. È da trent’anni che ad ogni alluvione siamo qui a dire le stesse cose perché non facciamo informazione e cultura della prevenzione. Per esempio tra le vittime ce ne sono due, padre e figlio, che sono andate a togliere la macchina dal garage. Ma la macchina la paga l’assicurazione, la vita no. Quanti sono purtroppo i morti per le scelte sbagliate in situazioni del genere? Dovremmo martellare, queste sono cose importanti che dovrebbero essere ripetute fino alla nausea e soprattutto ripetute in tempo, diciamo, “di pace”: non si fa nell’emergenza questa formazione. Però l’Italia non è un paese in cui piace fare prevenzione, si preferisce fare le corna e toccare il cornetto rosso.
E invece bisogna capire che la buona informazione ti prepara il cervello ad affrontare queste situazioni. Invece le esercitazioni vengono fatte solo a livello di protezione civile e non dei cittadini.
Sono i media o le istituzioni che dovrebbero occuparsene?
I media possono fare molto ma è soprattutto compito delle istituzioni. Poi questo non sarebbe sufficiente a evitare i danni, con 400 ml d’acqua ci sarebbero stati danni enormi lo stesso, però forse invece di 10 morti ne avremmo avuti 5.
Dopo un’estate così calda però, anche se non si può prevedere l’entità del singolo evento, si può prevedere che ci saranno eventi estremi.
I nubifragi ci sono sempre stati ma il calore in più li amplifica enormemente. Dentro ci sono tre grandi gruppi di problemi: c’è una parte di cambiamento climatico; una parte di dissesto idrogeologico storico, che c’è sempre stato in Italia e che non abbiamo mai voluto affrontare e risolvere; e c’è una parte di cementificazione del territorio: la cementificazione rende il territorio più vulnerabile, bisogna costruire meno e non vicino ai fiumi.
Il calore è certamente un ulteriore elemento per aspettarsi eventi estremi più frequenti nel corso dell’autunno. Quindi era probabile che dopo un’estate così calda, con il mare molto caldo, si sarebbero avuti eventi di grossa entità, e in effetti sta andando proprio così: solo nell’ultimo mese ci sono stati il 18 agosto in Versilia, poi il temporale di Como, poi la Calabria, ora le Marche.
E ormai sarà sempre così?
Farà sempre più caldo in futuro, quindi sì, saranno eventi sempre più frequenti. Colpisce infatti, in questo momento di campagna elettorale, come i grandi assenti nelle parole dei politici siano proprio l’ambiente e il rischio climatico. Dovrebbe essere il centro di tutti i discorsi.
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