Clima
Le imprese green e digitali resistono meglio alla pandemia
Sono oltre 432 mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito negli ultimi 5 anni in prodotti e tecnologie green. In pratica quasi una su tre: il 31,2 percento dell’intera imprenditoria extra-agricola. Nel quinquennio precedente erano state 345 mila (il 24% del totale). E se si guarda al settore manifatturiero la percentuale delle aziende che si sono votate al green è del 35,8 percento. Si parla di più di un’azienda su tre.
A mettere a fuoco la forza della green economy italiana è l’undicesimo rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola e di Unioncamere, promosso in collaborazione con Conai, Ecopneus e Novamont, con la partnership di Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne srl ed Ecocerved e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
La ricerca, con un focus sulla Regione Lombardia, è stata presentata da Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e Giuseppe Tripoli, segretario generale Unioncamere. Al dibattito hanno partecipato Giovanni Fosti, presidente della Fondazione Cariplo, Antonio Calabrò responsabile cultura di Confindustria, Raffaele Cattaneo, assessore Ambiente della Regione Lombardia, e Regina De Albertis, presidente giovani Ance.
Soltanto nel 2019 quasi 300 mila aziende hanno investito sulla sostenibilità e l’efficienza (il dato più alto registrato da quando Symbola e Unioncamere hanno iniziato a misurare gli investimenti per la sostenibilità). In questi investimenti rientrano perlopiù l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili insieme al taglio dei consumi di acqua e rifiuti, seguono la riduzione delle sostanze inquinanti e l’aumento dell’utilizzo delle materie seconde.
Tutto questo però avveniva prima della pandemia, a cui comunque hanno reagito meglio proprio le imprese più votate al green. Secondo un’indagine svolta da Symbola e Unioncamere nel mese di ottobre 2020 (che ha esaminato 1.000 imprese manifatturiere) chi è green è più resiliente. Tra le imprese che hanno effettuato investimenti per la sostenibilità il 16 percento è riuscito ad aumentare il proprio fatturato, contro il 9 percento delle imprese non green. Ciò non significa che la crisi non si sia fatta sentire, ma comunque in misura più contenuta.
La quota di imprese manifatturiere il cui fatturato è sceso nel 2020 di oltre il 15 percento è dell’8 percento, mentre è stata quasi il doppio (14 percento) tra le imprese non eco-investitrici. Il vantaggio competitivo delle imprese eco-investitrici si conferma in un periodo così complesso anche in termini occupazionali (assume il 9% delle green contro 7% delle altre) e di export (aumenta per il 16% contro il 12%). Questo anche perché le aziende eco-investitrici innovano di più (73% contro 46%), investono maggiormente in R&S (33% contro 12%) e utilizzano o hanno in programma di utilizzare in misura maggiore tecnologie 4.0. Nonostante l’incertezza del quadro futuro, le imprese dimostrano di credere nella sostenibilità ambientale: quasi un quarto del totale (24%) conferma eco-investimenti per il periodo 2021-2023.
«In questa fase drammatica emerge con più forza la necessità di una svolta decisa verso una sostenibilità reale, che arrivi a coinvolgere i processi aziendali e produttivi. I dati del nuovo rapporto sulla Greeneconomy – afferma il presidente della Fondazione Cariplo, Giovanni Fosti – ci dimostrano che questa consapevolezza si sta diffondendo in modo significativo nel nostro territorio, coinvolgendo imprese, istituzioni ed enti non profit nello sviluppo di nuovi modelli di creazione di valore nell’interesse della collettività. Fondazione Cariplo da anni promuove l’economia circolare con molte iniziative nel campo della ricerca, sul territorio e nella diffusione di buone pratiche, costruendo reti di collaborazione stabile su questo tema. Occorre unire gli sforzi di tutti per tenere insieme sviluppo economico, coesione sociale e tutela dell’ambiente: soltanto così potremo generare valore per le nostre persone e contribuire alla crescita delle nostre comunità e del Paese».
Dall’indagine emerge chiaramente anche che green e digitale insieme rafforzano la capacità competitiva delle nostre aziende. Le imprese eco-investitrici orientate al 4.0 nel 2020 hanno visto un incremento di fatturato nel 20% dei casi, quota più elevata del citato 16% del totale delle imprese green e più che doppia rispetto al 9% delle imprese non green.
«Dal Rapporto emergono quattro punti fondamentali», ha sottolineato il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. «1. La transizione verde è un percorso su cui le imprese italiane si sono già avviate: un quarto di esse, malgrado le avversità di questo periodo, intende investire nella sostenibilità anche nel prossimo triennio. 2. Le imprese della greeneconomy sono più resilienti: nel 2020, hanno registrato perdite di fatturato inferiori alle altre, sono ottimiste più delle altre e ritengono di recuperare entro 1-2 anni i livelli di attività precedenti alla crisi. 3. Le imprese green innovano di più, investono maggiormente in R&S, utilizzano di più le tecnologie 4.0 e privilegiano le competenze 4.0. 4. Le imprese giovanili guardano di più al green: il 47% delle imprese di under 35 ha investito nella greeneconomy nel passato triennio contro il 23% delle altre imprese».
Siamo infatti il campione europeo nell’economia circolare e nell’efficienza dell’uso delle risorse. L’Italia, infatti, è in assoluto il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: 79%, il doppio rispetto alla media europea che ammonta 39 percento e ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei. Complessivamente, inoltre, la sostituzione di materia seconda nell’economia italiana comporta un risparmio potenziale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate di CO2. Si tratta di valori equivalenti al 14,6 % della domanda interna di energia e al 14,8% delle emissioni climalteranti (2018). Per ogni chilogrammo di risorsa consumata, l’Italia genera – a parità di potere d’acquisto (PPS) – 3,6 euro di PIL, contro una media europea di 2,3 euro. Produciamo meno rifiuti: 42,3 milioni di tonnellate per ogni milione di euro, contro il 58,9 della media dei grandi Paesi Ue.
L’economia circolare diventa mainstream e tutti i settori ricorrono in maniera più consistente a materiale di recupero, anche nelle produzioni di fascia alta (ad esempi gli agglomerati di quarzite o l’arredamento di design). L’industria italiana del legno arredo è infatti prima in Europa in economia circolare: il 93% dei pannelli truciolari prodotti in Italia è fatto di legno riciclato. E con il taglio record del 20% sull’uso dei pesticidi (2011-2018) l’agricoltura italiana si conferma la più green d’Europa. Siamo il primo paese europeo per numero di aziende agricole impegnate nel biologico dove sono saliti a ben a 80.643 gli operatori coinvolti (2019). E inoltre, il settore tessile guida la conversione sostenibile della moda, nelle fibre e nell’uso di prodotti chimici più sostenibili.
Guardano all’occupazione, nel 2018 il numero dei green jobs in Italia ha superato la soglia dei 3 milioni: 3.100.000 unità, il 13,4% del totale dell’occupazione complessiva (nel 2017 era il 13,0%). L’occupazione green nel 2018 è cresciuta rispetto al 2017 di oltre 100 mila unità, con un incremento del +3,4% rispetto al +0,5% delle altre figure professionali. Una importante spinta al nostro sistema manifatturiero verso la sostenibilità ambientale è impressa dai giovani imprenditori: tra le imprese guidate da under 35, il 47% ha fatto eco-investimenti, contro il 23 delle over 35. Green economy significa anche cura sociale: il 56% delle imprese green sono imprese coesive, che investono cioè nel benessere economico e sociale dei propri lavoratori e della comunità di appartenenza relazionandosi con gli attori del territorio (altre imprese, stakeholder, organizzazioni non profit, ecc.); tra le imprese che non fanno investimenti green, invece, le coesive sono il 48%.
La Lombardia si conferma la regione con più imprese (77.691) che hanno investito, o investiranno entro l’anno, in tecnologie green. Milano con le sue 30.902 imprese green è la provincia più virtuosa. Seconda Brescia con 10.201 imprese, il terzo gradino del podio è occupato da Bergamo a quota 8.095. L’ottimo risultato della provincia di Milano è confermato anche su scala nazionale; la città è infatti al primo posto in Italia nella graduatoria provinciale per numero di imprese green. Ma i primati della regione non si fermano qui: con 137.097 contratti stipulati a green jobs dalle imprese per il 2019, la Lombardia è al vertice anche della graduatoria regionale per numero di contratti stipulati o programmati entro l’anno. Un primato nazionale che vanta anche Milano, con le sue 74.062 mila attivazioni di contratti a green jobs previste a livello provinciale, il 14,2% del totale nazionale.
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