Clima
Inchiesta sull’auto elettrica, parte II: entriamo nel vivo delle criticità
“Inchiesta sull’auto elettrica” Parte I: https://www.glistatigenerali.com/auto_clima/la-verita-sullauto-elettrica-parte-i/
“Inchiesta sull’auto elettrica” Parte III: https://www.glistatigenerali.com/auto_clima/la-verita-sullauto-elettrica-parte-iii/
“Inchiesta sull’auto elettrica” Parte IV: https://www.glistatigenerali.com/auto_clima/la-verita-sullauto-elettrica-parte-iv/
Coautore: Silverio Allocca
L’incubo della carenza di elettricità
In questa seconda parte del viaggio nel modo dell’auto elettrica affrontiamo temi cruciali come l’autonomia, la ricarica, l’inquinamento elettromagnetico, la sicurezza legata al rischio di incendio: aspetti spesso fortemente sottovalutati.
Autonomia e diffusione dei punti di ricarica
L’autonomia è legata all’efficienza dell’auto: ad esempio una Mercedes 2022 EQS 450+ percorre circa 395 miglia con una piena ricarica, mentre una Audi e-tron Quattro raggiunge 188 miglia di autonomia[2]. Tali dati sono altamente indicativi, poiché dipendono da numerose variabili come il carico, lo stile di guida, la topografia, la temperatura esterna, il tipo di pneumatici, l’utilizzo del riscaldamento, dell’aria condizionata o di altri dispositivi che si aggiungono al normale assorbimento – ed infine l’età delle batterie[3].
Se mettiamo a confronto l’autonomia generale di un EV rispetto ad un ICEV, questa risulta ancora notevolmente inferiore: l’EV finisce quindi per essere preferito da chi ha l’esigenza di effettuare piccoli spostamenti, ma scoraggia chi vuole effettuare lunghi viaggi. Soprattutto per questi ultimi incombe un altro svantaggio: la scarsa diffusione dei punti di ricarica, fatto che genera l’inevitabile “ansia da autonomia”. Ci sono solitamente diverse dislocazioni per le cosiddette colonnine, come quella domestica, nei posti di lavoro o nelle aree pubbliche, e la percentuale di utilizzo varia da paese a paese – oltre ad esserci differenze di abitudini e di stili di vita, si è anche in presenza di forti divari infrastrutturali. La scelta del luogo dove collocare una colonnina è legata da elementi precisi. Per esempio, contrariamente al resto d’Europa, Finlandia e Svezia prediligono le stazioni residenziali[4].
La situazione del numero dei punti di ricarica non è oggi sufficiente nemmeno per gli EVs attualmente circolanti, tra l’altro in repentina crescita: nell’Unione Europea esistono circa 330’000 colonnine[5], ma il loro irregolare dispiegamento non consente di viaggiare in tranquillità. Germania, Francia e Paesi Bassi hanno il 69% di tutti i punti di ricarica nell’UE, mentre 10 paesi europei (come l’Italia) non arrivano nemmeno ad un solo caricabatterie ogni 100 km di strada[6]. La Commissione Europea si è posta come obiettivo 1 milione di punti di ricarica entro il 2025, prevedendo una frenetica corsa contro il tempo. Secondo una ricerca di Uswitch, il divario nella distribuzione di colonnine di ricarica tra le capitali europee è enorme: si va dalla virtuosa Oslo che possiede 5,47 stazioni per Km2 o 3,98 per 1000 abitanti, alla pessima Sofia con 0,01 stazioni per Km2, 15 in tutta la città[7].
Mediamente le società di gestione dell’energia hanno un atteggiamento ottimistico, e credono che i tempi di adeguamento permetteranno di costruire una rete adeguata ed efficiente[8] – anche se esistono profonde differenze regionali, ed ogni Paese avrà diverse possibilità di accesso. Basti pensare che la UE ha raggiunto nel 2020 l’obiettivo del 22% di energia prodotta da fonti rinnovabili (prevede il raggiungimento del 63% entro il 2030[9]), ma se osserviamo i singoli Paesi troviamo l’Islanda con l’83,7%, mentre Malta è soltanto al 10,7%[10].
Il caso italiano: entro il 2030 gli obiettivi per la decarbonizzazione prevedono un parco di 6 milioni di veicoli elettrici (BEV + Ibridi Plug-in) sulle strade, che hanno a disposizione solo 24’000 punti di ricarica, la maggior parte dei quali è a corrente alternata, con potenze fino a 22 kW, e per lo più concentrati al nord. Secondo le stime alla base del PNRR, al 2030 l’Italia ha bisogno di 3,4 milioni di punti di ricarica (tra privati e pubblici), di cui 32’000 punti pubblici ultra veloci. L’associazione Motus-E (che include case automobilistiche, fornitori di energia, di servizi e operatori di stazioni di ricarica) ha elaborato uno scenario che prevede per il 2030 una rete di 98’000 punti di ricarica pubblici – per cui il PNRR ha stanziato poco più di 740 milioni di euro per il potenziamento della rete di ricarica per i veicoli elettrici[11]. Ovvio: un tedesco o un finlandese, abituati ad incontrare una colonnina ogni 5 Km, non scelgono una meta turistica in cui rischiano di rimanere bloccati non potendo ricaricare la propria auto quando serve.
Il piano, sempre in Italia, prevede entro il 2026 la realizzazione di 7’500 stazioni di ricarica sulle autostrade e superstrade da almeno 175 kW, e 13’000 stazioni ad almeno 90 kW nelle città. Secondo Motus-E, includendo l’impulso dato dagli investimenti del PNRR, al 2030 si potrebbe arrivare a 108’000 punti di ricarica, con un mix composto al 51% da punti fast e ultra fast (>50 kW) e al 49% da punti quick (22 kW). Ciò comprende circa 2000 punti di ricarica ultra veloci sulla rete autostradale, con una stazione di ricarica ogni 25 km, ciascuna composta (in media) da 3 stazioni di ricarica per un totale di 6 punti di ricarica, con potenze medie di 130 kW”[13].
L’attuale realtà degli ICEVs è che disponiamo di una capillare presenza sul territorio di distributori di gasolio, benzina e GPL, con ridottissimi tempi di rifornimento. Nel caso degli EVs, mancano le aree di ricarica, ed i tempi di rifornimento vanno dal quarto d’ora (rarissimamente) a diverse ore, a seconda della potenza erogata dal punto e dalle modalità di ricarica supportate dal veicolo[14]. Non solo: cosa significa aumentare i punti di ricarica per consentire a tutti di ricaricare come si fa oggi con gli idrocarburi? Proviamo a dare una risposta.
Le stazioni di ricarica impatteranno in modo significativo sui consumi medi di una qualsiasi città, che non ha una rete elettrica sufficientemente dimensionata: per le EVs avremo bisogno di moltiplicare la produzione di energia elettrica. Questo richiede uno sforzo notevole di adeguamento, con ripensamenti strutturali ed investimenti importanti. Fatto fondamentale è l’energia che, per raggiungere la neutralità climatica, dovrà necessariamente essere prodotta da fonti rinnovabili.
Ciò obbliga ad un profondo ripensamento delle attuali strutture, come ad esempio la diffusione di punti di generazione di energia autonoma ibrida (solare/eolica) ove possibile: ma è realistico poter realizzare tutto questo in pochi anni? E quale è la percentuale del territorio del pianeta che deve necessariamente essere coperto da pannelli fotovoltaici e pale eoliche per potercela fare? Nella situazione odierna dovremmo costruire decine e decine di nuove centrali elettriche alimentate a petrolio o a gas, o a carbone. Se decidessimo oggi di costruire una centrale nucleare, questa potrebbe entrare in funzione, se tutto va bene, non prima di 15 anni.
L’argomento è molto delicato. Se si pensa che, uno dei modi più dibattuti per far fronte all’inevitabile difficoltà di ricarica, vista l’attuale scarsa diffusione di colonnine pubbliche ed i tempi di rifornimento, è quello di orientarsi sempre più verso punti di ricarica domestici per sfruttare i tempi notturni – anche per i minor costi dell’energia rispetto a quella pubblica – o verso luoghi di impiego per sfruttare i tempi “morti” durante il lavoro, o nei grandi centri commerciali, si apre allora un vaso di Pandora.
In un’utenza di tipo domestico in media è disponibile una potenza di 3kW (+/- 10%): considerando di provvedere con la ricarica notturna, considerando che comunque in un appartamento ci sono in funzione dispositivi come frigoriferi, congelatori, caldaie, illuminazione o altro, che potrebbero impegnare oltre il 30% della potenza disponibile, si finisce per dedicare ad una ricarica di una EV circa 2 kW (e siamo comunque a rischio blackout): una potenza del tutto insufficiente per far fronte alle esigenze di circolazione anche di un piccolo EV, che può ricaricare, nella migliore delle ipotesi, poco più di 10 Km di autonomia in un’ora.
Obblighiamo tutti a ricorrere all’aumento della potenza domestica, con conseguente aggravio delle bollette? Quanto questi aggravi saranno compensati dal risparmio della benzina? Il rischio è che questa Green Revolution presenti costi che ricadranno sulle famiglie in misura non facilmente prevedibile, meno ancora quantificabili e peggio ancora insostenibili.
Ragionando su una potenza media necessaria per un fabbisogno sufficiente, questa si aggira attorno ai 75 kW per punto ricarica. All’interno di un condominio cittadino tipo, composto da 10 appartamenti e 30 persone, almeno 15 automobili (situazione ipotizzata al ribasso, visto che la media italiana è di un’auto ogni 1,65 abitanti[16]), i risultati sono pesantissimi. Proviamo a pensare le stesse installazioni in aree di lavoro, come grandi uffici o fabbriche, che possono contenere centinaia di persone con centinaia di automobili: i problemi da risolvere dal punto di vista infrastrutturale sono escatologici.
Per i distributori pubblici dobbiamo ovviamente pensare a grandezze molto diverse: visti i tempi di ricarica, per garantire un buon servizio una stazione dovrebbe possedere punti di ricarica in un numero almeno tre volte maggiore delle attuali pompe di carburante, fino a raggiungerne verosimilmente 15/20 stazioni di rifornimento in più rispetto a quelle attuali. Deve anche garantire una buona potenza erogata per punto, che oscilli almeno tra i 100 ed i 350 kW, ed il suo valore sarà direttamente proporzionale al prestigio della stazione di servizio.
In Italia circolano attualmente 37 milioni di automobili[17]: immaginiamo che vengano completamente sostituite dagli EV; ipotizziamo anche che, vista i tempi ristretti, almeno il 30% di loro andrà in rifornimento energetico nel periodo notturno, assorbendo una potenza media per singolo punto di 74kW. Gli ordini di grandezza non lasciano spazio a soluzioni facili: l’intero paese andrebbe immediatamente in blackout.
Le attività di ricarica degli EVs saranno sempre più energivore: al fine di soddisfare il desiderio di tempi di permanenza brevi durante la ricarica lontano da casa o dal luogo di lavoro, una recente ricerca finanziata dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) mira a ridurre quanto prima il tempo di ricarica tipico, aumentando i livelli di potenza fino a 400 kW ed i produttori di apparecchiature originali (OEM) stanno producendo veicoli in grado di accettare livelli di potenza più elevati, tra cui la Tesla Model 3 (che come visto accetta 250 kW) e la Porsche Taycan (che accetta 350 kW) . Le reti di ricarica rapida, tra cui Electrify America ed EVgo, hanno entrambe distribuito caricatori da 350 kW e la nuova tecnologia ChargePoint può erogare fino a 500 kW[19]. Auto troppo costose che minerebbero la fine della libertà di mobilità così come la conosciamo oggi.
In un articolo del 2021 dal titolo “Impatto della ricarica dei veicoli elettrici sulla domanda di energia elettrica degli edifici commerciali”, gli autori Madeline Gilleran, Eric Bonnema, Jason Woods, Partha Mishraa, Ian Doebber, Chad Hunter, Matt Mitchell, e Margaret Mann prendono in esame diversi studi volti a valutare l’impatto delle stazioni di ricarica dei veicoli elettrici sulla rete esaminando numerose dimensioni di stazioni, livelli di potenza di ricarica e fattori di utilizzo in varie zone climatiche e nelle diverse stagioni[20]. Le conclusioni rivelano che una stazione di ricarica per veicoli elettrici può potenzialmente far impallidire la domanda di energia elettrica di un grande edificio, se gravita sullo stesso contatore, aumentando il picco mensile della domanda di energia elettrica fino ad oltre il 250%[21].
Considerando più in generale l’impatto in agglomerati di qualche milione di abitanti, non è difficile intuire che la capillare distribuzione imporrà un ricablaggio dell’intera rete elettrica sia urbana che extra urbana, il ridimensionamento dei cavi utilizzati e la presa in considerazione dell’incremento di inquinamento elettromagnetico urbano a causa delle intense correnti necessarie (oltre a decenni di lavoro).
L’inquinamento elettromagnetico
Uno studio della rivista Bioelectromagnetics, ha analizzato la comparazione dei livelli dei campi magnetici a bassa frequenza (range compreso tra 40 Hz -1 kHz) emessi nei veicoli elettrici e in quelli alimentati a benzina, con lo scopo di verificare se i parametri rilevati sono al disotto dei limiti di legge riportati nelle Linee Guida dell’ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection), utilizzando come campione 14 veicoli: 6 a benzina, 5 auto elettriche e 3 auto ibride[23]. I risultati sono incoraggianti: il campo magnetico medio misurato sulle vetture elettriche è dell’ordine di 0.095 mT contro un livello medio di 0.051 mT rilevato sulle macchine a benzina. Valori molto più alti sono stati misurati sui camion (0.146 mT per quelli alimentati elettricamente, 0.081 mT per quelli a benzina), ma si tratta in ogni caso di valori che rimangono ampiamente al disotto dei livelli di riferimento per l’esposizione del pubblico indicati dalla legge[24].
Le preoccupazioni in merito alle emissioni di campi elettromagnetici degli EVs sono legate però agli effetti indiretti della loro diffusione. Come noto, l’impatto dei campi magnetici intensi sulla salute è una questione controversa[25]: non a caso l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha chiamato l’elettrosmog “l’inquinamento degli anni 2000″[26]. Numerosi studi, tra cui quelli condotti nel 2000 dalla facoltà di medicina dell’Università di Bristol, quello nel 2017 della Fondazione Veronesi, quello di Alessandro Miani (Presidente di SIMA Società Italiana di Medicina Ambientale) hanno prodotto risultati controversi sulla patogenicità (ipotesi di cancerogenicità fra tutti) dei campi magnetici, ma sono largamente concordi sull’interferenza sul corpo umano e quindi sulla loro potenziale pericolosità[27].
In Italia questa incertezza ha condotto, ai fini della protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettrici e campi magnetici, al Decreto dell’8 luglio 2003 che ha fissato i limiti di esposizione di campo elettrico (5kV/m) e magnetico (100 mT) per la protezione da possibili effetti a breve termine. Sono stati anche stabiliti dei valori di attenzione (10 mT) e l’obiettivo di qualità (3 mT) del campo magnetico per la protezione da possibili effetti a lungo termine nelle aree di gioco per l’infanzia, in ambienti abitativi, in ambienti scolastici e nei luoghi adibiti a permanenza non inferiore a quattro ore giornaliere[28].
Se l’intera distribuzione andrà ridisegnata per reggere potenze notevolmente più grandi di quelle attuali, ciò comporterà emissioni elettromagnetiche di gran lunga maggiori, dall’entità difficilmente prevedibile, soprattutto in ambito urbano. A questo punto viene da chiedersi se, in sede UE, qualcuno abbia avuto la minima contezza degli ordini di grandezza che, una scelta simile, possa aver generato – o se qualcuno si sia quantomeno posto il problema. Mentre scriviamo non sembra ci sia alcun riferimento a riguardo.
La vita della batteria e la sua reale pericolosità
La vita di una batteria. Con l’acquisto dei primi EVs, il timore di dover affrontare prima o poi un notevole costo per la sostituzione delle batterie era concreto. Ciò non è più così vero, poiché oggi esistono batterie con un ciclo di vita che può superare i 10 anni: è vero che la perdita di efficienza legata all’uso è progressiva, ma è comunque trascurabile[29]. Una legge federale negli Stati Uniti stabilisce che le batterie di una EV debbano durare almeno otto anni (o 160’000 km), pena l’obbligo di copertura della garanzia da parte del produttore dell’EV, ma ormai tutte le case tutelano i propri clienti usando parametri simili. Il costo di sostituzione, a seconda del modello, può aggirarsi attorno ai 100/130 dollari per kWh (prezzi in grande fluttuazione)[30]. Aggiungendo il costo di manodopera, la spesa assume una grande rilevanza: potrebbe aggirarsi attorno ai 12-20’000 dollari per una batteria inferiore a 50 kWh in veicoli come MG ZS EV, BMW i3, Nissan LEAF e MINI Cooper SE, e fino a 50’000 dollari in veicoli di prestigio a lungo raggio come la Porsche Taycan, la Tesla Model S, la Mercedes-Benz EQC e l’Audi e-tron[31].
Il rischio d’incendio delle batterie al litio. Questo è un punto dolente che “accende” gli animi: qual è il concreto rischio di incendio ed esplosione delle batterie? Oggi vengono usate celle agli ioni di litio basate su anodi di grafite e catodi di ossido stratificato (NMC, LMO, LFP)[33] che hanno tra i maggiori vantaggi, rispetto ad altri tipi di batteria, una grande capacità di immagazzinare energia ed estrarla rapidamente. Il punto debole, sul piano della sicurezza, è rappresentato dall’uso dell’elettrolita liquido a base di carbonati organici[34] che, se sottoposto a sollecitazioni termiche, può incendiarsi con grande rapidità – con conseguente rischio di esplosione ed emissioni di gas acido fluoridrico altamente tossico.
L’incendio delle batterie di un EV sembrerebbe un evento catastrofico (secondo alcuni ben al di sopra dell’incendio di un serbatoio di benzina o di gasolio, secondo altri esattamente il contrario, cosa che certifica il caos nell’interpretazione dei pochi dati a disposizione e forse, in alcuni casi, cattiva fede) per tre principali motivi: a) la rapidità e la violenza della combustione può impedire la tempestiva evacuazione dei passeggeri, l’esplosione ha effetti anche più nefasti. Le batterie occupano l’intero fondo dell’auto, posizione che pone in un elevato rischio i passeggeri[35]: b) il tipo dei materiali ed il loro comportamento in fase di combustione rende difficilmente gestibile (se non impossibile) lo spegnimento in tempi rapidi: occorrono solitamente diverse ore e, anche quando l’incendio è stato domato, c’è la possibilità di un re-innesco, anche a distanza di tempo, con rischio di espansione dell’incendio (il caso dei pompieri costretti a dover gettare in acqua una Tesla poiché non riescono a spegnerla ha fatto scuola[36]); c) la circolazione di elevate tensioni elettriche all’interno dell’EV (anche 800V) obbliga ad una grande attenzione nello spegnimento di incendi: l’uso di liquidi, ad esempio, espone pompieri ed occupanti a deleteri shock elettrici; d) durante la combustione viene emesso abbondante gas acido fluoridrico altamente tossico e fluoruro di fosforile[37] con grave danno per l’ambiente e per i presenti: guai se l’incendio avvenisse in luoghi affollati o in parcheggi al chiuso.
Questo non deve renderci irrazionali: stimare il reale rischio impone il confronto tra modelli basati sull’esperienza e non sulla percezione. Siamo ancora in una fase immatura per ottenere responsi validi. Ma il rischio è concreto: Tesla conferma fino ad oggi ben 97 casi di incendio che hanno causato 38 vittime: la metà degli incendi sono indicati come spontanei, mentre l’altra metà come conseguenti ad incidenti, alcuni anche lievi, ma che hanno comunque innescato la combustione[38].
Diverse case automobilistiche, a causa del rischio incendio, hanno richiamato le auto, con costi gravissimi: Bolt della General Motors tra il 2020 e il 2021 subisce danni per 1,9 miliardi di dollari grazie a due difetti di fabbricazione nelle celle fornite da LG Chem, che hanno incendiato almeno 13 veicoli[39]; Hyundai perde 900 milioni di dollari, costretta a sostituire, dopo diversi incendi, le batterie difettose su almeno 82’000 Kona Electric[40]; il richiamo di 33’000 ibride plug-in Kuga costa alla Ford 400 milioni di dollari – sempre per gli incendi causati da batterie difettose[41]. Anche BMW annuncia un serio problema sulla linea delle ibrid plug-in: il richiamo interessa ben 26’700 veicoli in tutto il mondo, tutti a rischio di incendio[42].
La cronaca riporta purtroppo numerosi disastri causati dalla combustione degli EV, come parcheggi che crollano, navi cargo che trasportano flotte di EV incendiate ed affondano[43] (la Sincerity Ace nel 2018[44] e la Felicity Ace nel 2022[45]), oltre ad innumerevoli EVs incenerite a causa di incidenti o per autocombustione. Una ricerca dell’NTSB afferma che dopo 41 collisioni mortali che coinvolgono EVs, una soltanto ha preso fuoco (2,44%); dopo 20’315 incidenti mortali che coinvolgono veicoli a benzina, 644 hanno preso fuoco (3,17%); dopo 543 incidenti mortali che hanno coinvolto veicoli ibridi a benzina, 12 hanno preso fuoco (2,21%)[46]. Da questi dati sembrerebbe che gli EVs siano più sicuri degli ICEVs, ma Graham Conway, ingegnere del Southwest Research Institute di San Antonio in Texas, contesta il rilevamento, poiché il calcolo è viziato dall’enorme divario numerico tra i campioni degli EVs rispetto agli ICEVs, e quindi non è statisticamente rappresentativo[47].
Studi e rilevamenti statistici in merito sono numerosi, ma è complicato arrivare ad una sintesi oggettiva, poiché i risultati sono contrastanti a causa dello scarso numero di EVs circolante rispetto agli ICEVs, che non consente ancora un corretto confronto statistico, ed a causa (molto inquietante) degli interessi da capogiro che ruotano intorno alla mobilità, per cui è probabile che alcuni studi presentino dei risultati “addomesticati”. Il fatto tecnicamente incontrovertibile è che le attuali batterie al litio possono incendiarsi ed esplodere a causa della temperatura eccessiva che, in condizioni anomale, può svilupparsi all’interno delle batterie.
Alla base possono esserci difetti di fabbricazione o di progettazione, un uso anomalo o improprio, un caricatore improprio o difettoso, componenti di bassa qualità, un cortocircuito, sollecitazioni esterne come urti o pressioni. In previsione di questo rischio concreto, sono stati inseriti dei dispositivi sempre più sofisticati ed efficienti che tentano di limitare il rischio di innesco o i danni che ne derivano – come sensori che controllano le temperature, oppure sistemi di separazione delle celle che, in caso di criticità, le disattivano. L’intero set di batterie viene incapsulato in una protezione da agenti esterni[49], proteggere le batterie dalle sollecitazioni meccaniche che, come abbiamo visto, rappresentano un alto motivo di rischio, e contenere per quanto possibile eventuale lo sviluppo di fiamme e la deflagrazione[50].
Il pericolo è quindi reale, ma è legittimo pensare che siamo in una fase di transizione e che le cose miglioreranno: i produttori si danno da fare nel cercare soluzioni più sicure. C’è infatti grande fermento nell’ingegnerizzazione delle batterie: sono allo studio batterie che, oltre a possedere maggiore capacità di immagazzinamento e poter essere ricaricate più velocemente, hanno anche un rischio notevolmente ridotto di incendio ed esplosione, utilizzando un elettrolita in polimeri o addirittura ceramico, non più liquido[51]. Potremmo quindi con buona certezza ipotizzare un imminente futuro nel quale non dovremmo più preoccuparci di tutto ciò.
Nella prossima terza parte ci occuperemo degli impatti ambientali e geopolitici derivanti dall’auto elettrica e che dall’Unione Europea non sembrano essere stati considerati. Inoltre si parlerà dell’idrogeno, un vettore energetico che può stravolgere nell’immediato futuro la visione che abbiamo del nostro mondo.
Parte III: https://www.glistatigenerali.com/auto_clima/la-verita-sullauto-elettrica-parte-iii/
[1] https://www.virta.global/blog/ev-charging-infrastructure-development-statistics
[2] https://insideevs.com/reviews/443791/ev-range-test-results/
[3] https://www.alke.com/autonomy-electric-vehicles
[4] https://www.virta.global/blog/how-are-we-charging-a-deep-dive-into-the-ev-charging-station-utilization-rates
[5] https://www.euronews.com/next/2022/06/20/demand-for-evs-is-soaring-is-europes-charging-station-network-up-to-speed
[6] https://assets.ey.com/content/dam/ey-sites/ey-com/en_gl/topics/power-and-utilities/power-and-utilities-pdf/power-sector-accelerating-e-mobility-2022-ey-and-eurelectric-report.pdf
[7] https://www.uswitch.com/electric-car/ev-charging/european-capitals-best-density-ev-charging-stations/
[8] https://www.virta.global/blog/myth-buster-electric-vehicles-will-overload-the-power-grid
[9] https://ember-climate.org/insights/research/eu-slashes-fossil-fuels/
[10] https://www.weforum.org/agenda/2022/02/europe-overachieving-net-zero/
[11] https://www.dmove.it/reportage/la-ricarica-della-batteria-non-e-come-il-rifornimento-di-carburante-capito-questo-la-paura-passa
[12] https://www.uswitch.com/electric-car/ev-charging/european-capitals-best-density-ev-charging-stations/
[13] https://www.dmove.it/reportage/la-ricarica-della-batteria-non-e-come-il-rifornimento-di-carburante-capito-questo-la-paura-passa
[14] https://www.dmove.it/reportage/la-ricarica-della-batteria-non-e-come-il-rifornimento-di-carburante-capito-questo-la-paura-passa
[15] https://www.dmove.it/reportage/la-ricarica-della-batteria-non-e-come-il-rifornimento-di-carburante-capito-questo-la-paura-passa
[16] https://www.latuaauto.com/quante-auto-ci-sono-in-italia-2214.html#:~:text=In%20Italia%20circolano%20attualmente%2037,possono%20ancora%20guidare%20un%20auto.
[17] https://www.latuaauto.com/quante-auto-ci-sono-in-italia-2214.html#:~:text=In%20Italia%20circolano%20attualmente%2037,possono%20ancora%20guidare%20un%20auto.
[18] https://www.businessinsider.com/map-shows-solar-panels-to-power-the-earth-2015-9?r=US&IR=T
[19]https://reader.elsevier.com/reader/sd/pii/S2666792421000548?token=AC6676B8C611AD5CE0E12A02B9D4E8F0AEF24B0A3635CD33A44D1615D2AD7F1F673B0F37BA97D1B5C16853437F897026&originRegion=eu-west-1&originCreation=20220909023822
[20] https://reader.elsevier.com/reader/sd/pii/S2666792421000548?token=AC6676B8C611AD5CE0E12A02B9D4E8F0AEF24B0A3635CD33A44D1615D2AD7F1F673B0F37BA97D1B5C16853437F897026&originRegion=eu-west-1&originCreation=20220909023822
[21] https://reader.elsevier.com/reader/sd/pii/S2666792421000548?token=AC6676B8C611AD5CE0E12A02B9D4E8F0AEF24B0A3635CD33A44D1615D2AD7F1F673B0F37BA97D1B5C16853437F897026&originRegion=eu-west-1&originCreation=20220909023822
[22] https://thedriven.io/2022/03/28/why-are-so-many-ev-charging-stations-out-of-order-are-they-reliable/ ; https://www.afr.com/companies/energy/electric-vehicle-revolution-puts-pressure-on-energy-grid-20211105-p596cc
[23] https://www.ideegreen.it/auto-elettriche-e-campi-elettromagnetici-38879.html
[24] https://www.ideegreen.it/auto-elettriche-e-campi-elettromagnetici-38879.html
[25] https://www.bafu.admin.ch/dam/bafu/it/dokumente/elektrosmog/ud-umwelt-diverses/elektrosmog_in_derumwelt.pdf.download.pdf/l_elettrosmog_nellambiente.pdf ; https://archivio.pubblica.istruzione.it/news/2004/allegati/opuscolo_informativo_su_campi_elettromagnetici.pdf ;
[26]https://www.voltimum.it/sites/www.voltimum.it/files/fields/attachment_file/it/others/H/2006021446698321uinamento_elettromagnetico.pdf
[27] https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/lesperto-risponde/abitare-vicino-a-torri-elettriche-e-tralicci-puo-essere-pericoloso-per-la-salute
[28] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2003/08/29/200/sg/pdf Gazzetta Ufficiale n.200 del 29 agosto 2003, Pag. 11
[29] https://www.geotab.com/blog/ev-battery-health/
[30] https://about.bnef.com/blog/battery-pack-prices-fall-to-an-average-of-132-kwh-but-rising-commodity-prices-start-to-bite/#:~:text=For%20battery%20electric%20vehicle%20(BEV,of%20the%20total%20pack%20price.
[31] https://www.carsales.com.au/editorial/details/how-much-does-it-cost-to-replace-an-ev-battery-136621/
[32] https://ukfiremag.mdmpublishing.com/electric-vehicle-fires-on-ships/
[33] https://www.batterypowertips.com/ev-battery-technologies-from-the-state-of-the-art-to-the-future-energy-stores-faq-2/
[34] https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364032122003793
[35] https://www.cnbc.com/2022/01/29/electric-vehicle-fires-are-rare-but-hard-to-fight-heres-why.html
[36] https://eu.usatoday.com/story/money/cars/2022/06/23/tesla-fire-california-reignites/7709296001/
[37] https://www.researchgate.net/publication/319368068_Toxic_fluoride_gas_emissions_from_lithium-ion_battery_fires
[38] https://www.tesla-fire.com/
[39] https://www.cnbc.com/2021/10/12/lg-chem-to-pay-up-to-1point9-billion-to-gm-over-bolt-ev-battery-fires.html
[40] https://www.reuters.com/business/autos-transportation/hyundai-motor-replace-battery-systems-900-mln-electric-car-recall-2021-02-24/#:~:text=SEOUL%2C%20Feb%2024%20(Reuters),the%20bill%20when%20problems%20arise.
[41] https://www.electrive.com/2020/10/14/ford-kuga-hybrid-battery-problems-persist/
[42] https://www.electrive.com/2020/10/13/bmw-recalls-multiple-phev-models/
[43] https://www.ri.se/sites/default/files/2020-12/FRIC%20D1.2-2020_01%20FIVE%20conference%20presentation%20Multi-storey%20car%20park%20fire%2C%20presentation.pdf
[44] https://www.ukpandi.com/news-and-resources/articles/2021/car-carrier-fires-and-the-associated-risks-with-electric-vehicle-transportation/
[45] https://www.cedtechnologies.com/did-electrical-vehicles-lithium-ion-batteries-sink-felicity-ace/
[46] https://www.forbes.com/sites/neilwinton/2022/03/02/electric-car-fire-risks-look-exaggerated-but-more-data-required-for-definitive-verdict/
[47] https://www.forbes.com/sites/neilwinton/2022/03/02/electric-car-fire-risks-look-exaggerated-but-more-data-required-for-definitive-verdict/
[48] https://www.innovationnewsnetwork.com/safety-of-electric-vehicle-batteries/9349/
[49] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8914635/ ; “Complex electromagnetic problems associated with the use of electric vehicles in urban transport” – Krzysztof Gryz, Jolanta Karpowicz and Patryk Zradziński – Felipe Jiménez, academic editor – feb 2022;
[50] https://www.boydcorp.com/resources/resource-center/blog/electric-vehicle-batteries-protecting-against-collision-thermal-runaway.html
[51] https://www.batterypowertips.com/ev-battery-technologies-from-the-state-of-the-art-to-the-future-energy-stores-faq-2/
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