Clima
La Cina lancia il proprio mercato del carbonio e rafforza l’accordo di Parigi
di Gabriele Motta
Mentre l’Amministrazione Trump continua a dimostrare scetticismo nei confronti del cambiamento climatico, le maggiori economie proseguono con determinazione nella direzione stabilita dall’Accordo di Parigi. L’annuncio del lancio del mercato del carbonio cinese (emissions trading system, ETS) il 19 dicembre 2017 rappresenta il dispiegamento di uno strumento fondamentale per ridurre le emissioni del più grande inquinatore mondiale. I mercati del carbonio sono già operativi in diverse aree del mondo. Gli stati membri dell’Unione Europea, assieme a Norvegia, Islanda e Lichtenstein, sono riuniti sotto l’EU ETS. Ad essi si aggiungono Svizzera, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda. Anche gli USA hanno dei sistemi a livello sub-nazionale, come in California e negli Stati del nord-est.
Le esperienze internazionali e i sette progetti pilota cinesi sviluppati dal 2011 in macro-regioni tra cui Pechino, Shanghai e Guandong sono stati il punto di partenza per sviluppare il nuovo sistema nazionale, il cui lancio nel 2017 è stato annunciato dal segretario generale del Partito Comunista Cinese Xi Jinping nel corso dell’incontro bilaterale con Obama nel settembre 2015. L’ETS è parte integrante del contributo nazionale della Cina per la riduzione delle emissioni, che per il capitolo mitigazione ne prevede il picco entro il 2030. Gli eventi del padiglione cinese nel corso della COP23 dell’autunno 2017 hanno spesso riportato buone notizie dai progetti pilota. Tuttavia, non vi era ancora la certezza che la Cina sarebbe stata veramente in grado di realizzare l’obiettivo nei tempi che si era fissata. L’annuncio dell’ETS cinese rappresenta pertanto un risultato storico sia in termini pratici che politici.
Dal punto di vista politico, infatti, la Cina presenta un ampio spazio di manovra per rafforzare la propria leadership climatica facendo leva sul suo notevole peso in termini di emissioni e sulle scelte in materia dell’Amministrazione Trump. In questo contesto, data anche la natura transnazionale del cambiamento climatico, l’Unione Europea sembra uno dei migliori partner per il colosso orientale. Il principio delle “responsabilità comuni, ma differenziate” – un pilastro del regime climatico – è in parte intaccato dall’intraprendenza della Cina e potrebbe condurre ad un graduale superamento delle divisioni esistenti tra paesi sviluppati e in via di sviluppo.
Al tempo stesso è innegabile che la Cina abbia alleggerito il progetto originario. Ma, come nel caso dell’EU ETS, ciò non esclude che esso possa essere potenziato successivamente. Le autorità cinesi hanno deliberato che il sistema coprirà le emissioni legate alla produzione di energia elettrica, lasciando da parte quelle industriali e dell’aviazione civile. Inoltre, la fase iniziale prevede l’allocazione gratuita dei certificati e non la loro messa all’asta. Nonostante questo alleggerimento l’ETS cinese rappresenta già da ora il più grande mercato del carbonio del mondo con una copertura estesa a circa un terzo delle emissioni nazionali. Attraverso questo strumento la Cina sarà in grado di ridurre di un quarto le proprie emissioni entro il 2030 rispetto allo scenario business as usual, contribuendo in modo sostanziale alla lotta al cambiamento climatico.
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