Clima

In Italia il solare termodinamico muore senza visione, in Spagna risplende…

4 Febbraio 2020

L’Italia è il Paese perfetto dove sfruttare l’energia del sole, lo dicono tutti, ne parlano tutti e soprattutto anche gli ambientalisti più convinti spingono in tale direzione. Anche la politica nazionale ed europea parla ed enfatizza il Green New Deal, ma nella pratica quello che sta succedendo con la tecnologia del solare termodinamico va nella direzione opposta.

Questo articolo spiegherà infatti perché in questo Paese perfetto, “il Paese del sole”, l’energia solare non prenda piede e di come la tecnologia ambientalista e green friendly del solare termodinamico sia stata bloccata e tutti i tentativi di produrla industrialmente tarpati sul nascere, tant’è che l’associazione di categoria, l’ANEST, ha da poco deliberato il proprio scioglimento.

Per meglio capire di cosa si parla però partiamo dalla tecnologia, infatti il più conosciuto utilizzo dell’energia solare è dato dal fotovoltaico, tecnologia nella quale il silicio colpito dalla luce emette un flusso di elettroni, ovvero corrente elettrica.

La tecnologia solare termodinamica, nota nel mondo come CSP (Concentrating Solar Power) o solare a concentrazione, invece permette di convertire la radiazione solare in energia termica, in calore, per meglio intenderci si tratta di concentrare i raggi del sole in modo da ottenere il massimo riscaldamento possibile.

 

 

Fonte: ANEST

Il principio del solare termodinamico oltre 22 secoli fa fu utilizzato da Archimede per incendiare le navi romane con degli specchi ustori (ovvero che bruciano).

Ed è proprio così funziona il solare termodinamico: usare gli specchi per concentrare in un punto solo il calore del sole, e sfruttarne l’energia.

Il solare termodinamico fa ricorso soprattutto a due tecnologie.

La prima è quella cosiddetta a torre. Tanti specchi inseguono il muoversi del sole e ne orientano i raggi concentrandoli sulla testa di un traliccio o di un pilone. Nella testa della torre scorre un fluido, in genere sali fusi, il cui calore viene usato per produrre vapore e far girare la turbina e la dinamo.

L’altra tecnologia adottata in diverse parti del mondo, ma non in Italia, è quella parabolica. Nata dapprima in Israele, utilizzando olio diatermico, in seguito, nel 2000, è stata sviluppata in Italia con il Progetto Archimede dall’Enea guidato del professor Carlo Rubbia una tecnologia che adotta i sali fusi. Lo specchio è orizzontale e lunghissimo come un serpente e concentra i raggi non in un punto lontano bensì lungo una linea adiacente allo specchio; più diventano lunghi lo specchio e il tubo che lo affianca e più sale la temperatura del fluido che scorre nel tubo, normalmente appunto sali fusi, che hanno il vantaggio di non essere infiammabili né inquinanti come l’olio. I sali fusi (generalmente sodio e potassio) sono infatti sostanze non inquinanti e non infiammabili, non pericolosi per l’uomo e per l’ambiente, e vengono utilizzati anche in agricoltura come fertilizzanti naturali.

Spiegata la tecnologia vediamo cosa è successo in Italia o meglio cosa non è successo e come un Paese che ha inventato una tecnologia diffusa nel mondo, non solo non l’ha lasciata sviluppare, ma ha bloccato i progetti finanziati, tant’è che il settore ha decretato il proprio scioglimento.

Nel 2017 l’Italia ha avuto consumi per circa 333 591 GWh di energia elettrica. Tale dato è il cosiddetto “consumo o fabbisogno nazionale lordo” e indica l’energia elettrica di cui ha bisogno il Paese per far funzionare qualsiasi impianto o mezzo che necessiti di energia elettrica. Il dato di consumo nazionale lordo contiene una percentuale pari all’11,4% di energia importata dall’estero (ovvero, al netto delle esigue esportazioni, circa 37 761 GWh annui nel 2017).

Il fabbisogno nazionale lordo di energia elettrica è stato coperto nel 2017 per il 62,8% attraverso centrali termoelettriche, che bruciano principalmente combustibili fossili in gran parte importati dall’estero (petrolio, gas, ecc.). Un altro 25,9% viene ottenuto da fonti rinnovabili (idroelettrica, geotermica, eolica e fotovoltaica).

Attualmente l’Italia è riuscita a istallare impianti solari termodinamici sperimentali per appena 5,35 megawatt ovvero 0,00535 GWh, contro progetti avviati, già autorizzati ma non decollati, per centinaia di megawatt.

Vediamo come.

Piccoli impianti inferiori ai 5 megawatt

Con il decreto ministeriale del 23 giugno 2016, che ha previsto le modalità di accesso a un Registro degli impianti incentivati, è stato subito saturato il contingente per complessivi 20 megawatt destinato agli impianti di produzione di energia da fonte solare termodinamica. Oltre l’80% di tale contingente è stato occupato da quattro progetti molto simili tecnologicamente in Sicilia di circa 4 megawatt di potenza nominale ciascuno. Gli impianti potrebbero essere presto in fase di realizzazione.

Impianti maggiori di 5 megawatt

Nessun impianto è stato realizzato, ecco una triste disanima:

1.            Macchiareddu

La prima proposta di dimensioni industriali venne dalla società elettrica Sorgenia, che  allora era riconducibile al gruppo Cir di Carlo De Benedetti. Il progetto era un impianto solare termodinamico da 50 MWe nella zona industriale di Cagliari di Macchiareddu. Ma il progetto è ancora fermo presso gli uffici della Regione Sardegna.

2.            Vallermosa

Il progetto a torre denominato Green Island a Vallermosa, nel medio Campidano. Mai realizzato.

3.            Ottana

Il progetto prevedeva la trasformazione dell’Ottana Energia, cioè le centrali che alimentavano il polo petrolchimico realizzato negli anni ’70 dall’Anic (Agip-Eni) in Barbagia in un progetto di solare termodinamico, Il proponente fu denunciato e assolto dalle mille turpitudini ambientali di cui era stato accusato dai comitati contrari alla realizzazione. Ma il progetto si fermò

4.            Madonia

Il cosiddetto “progetto Madonia” era stato pensato in Sicilia, nella bella zona di Aidone

Il progetto Madonia era di dimensioni rilevanti, 41 me- gawatt, e intendeva fare ricorso alla tecnologia Fresnel, cioè di concentrare il calore della luce del sole tramite speciali lenti ottiche o specchi Fresnel.

Mai realizzato.

5.            Carlentini

Un esteso progetto della capacità di 58 megawatt nella piana vicina a Carlentini (Siracusa).

Mai realizzato.

6.            Cossoine

Progetto a Cossoine, Sardegna. L’investimento prevedeva circa 50 megawatt per 150 milioni di euro di investimenti da parte della Energogreen del gruppo Fintel.

Ecco come ne scrisse nel 2013 il giornale la Nuova Sardegna: “Un’autentica bomba ecologico-ambientale sta per essere collocata e innescata nella fertile Valle dei nuraghi, in località Madruncula. Un incredibile attentato al cuore del Mejlogu. Il grido d’allarme, forte e deciso, è stato lanciato dal sindaco Giammario Senes”.

Bisognerebbe rileggere a una a una le scelte lessicali adottate per scrivere questo articolo seminatore di ter- rore: autentica bomba, una bomba ecologica, collocata e innescata e così via.

Un mese dopo la pubblicazione dell’articolo venne indetto un referendum e i votanti di Cossoine votarono no a questo progetto.

Mai realizzato.

7.            Gela

Il progetto era stato proposto dalla Reflex, un’azienda veneta che produce specchi tecnologici

Nel 2011, Governo Berlusconi, fu avviato il primo studio di impatto ambientale con un progetto dell’archistar  Italo  Rota.  In teoria sarebbero bastati appena 2 anni per realizzarlo. Potenza prevista e produzione di energia elettrica 12,5 megawatt. Investimento previsto di 88 milioni di euro. Nei 2 anni di lavoro previsti dal progetto sarebbero stati creati almeno 150 posti di lavoro diretti e indiretti e poi la centrale per la sua operatività avrebbe impiegato 30 operai su 3 turni per i 25-30 anni di esercizio. Era il 2011. Ci sono stati i Governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte1 e ora c’è il Governo Conte2.

Mai realizzato.

8.            Basilicata

50MWe a Banzi. Mai realizzato.

9.            San Severo foggia

10 megawatt a torre. Mai realizzato.

10.          Villasor

Villasor, in Sardegna. Il progetto da 50MWe fu proposto dall’Energogreen del gruppo Fintel.

Bloccato dalla Regione. Mai realizzato.

11.          Gonnosfanàdiga

Gonnosfanàdiga, sempre in Sardegna. Anche questo progetto da 50 MWe fu proposto dall’Energogreen del gruppo Fintel.

Bloccato dalla Regione. Mai realizzato.

12.          Macchiareddu

Ancora nella zona industriale cagliaritana di Macchiareddu, in un’area non lontana dal progetto numero 1. di Sorgenia con Soru.

In questo caso la richiesta fu presentata da Sardinia Green Island.

Il progetto non è mai arrivato a realizzazione nonostante una gran parte dei terreni fossero di proprietà della società.

13.          Oristano

San Quirico di Oristano. Venne presentato dalla Clp Project di Bolzano il progetto di un piccolo sistema ibrido fra solare termodinamico (10 MWe), con integrazione a biomassa da colture silvopastorali.

La legge prevede 6 mesi per una valutazione d’impatto ambientale, e invece sono passati 4 anni per avere un parere positivo della commissione Via della Regione Sardegna. Ma dopo 5 anni cambia il sindaco di Oristano e il nuovo sindaco, che aveva fatto campagna elettorale contro il progetto, ha ribloccato il progetto.

La società è ricorsa al TAR di cui si attendono le decisioni.

Conclusioni

In Spagna ci sono già 40 centrali da 50 MWe

La Cina ha previsto di raggiungere 5GWe nei prossimi cinque anni.

L’Egitto ha annunciato 1,2 GWe di nuove centrali…

E l’Italia? Basterebbe citare la parlamentare Rossella Muroni di Leu:

«Si parla molto di green deal, ma non può essere solo una dichiarazione di intenti. Così come il contrasto alla crisi climatica ha bisogno di azioni concrete, accelerazione della transizione energetica in primis. Invece nel nostro Paese si parla molto e di azioni se ne vedono ben poche. Siamo ancora in attesa del decreto che dovrebbe incentivare le rinnovabili più innovative, mentre la versione definitiva del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima è per diversi aspetti peggiore rispetto alla bozza precedente».

Ad maiora!

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