Clima
Il Polo Nord è sempre più malato: il time-lapse della Nasa non lascia speranze
Qualche mese fa, senza suscitare nemmeno troppo interesse, la Nasa ha postato un video su YouTube con questa descrizione: “Il ghiaccio che copre l’Oceano Artico non solo si sta riducendo in estensione, ma sta diventando più giovane e sottile al tempo stesso.” Nell’impressionante montaggio dell’agenzia governativa americana il comportamento dei ghiacci polari ricorda da vicino quello di un polmone, che si contrae e si espande ritmicamente attraverso il succedersi delle stagioni.
Con il passare degli anni, tuttavia, non soltanto la superficie occupata dai ghiacci è andata drasticamente riducendosi, ma anche l’età media della calotta stessa è molto diminuita, tanto che ad oggi soltanto ristrette porzioni di ghiaccio artico hanno più di 5 anni di età.
Ma perché è così grave questo dato?
Perché è la prova che il Polo Nord del pianeta non riesce più ad accumulare ghiaccio, nemmeno nelle zone più fredde, e quello che ricopre l’Oceano Artico in inverno è quasi tutto ghiaccio annuale, giovane, e che con buone probabilità non supererà l’estate successiva.
In questo scenario, la prospettiva di uno scioglimento estivo totale della banchisa si fa sempre più prossima, con conseguenze potenzialmente catastrofiche in termini di innalzamento del livello del mare e di ulteriore aumento delle temperature (l’acqua allo stato liquido trattiene molto più calore del ghiaccio, che ha un enorme potere nel riflettere i raggi solari).
Entro pochi anni il Polo Nord potrebbe tramutarsi, nei mesi estivi, in un enorme lago salato. Con conseguenze solo parzialmente prevedibili.
I dati climatici, d’altra parte, non lasciano ben sperare. Il 2017 è stato, sempre secondo la Nasa, il terzo anno più caldo mai registrato a livello globale, dietro solo ai “bollenti” 2015 e 2016. Una routine a cui qualcuno sembra aver fatto l’abitudine quasi fosse un fatto normale o scontato.
Di normale, invece, non c’è proprio nulla.
Siamo di fronte ad trend di riscaldamento apparentemente inarrestabile che, ribadisce la Nasa, è “causato principalmente dalle attività antropiche, in primis l’emissione di anidride carbonica”.
E non basta. A rendere la situazione ancora peggiore va considerato che il 2017, tra le altre cose, ha potuto contare sulla presenza “fredda” della Niña, il fenomeno che tradizionalmente apporta temperature più basse e fresche nella zona dell’Oceano Pacifico. Eppure neanche questo “aiuto” è stato sufficiente per evitare di finire sul podio degli anni più caldi dal 1880 (inizio delle registrazioni).
Gli esperti della Nasa hanno infatti stimato che, rimuovendo statisticamente gli effetti della Niña dalle misurazioni, il 2017 sarebbe stato l’anno più caldo di sempre.
L’allarme dell’agenzia americana stride fortemente con il totale disinteresse sulla questione mostrato dall’attuale governo degli Stati Uniti, le cui posizioni sul tema dell’emergenza climatica restano testardamente negazioniste, o nel migliore dei casi volte a minimizzare il problema.
La questione ruota attorno ad enormi interessi economici, ma c’è sicuramente anche una non piena comprensione del problema. Il 2017, infatti, è stato anche un anno di intense nevicate per l’emisfero Nord, e l’estensione della copertura nevosa è risultata la più significativa dal 1985 (Rutgers University’s Global Snow Lab). Una prova questa, secondo gli “scettici”, che il riscaldamento globale sia in realtà una bufala.
La logica è sempre quella del “se fa freddo qui ed ora, allora dov’è finito questo Global Warming?”.
La realtà è che riscaldamento globale ed ondate di gelo, magari a latitudini inusuali, sono strettamente collegate. Le masse d’aria presenti nei vari livelli della stratosfera si comportano in maniera “liquida” e, quando vengono scalzate dalle zone polari, si riversano temporaneamente a latitudini più basse, prima di mitigarsi.
Né è un esempio perfetto l’ondata di gelo che ha colpito l’Europa alla fine del Febbraio appena trascorso. Le basse temperature in Europa hanno coinciso con un’anomalia termica di oltre 20 gradi sopra la media su vaste zone oltre il Circolo Polare Artico e la Groenlandia, che hanno raggiunto e mantenuto per diverse ore temperature sopra lo zero nel pieno della notte artica: un evento mai accaduto prima.
Allo stesso modo al Global Warming è collegato il chiarissimo aumento di eventi metereologici estremi. Un esempio per tutti? Il numero record di “major hurricanes” che hanno impattato nei mesi scorsi lungo le coste degli Stati Uniti e dei Caraibi, provocando i danni più ingenti mai causati dagli uragani nella storia degli U.S.A., con un totale impressionante di 306 miliardi di dollari di danni (dati National Oceanographic and Atmospheric Administration).
Sì, proprio gli Stati Uniti.
Ma non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.
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