Clima
COP24: I cambiamenti climatici come causa di migrazioni
di Anna Rizzo
“Non bisogna dimenticare la dimensione sociale del cambiamento climatico!”. Così ha esordito D. Ionesco, in rappresentanza dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) nel suo intervento alla Conferenza delle Parti di Katowice. È infatti ormai chiaro lo stretto legame causale tra cambiamento climatico e migrazioni. “L’impatto del cambiamento climatico sta incrementando gli spostamenti interni e internazionali” parole, queste, che descrivono la quotidiana realtà di milioni di persone colpite dall’innalzamento delle acque marine, da lunghi periodi di siccità e dall’erosione delle coste che, insieme con le loro abitazioni, distruggono anche le loro radici culturali e la speranza in un futuro migliore.
Gli scienziati avvertono che nei prossimi anni i cambiamenti climatici saranno responsabili di un forte aumento delle migrazioni interne, e internazionali. Le migrazioni forzate, dovute alle catastrofi naturali, rappresentano dunque une delle più grandi sfide del XXI secolo, sfide che richiedono un’azione immediata.
La COP24 ha infatti portato sui tavoli negoziali le cosiddette “raccomandazioni” del task force sugli spostamenti umani, uno dei documenti più ambiziosi degli ultimi anni in materia di migrazioni ambientali) . Sono molti gli esempi che dimostrano come questo fenomeno sia reale e soprattutto già in corso d’opera. Basti pensare al caso del lago Ciad, situato al confine tra Niger, Nigeria, Camerun e Ciad che assicura risorse idriche a più di 20 milioni di persone. Questo a dimostrare che il suo prosciugamento rappresenta, oltre che un fattore di rischio ecologico, una rilevanza economica e sociale.
Centrale e soprattutto il concetto di vulnerabilità, afferma la Ionesco. Il primo settore produttivo colpito dal cambiamento climatico è l’agricoltura, per cui le popolazioni che hanno come fonte principale di sostentamento il settore primario, saranno quelle più vulnerabili. Questo il caso di molti paesi in via di sviluppo da cui si evince la necessità di giustizia sociale: l’innalzamento delle temperature, provocato per la maggior parte dai paesi con un’economia industriale si ripercuote in primis sui paesi meno industrializzati e con una posizione geografica vulnerabile. È questa la protesta portata avanti dal Madagascar, che non vuole trovarsi di fronte al bivio decisionale tra la morte e l’emigrazione, nel migliore dei casi.
Inoltre, è ormai appurato anche il legame tra cambiamenti climatici e conflitti, non ultimo quello siriano, che vede tra le sue cause più profonde il prolungato periodo di siccità dovuto ai cambiamenti climatici. Senza tralasciare poi, le condizioni di sfruttamento del lavoro cui sono spesso sottoposte le popolazioni che decidono di migrare verso un altro paese, come viene evidenziato dall’ILO (Organizzazione Internazionale per il Lavoro).
Cosa può essere fatto per ridurre il rischio delle migrazioni forzate, dovute alle catastrofi naturali e alla degradazione dell’ambiente ? Cosa si può fare per proteggere e assistere coloro che sono in cammino ? E infine, cosa può essere fatto per consentire alle popolazioni di migrare legalmente, proteggendo la dignità umana ? Sono queste le sfide che l’IOM sta affrontando, ha asserito la Ionesco.
Nell’agenda degli obiettivi condivisi da IOM e UNHCR (Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati) spicca la prevenzione delle migrazioni forzate dal cambiamento climatico, fondamentale sarà quindi il processo negoziale delle Parti durante questa Cop. Gli altri punti caldi da sviluppare saranno l’assistenza e la protezione alle vittime di questo fenomeno in un quadro di soluzioni a lungo termine, rafforzando poi la resilienza.
Altra sfida da combattere a fianco del cambiamento climatico, riguarda il quadro delle norme giuridiche. Il diritto internazionale infatti non riconosce lo status di rifugiato ai cosiddetti “migranti climatici”, e di conseguenza non assicura loro la protezione, a dimostrazione di quanto sia indispensabile una cooperazione sempre più integrata tra le varie politiche, in virtù dell’interdipendenza di questi fenomeni.
È questo un argomento al cuore del dibattito attuale, ha asserito la Ionesco. La prossima settimana, infatti, dovrà essere approvato al Vertice delle Nazioni Unite di Marrakech un piano che ha visto il susseguirsi di 2 anni di negoziazioni. Si tratta del Global Compact for safe orderly and regular Migration (GCM) che riconosce tra i vari punti il cambiamento climatico e i disastri ambientali come motore delle migrazioni. Ma le premesse non sono promettenti, pur non essendo vincolante, sono molti gli Stati che hanno affermato di non voler firmare il Global Compact. Tuttavia non è una novità di fronte all’ondata crescente di sentimenti nazionalisti nel mondo.
L’appello rivolto ai decisori politici che sono riuniti a Katowice è chiaro, bisogna investire per arrestare il cambiamento climatico: “Gli investimenti di oggi, si tradurranno in una riduzione di migrazioni forzate domani” ha concluso la Ionesco.
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