Clima

Clima: ripartono i negoziati ONU verso COP25

17 Giugno 2019

di Jacopo Bencini e Rachele Rizzo

Come ogni anno i delegati di tutti paesi del mondo si ritrovano per una sessione estiva di negoziati sul clima sotto l’egida dell’UN Climate Change (ex UNFCCC), la convenzione quadro dell’ONU sotto la quale è stato negoziato l’Accordo di Parigi del 2015. Il round di negoziati intermedi si svolgerà a Bonn da lunedì 17 a giovedì 27 giugno,  seguito dalla COP sudamericana di Santiago, Cile, del prossimo dicembre.

I delegati riprenderanno il lavoro da dove si era fermato a Katowice, nello scorso dicembre, in occasione della COP24 polacca. Una COP che molti osservatori immaginavano ad alto rischio debacle vista la presenza del nuovo governo brasiliano, allineato a quello statunitense nello schernire l’impianto politico e scientifico alla base dell’ambizioso accordo sul clima, e la quasi assenza, in quei giorni, dei governi britannico e francese, impegnati in questioni domestiche non secondarie quali i negoziati su Brexit, e l’avanzata, poi contenuta, dei gilet gialli.

Nonostante simili premesse a Katowice si riuscì invece a portare a termine la missione di approvare entro il 2019 il libro delle regole per l’applicazione delle previsioni dell’Accordo di Parigi, testo dall’importanza strategica visto che nel 2020 si entrerà nel vivo dell’attuazione dell’Accordo. Grazie al lavoro svolto a Katowice il focus di questi negoziati sarà sull’attuazione dell’Accordo, mentre verranno affrontate le ultime questioni ancora irrisolte, in particolar modo quelle relative alle tempistiche comuni per l’aggiornamento dei piani di azione dei singoli stati; quelle sui meccanismi relativi al loss and damage, ossia di compensazione rispetto a danni provocati da eventi direttamente collegabili ai cambiamenti climatici; quelle, infine, relative ai meccanismi di mercato comuni che nelle intenzioni di Parigi 2015 dovrebbero portare all’istituzione di mercati del carbonio diffusi sotto il cappello politico dell’Accordo.

Non ultimo, a Katowice creò scalpore il mancato inserimento dei contenuti del rapporto speciale dell’IPCC dello scorso ottobre nei testi negoziali, decisione dovuta alla forte contrapposizione dimostrata da Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita e Kuwait rispetto alle conclusioni del pool di scienziati, che sostanzialmente ci metteva in allarme rispetto alla prosecuzione delle logiche produttive e commerciali esistenti. Tutte queste discussioni furono allora posticipate al prossimo round negoziale, quello attuale.

Quella di Bonn, quest’anno, non sarà soltanto una riapertura rituale di negoziati che ormai si protraggono dal 1992. Tra Katowice e Bonn, tra lo scorso dicembre e la settimana che abbiamo davanti, sono successe molte cose. Il movimento auto-organizzato dei giovani per il clima, che in tutta Europa hanno manifestato e scioperato nelle grandi città come nei piccoli centri ispirandosi alla svedese Greta Thunberg, ha portato all’opinione pubblica la sensazione di assoluta urgenza che la scienza segnala da molto tempo. Le istanze dei giovani dei Fridays for Future sembrano essere state assorbite, almeno in termini programmatici, da una grande maggioranza delle forze politiche di centro, centrosinistra e sinistra che hanno partecipato alle scorse elezioni europee, e di quelle che oggi siedono nell’aula di Strasburgo per un nuovo mandato. Si moltiplicano iniziative quali Clima Europa (sostenuta anche da Italian Climate Network) e quella per un European Green New Deal, mentre oltreoceano prosegue il lavoro della giovane deputata statunitense Ocasio-Cortez su un Green New Deal americano. Buona parte della politica occidentale ha sicuramente recepito, scopriremo solo con il tempo se per fini elettorali, le richieste di quelle piazze; probabilmente già da Bonn capiremo se questa tendenza è destinata a tradursi in un maggiore impegno da parte dei governi attualmente in carica, o meno.

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