Clima
Cina: dal boom economico alla nuova normalità
Il sistema economico cinese e il suo forte settore industriale, hanno reso la Cina una delle potenze mondiali di maggiore interesse nella lotta per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico. L’economia cinese si basa maggiormente sugli investimenti come motore di crescita, e tali investimenti sono fondamentali per settori come quello immobiliare e delle infrastrutture che, a loro volta, supportano l’urbanizzazione di massa che il paese sta vivendo. Allo stesso tempo, gli investimenti in materie prime, come il cemento e l’acciaio, sostengono il settore dell’edilizia, che ha visto una crescita esponenziale negli ultimi anni. In aggiunta, l’introduzione di un sistema di incentivi da parte del governo cinese, come conseguenza della crisi finanziaria del 2007-2008, ha generato una dipendenza dagli investimenti che solo nel 2010 ha raggiunto una crescita fissa del 22,4% rispetto all’anno precedente.
È per questo che, tra il 2001 e il 2013, il sistema economico cinese è stato definito “il modello di crescita economica focalizzato sullo sfruttamento delle risorse più forte che il mondo abbia mai visto”. Questo modello ha funzionato molto bene, al punto che la fase di crescita che ha avuto inizio nel 2001, ha portato la Cina ad aderire all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Tuttavia, per diversi motivi economici, sociali e ambientali questo modello non è più sostenibile: il lavoro sotto-qualificato e la produzione a basso costo si stanno esaurendo, il che comporta l’eliminazione del vantaggio comparato che la Cina ha sfruttato. La sovra-utilizzazione e lo spreco di capitale pongono la Cina davanti a una scelta quasi obbligata. Infatti, l’insostenibilità del sistema cinese li costringe ad allontanarsi da un’economia dipendente dagli investimenti e optare per un’economia basata sul consumo interno che cambierebbe il suo scenario di sviluppo.
Mentre la popolazione cinese continua ad arricchirsi, il suo desiderio di respirare aria pulita, di avere accesso ad acqua potabile e di vivere in città sostenibili aumenta sempre più. Inoltre, il successo di un economia basata sugli investimenti ha portato all’accumulo di debito da parte delle imprese e del governo. Questo debito ha presentato un rapido incremento, tanto che dal 2007 ha raggiunto il 282% del PIL, registrando così una delle crescite più massicce della storia. È per questo che riconoscere il vecchio modello economico come obsoleto e insostenibile ha portato alla creazione di quello che l’establishment cinese definisce come “la nuova normalità“, un modello che, come sostiene il vicepresidente della Cina, Li Yuanchao, durante il World Economic Forum di Davos (Svizzera), si focalizza più sulla qualità che sulla velocità. Questo modello ha come obiettivo quello di mantenere una crescita medio alta nel corso dei prossimi anni, lontano dalle esportazioni e dagli investimenti per spostarsi verso il consumo domestico e i servizi, che a sua volta porteranno effetti positivi sulla produzione e la riduzione delle emissioni di gas serra.
Il piano politico della nuova normalità ha tre obiettivi principali: incoraggiare il consumo interno attraverso il miglioramento della sicurezza sociale o ristrutturazioni fiscali; rallentare la velocità degli investimenti o re-indirizzarli verso settori con poca capacità di offerta come l’istruzione, la tutela dell’ambiente, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la salute; e infine migliorare l’allocazione delle risorse attraverso l’innovazione, l’efficienza e la riforma del settore finanziario e potenziare la produttività. Quest’ultima è di grande rilevanza, in quanto contribuirà alla decelerazione degli investimenti e della sovra-utilizzazione attraverso un uso più produttivo delle risorse.
Tutti questi cambiamenti non saranno né facili né immediati e per questo le autorità cinesi dovranno soppesare la necessità di una riforma e la possibilità di un rifacimento amaro. Il successo del sistema economico cinese basato sulle esportazioni oramai è finito.
di Lina Rodriguez
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