Clima
Cambiamento climatico: la nuova strategia dell’Unione Europea
di Stefano Caserini
La COP24 è entrata nel merito delle politiche europee sul clima in due importanti side event che si sono svolti presso il padiglione europeo.
Nel primo, organizzato con il contributo di Cimate Action Network, intitolato “Aumento dell’azione di mitigazione verso 1,5 °C: passi a breve termine e strategie a lungo termine” c’è stato il confronto fra il Direttore della Direzione Generale sull’Azione per il Clima, Mauro Petriccione, e Bill Hare, fondatore di Climate Analytic e una delle voci più competenti e interessanti del dibattito internazionale sul cambiamento climatico.
L’oggetto è stato il documento di strategia a lungo termine “2050 Long-term strategy” presentato dalla Commissione Europea il 28 novembre 2018, pochi giorni prima dell’inizio della COP24. Si tratta di un progetto di grandissima importanza (disponibile online), che analizza un percorso fattibile per il raggiungimento da parte dell’Unione Europea dell’obiettivo di neutralità climatica al 2050, in linea con gli impresi assunti nell’ambito dell’Accordo di Parigi.
Petriccione ha spiegato come questo documento avvia un processo che dovrà riguardare non solo gli organi legislativi dell’UE, Consiglio e Parlamento, ma dovrà anche toccare in profondità le dinamiche della società europea. “Dobbiamo spostarci da una logica di lento cambiamento nella direzione della decarbonizzazione, verso una logica veloce per raggiungere in tempi rapidi un obiettivo molto ambizioso che è stato sottoscritto”.
Sul breve termine, si è discusso di come il target di riduzione delle emissioni EU dovrà essere rialzato almeno a -45% al 2030 (dall’attuale -40%), e già questo significa raddoppiare la velocità di decarbonizzazione vista negli ultimi 25 anni (l’UE ha ridotto le sue emissioni di circa il 24% dal 1990 al 2015). Il target del 2030 è già impegnativo, ma per raggiungere “emissioni zero al 2050” bisogna fare molto di più.
Quello tracciato dalla Commissione non è un’analisi di un percorso ideale, ma è un percorso concreto e fattibile. La decarbonizzazione al 2050 secondo la Commissione Europea è fattibile, può essere fatta già con le tecnologie esistenti, ma occorre creare le condizioni per l’accelerazione della loro diffusione.
Secondo Petriccione, l’Europa deve fare questo passo ambizioso di rilancio dei suoi impegni sul clima innanzitutto perché può farlo! E poi perché se noi europei non facciamo un passo avanti, non lo faranno neppure gli altri; e tutti, anche noi, ne subiremo le conseguenze. Invece “se ci muoviamo, altri ci verranno dietro”.
Un cambiamento di questa portata deve essere l’oggetto di un dibattito lungo e profondo, non può riguardare solo alcune stanze di delegati. I prossimi anni dovranno essere intensi e decisivi nel definire nuove politiche e azioni e farle scendere a scala locale.
Anche secondo Bill Hare quello della Commissione Europea è un passo nella giusta direzione, ma richiederà ulteriori decise azioni legislative in tutti i settori, per raggiungere l’obiettivo di completa decarbonizzazione del settore dei traporti e dell’edilizia nel 2050, e per un’uscita ancora più rapida dal carbone. Hare ha mostrato come in questo momento il quadro legislativo nel settore del clima e dell’energia non è allineato con gli Accordi di Parigi, e quindi è necessario un inevitabile lavoro di riallineamento.
Il tema della chiusura delle centrali a carbone non poteva che essere l’“elefante nella stanza” qui alla COP24 di Katowice, in uno Stato, la Polonia, che ha un grande consumo di carbone per la produzione di elettricità. Il tema dei posti di lavoro e della necessità della riconversione non è stato eluso.
“Il percorso di decarbonizzazione deve essere allo stesso tempo un percorso verso una maggiore prosperità, altrimenti non avverrà” ha detto in modo deciso Mauro Petriccione, e ha parlato della necessità di “Not to leave anyone behind”, non bisogna lasciare nessuno indietro, dobbiamo evitare che questo cambiamento crei povertà e tensioni fra le persone che perderanno il posto di lavoro attuale nei settori delle industrie più inquinanti.
Lottare per la decarbonizzazione, significa lottare contro la povertà
Il tema di “non lasciare nessun indietro” è stato l’oggetto di un secondo side event che si è tenuto presso il Padiglione EU alla COP24: “Just transition towards a low-carbon economy and employment in Europe: challenges and opportunities”, organizzato dall’European Trade Union Confederation
Monserrat Mit, la rappresentante dell’unione dei sindacati europei ha avuto parole molto nette sula necessità che i lavoratori siano parte della transizione: “vogliono essere al tavolo e non nel menù”. I lavoratori devono essere considerati parte decisionale nella governance delle trasformazioni, devono essere riconosciuti come attori importanti.
La polacca Johanna Flisowska, giovane esperta delle politiche sul carbone del Climate Action Network, ha discusso la criticità di questa situazione per il suo paese, mostrando come ci siano settori che perderanno posti di lavoro, ma altri in cui se ne guadagneranno. Secondo Flisowska si tratta “solo” di gestire la transizione, tenendo conto che è una transizione inevitabile e che è già iniziata. Molti lavoratori nel settore del carbone hanno già perso il lavoro, il problema è che fino ad oggi la transizione è stata poco preparata ed è stata in alcuni casi rapida e brutale.
Dello stesso parere sono i rappresentanti dei sindacati polacchi, secondo cui la questione centrale è come supportare i progetti di trasformazione e di rivitalizzazione, per ottenere altri posti di lavoro decenti per i lavoratori polacchi. Si tratta di “fare la transizione con la gente, non contro la gente”: anche i lavoratori devono poter beneficiare della transizione, che indubbiamente porterà più benefici che costi.
La questione chiave è, ancora una volta, quella dei tempi: visto che dobbiamo fare a meno del carbone entro il 2030 in EU, dobbiamo occuparcene ora!
Corinne Zierold, la rappresentante di Industrial Europe, le associazioni industriali dei settori più intensivi, ha spiegato come sia necessario tradurre questi discorsi in piani industriali a breve termine, per evitare effetti distorsivi e perdita di competitività verso altri paesi. Occorre investire anche nei lavoratori, occupandoci dell’impatto sociale delle misure sul clima.
Senza dimenticare che un posto di lavoro perso nel settore carbone è di “cattiva qualità”, rispetto a un posto di lavoro che spinge verso uno sviluppo sostenibile, e che la “Just transition” non è un concetto europeo: va applicato a livello globale.
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